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Il sesso.
Ognuno di noi è indubitabilmente figlio di un desiderio e di un atto sessuale.
Questo vuol dire che il sesso – che ne siamo consapevoli o no, che lo vogliamo ammettere o no – rappresenta l’essenza più profonda della nostra vita.
Essendone all’origine.
© Giovanni Lamagna
Attaccamento alla vita e amore per la vita.
L’attaccamento eccessivo alla vita non equivale affatto all’amore per la vita.
L’amore per la vita, infatti, presuppone un certo distacco dalla vita stessa.
Un atteggiamento di abbandono, che è il contrario dell’attaccamento, dell’aggrapparsi alla vita.
L’amore per la vita mette in conto (e vi si conforma) anche il destino inesorabile della vita.
Che è la morte.
Ama la vita nonostante la morte.
L’attaccamento alla vita, invece, rimuove, respinge, l’idea della morte.
© Giovanni Lamagna
Bianco o nero?
La felicità, la gioia, il piacere, perfino il buonumore non sono l’esatta antitesi del dolore, della sofferenza, del lutto, della malattia.
Ci sono situazioni in cui essi si alternano a breve distanza di tempo o sono addirittura misteriosamente compresenti.
La vita non è fatta solo di bianco o di nero, ma è un impasto strano, a volte inspiegabile, assurdo, di opposti, apparentemente inconciliabili.
© Giovanni Lamagna
Una vita senza infamia e senza lode.
Ci si difende dalla luce accecante del sole abbassando lo sguardo o dal calore ustionante allontanandosi dalla sua fonte.
Allo stesso modo molti, forse i più, preferiscono evitare piaceri e gioie troppo intensi e accontentarsi di piaceri e gioie tiepidi e non troppo forti.
In questo modo optano per una vita senza infamia e senza lode, non particolarmente eccitante, ma indubbiamente meno rischiosa e più rassicurante.
© Giovanni Lamagna
Desiderio e responsabilità.
La coscienza si muove (o dovrebbe muoversi) sempre al confine tra desiderio e responsabilità.
Se non abita questo confine semplicemente non è o non è ancora: è in-coscienza.
Il desiderio è, per sua natura, un’istanza potenzialmente illimitata.
Nasce nell’infanzia, anzi già al momento della nascita, all’insegna del “voglio tutto, subito e sempre”.
Quindi all’insegna dell’egocentrismo, del narcisismo, del sogno allucinatorio di onnipotenza.
Ovviamente ben presto e sempre di più, anche se gradualmente, questo tipo di desiderio (oggettivamente delirante, giustificato solo dall’età) deve confrontarsi con la realtà.
Innanzitutto con la realtà della natura, che gli pone (anzi impone) dei limiti: io vorrei volare, ma non posso farlo, perché la natura non mi ha dotato di ali come agli uccelli.
Ma anche con la realtà del desiderio degli altri, che quasi mai coincide col mio e talvolta (o spesso) addirittura confligge col mio.
Di qui il senso di responsabilità.
Che (attenzione!) non è, non deve essere, rinuncia totale, sic et simpliciter, al mio desiderio.
Anzi, la prima forma di responsabilità (proprio nel senso letterale del termine, che deriva dal verbo latino “respondere”) è quella di cor-rispondere al proprio desiderio.
Lacan diceva, non a caso, che “il peccato più grande è quello di cedere sul proprio desiderio”.
Ma il mio desiderio va realizzato compatibilmente con i limiti che mi impone la Realtà – la natura delle cose – e che mi pone il desiderio dell’Altro.
E, siccome non posso aggirare, evadere, la realtà e non posso fregarmene del desiderio dell’altro (perché una delle componenti principali del desiderio è proprio quella di incontrare il desiderio altrui) ecco che desiderio e responsabilità devono viaggiare di pari passo; l’uno non può fare a meno dell’altro.
Se il desiderio vuole trovare una risposta, una soddisfazione vera, buona e giusta, che fa crescere la vita, e non sfociare in un “godimento mortifero” (come lo definiva Lacan), che invece ammazza la vita.
© Giovanni Lamagna
Amare il sacrificio o sacrificarsi per amore?
Non vedo nulla di eroico nel cosiddetto “amore per la croce”.
Ci vedo anzi – ad essere sincero – solo del masochismo.
Come non vedo – addirittura! – nulla di cristiano nel desiderio di farsi (fosse anche solo metaforicamente) crocifiggere.
Tanto è vero che Gesù – quando venne l’ora – manifestò chiaramente al Padre il desiderio che Egli allontanasse da lui il “calice di dolore” che vedeva approssimarsi.
Poi si rassegnò – è vero – al suo destino (“… non sia fatta la mia, ma la tua volontà”), ma non lo “amò” affatto; lo sopportò con spirito di abbandono (“Padre, nelle tue mani affido il mio spirito”), ma non lo desiderò di certo.
Può essere eroico, invece, può arrivare ad essere eroico, l’amore.
Ma è (può giungere ad essere) eroico l’amore, non il desiderio del sacrificio in sé.
Valga un solo esempio: quello del giovane carabiniere casertano Salvo D’Acquisto, che sacrificò eroicamente la sua vita offrendola in cambio di quella di alcuni suoi concittadini, che i nazisti tedeschi avevano deciso di fucilare per rappresaglia.
In questo caso, però, fu l’amore generoso verso la sua comunità a portare Salvo D’Acquisto verso il sacrificio estremo; non certo il desiderio di morire; che in sé sarebbe stato pura necrofilia.
Dunque, imitiamo pure, prendiamo pure a modello la figura di Gesù Cristo!
Ma per la sua straordinaria testimonianza d’amore universale, che fu capace di giungere fino al sacrificio estremo, passando per la “notte oscura” del Getsemani.
Non per il suo “amor crucis”, che non trova alcun fondamento – anzi trova solo smentite – nei Vangeli che della sua vita ci hanno lasciato memoria.
© Giovanni Lamagna
L’uomo (o la donna) della propria vita.
Chi cerca, in maniera ossessiva e con troppa ansia, l’uomo o la donna della sua vita (l’uomo giusto o la donna giusta) molto probabilmente non lo/a incontrerà mai; e si ritroverà a lamentarsi di continuo della sua solitudine.
Chi, invece, ci rinuncia e si rilassa, prendendosi dalla vita il meglio che questa comunque è in grado di offrirgli/le, momento per momento, quasi sicuramente lo troverà subito, magari appena gira l’angolo.
Anzi, forse, (addirittura!) ne troverà più di uno/a.
© Giovanni Lamagna
La domanda delle domande.
Nessuno di noi potrà dare mai una risposta razionale, “scientifica”, definitiva, alla domanda fondamentale sull’origine e il perché della vita e dell’universo.
Potremo “inventarci” una risposta, costruendoci un mito o dandoci una fede; ma questa “risposta” non potrà mai svelarci il mistero ultimo.
Allo stesso modo che nessuno di noi potrà mai guardare in faccia il proprio viso; ma potremo farlo solo attraverso l’immagine riflessa che ce ne può dare uno specchio.
© Giovanni Lamagna