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Una vita senza infamia e senza lode.

Ci si difende dalla luce accecante del sole abbassando lo sguardo o dal calore ustionante allontanandosi dalla sua fonte.

Allo stesso modo molti, forse i più, preferiscono evitare piaceri e gioie troppo intensi e accontentarsi di piaceri e gioie tiepidi e non troppo forti.

In questo modo optano per una vita senza infamia e senza lode, non particolarmente eccitante, ma indubbiamente meno rischiosa e più rassicurante.

© Giovanni Lamagna

Psicoanalisi e poesia.

La sfida della psicoanalisi è quella di trasformare il non-detto in detto.

Di portare alla luce il rimosso.

Di trovare “le parole per dirlo”.

A pensarci è una dinamica molto simile a quella della poesia.

© Giovanni Lamagna

Solstizio d’inverno.

Il giorno in cui giunge l’inverno già preannuncia la primavera: la luce del giorno da oggi comincia ad allungarsi.

Di poco, ogni giorno di poco, ma in modo continuativo, fino al 21 giugno, il giorno in cui arriva l’estate.

E questo pensiero a me (che sono un po’ meteoropatico) comunica una certa euforia.

Così come il giorno in cui giunge l’estate già preannuncia l’inverno: le giornate dal 21 giugno in poi già cominciano ad accorciarsi.

Lentamente, ma inesorabilmente.

E questo pensiero mi suscita sempre – soprattutto quando inizia l’autunno – una certa malinconia.

Ora – se ci pensiamo appena un po’ – così è fatta la vita: anch’essa ha le sue stagioni.

Nel momento in cui siamo più felici, dobbiamo sapere (e purtroppo a volte accade) che potrebbe arrivarci un dispiacere, un dolore, addirittura una disgrazia.

Così come nel momento in cui soffriamo da matti, possiamo sperare (e a volte, per fortuna, accade) che ci raggiungano la gioia e perfino la felicità.

© Giovanni Lamagna

Buio e luce.

Quando c’è buio, quando manca la luce, (sia in senso reale che in senso metaforico) ci è impedito di vedere.

Ma a volte capita, può capitare, che non vediamo perché c’è troppa luce, c’è una luce che abbaglia.

Anche una luce eccessiva (quella del sole che ci arriva direttamente negli occhi) ci impedisce di vedere.

© Giovanni Lamagna

Innamoramento e complicità.

Quando ci si innamora, forse, il primo sentimento che si sperimenta è quello della complicità.

Si ha la sensazione di aver trovato una persona che finalmente potrà farci compagnia, rompere, infrangere, la solitudine fondamentale che avvolgeva prima la nostra vita.

Con la quale poter discorrere, confrontando le rispettive visioni del mondo, tra le quali si è scoperta affinità.

Una luce, a volte abbagliante, altre volte semplicemente confortante, si accende nel buio della nostra stanza.

Poi magari col tempo questa luce si fa fioca o addirittura si spegne del tutto.

Ma, quando ci si innamora, sono queste le sensazioni (molte volte del tutto illusorie) che si provano.

© Giovanni Lamagna

Il bicchiere è mezzo pieno o è mezzo vuoto?

Qualche tempo fa ho trovato una frase, che mi sembra bellissima: “Ogni muro ha la sua crepa. È da lì che passa la luce”.

È di Leonard Cohen, il grande poeta e folksinger canadese.

Mi sembra che voglia suggerirci questa riflessione: di fronte ad ogni muro che ci si para davanti sta a noi vedere solo il muro o vedere anche la luce.

Un po’ la storia del bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto.

© Giovanni Lamagna

Momenti magici.

Ci sono momenti in cui la luce si accende radiosa, la fonte zampilla copiosa, l’ispirazione si effonde.

E si incomincia a scrivere, come sotto dettatura.

Sono momenti magici questi.

Che possono capitare a tutti.

Anche a chi non lascerà nessuna traccia di sé nella storia del pensiero o della letteratura.

© Giovanni Lamagna

“Persona” e “Ombra”. (2)

Che cos’è per me – tradotta nella mia esperienza di vita – quella che Jung chiama “la persona”?

E che cos’è, invece, quella che sempre Jung chiama “l’ombra”?

Provo a dare una risposta, la più chiara che mi riesce.

“La persona” è la parte di me che riconosco immediatamente e che, soprattutto, dichiaro più facilmente, quella che mostro agli altri senza grandi difficoltà e remore.

E’ la parte di me che più e meglio emerge all’esterno e che – diciamo pure – riceve anche un rinforzo sociale da parte di coloro che mi conoscono e mi frequentano.

E’, insomma, l’immagine sociale di me.

“L’ombra”, invece, è la parte di me più nascosta, più in ombra (appunto!), quella che meno emerge (o, addirittura, non emerge per nulla) all’esterno.

Non direi tanto quella che conosco e nella quale mi riconosco di meno; perché semmai è proprio questa parte (in ombra) quella nella quale mi riconosco di più, più profondamente.

Ma piuttosto la parte che fatico di più a dichiarare e a mostrare all’esterno.

Perché, se non proprio me lo impediscono, quantomeno me lo ostacolano ragioni di carattere morale; o, meglio, i timori del giudizio (se non proprio della censura e della condanna) del contesto sociale che mi circonda.

E’ quasi inutile aggiungere che “la persona” è una parte di me incompleta, se non proprio del tutto falsa e inautentica.

E che non vivrò bene, vivrò sempre dei conflitti, in qualche modo scisso interiormente, fino a quando “l’ombra” non uscirà… dall’ombra e non verrà alla luce.

© Giovanni Lamagna

Se un’idea…

Se un’idea, che ci raggiunge e lambisce per un breve attimo, sparisce subito dopo, come fa una stella che cade e si perde nel firmamento, e, per quanti sforzi facciamo, non riusciamo a riportarla alla superficie dall’abisso dell’oblio nel quale essa è precipitata, vuol dire che non era un’idea forte; o che non era ancora matura per venire del tutto alla luce, che non aveva messo radici adeguate nella nostra coscienza, che faceva (e fa) ancora parte di quel fondo senza fondo che è il nostro inconscio.

In questo caso non ci dobbiamo troppo accanire per inseguirla o ripescarla.

Se era una “rosa”, davvero una “rosa”, prima o poi rifiorirà.

Se era un’idea forte, davvero forte, prima o poi ritornerà a farci visita.

© Giovanni Lamagna

Lo sguardo contemplativo.

Lo sguardo contemplativo è uno sguardo particolare: lungo, perché si proietta lontano, ben oltre il momento presente, anche se si costruisce momento per momento; e dritto, affilato, tagliente, come una spada.

La sua caratteristica principale è la concentrazione, la capacità di mettere a fuoco la realtà (quella interiore e quella esteriore), di limitare al massimo (e sempre di più, mano a mano che cresce la sua pratica ed esperienza) la dispersione, la dissipazione, le distrazioni, di cui soffre normalmente la nostra mente.

E’ lo sguardo concentrato sul proprio desiderio fondamentale, sulla propria vocazione unica e personale, su quello che gli antichi Greci chiamavano “daimon”, che abita in ognuno di noi, anche se non è facile e non è dato a tutti incontrarlo e ascoltarne la voce, il richiamo.

E’ uno sguardo che ci dà una particolare energia vitale, perché è da esso che ci deriva la chiarezza su qual è la nostra strada, quella che siamo chiamati – per destino unico, che è solo nostro, a imboccare e percorrere.

Chi ha lo sguardo contemplativo saprà sempre, pur se magari dopo qualche più o meno lungo attimo di dubbio, incertezza, esitazione, in che direzione andare; anche quando tutto intorno a lui è scesa la nebbia e l’orizzonte non è del tutto chiaro e ben definito.

E non (tanto) perché ha fatto o fa dei ragionamenti e delle analisi intellettuali, ma perché sente, intuisce, quasi annusa, dove lo porta il suo percorso esistenziale, perché è guidato da una luce interna e misteriosa, ma ben reale.

Perché segue una specie di istinto primordiale, che poi solo istinto non è, dal momento, che è anche (e, forse, soprattutto) il risultato di un esercizio, di una pratica, appunto.

Il frutto di un’applicazione costante, eppure dolce; necessaria, eppure mai e per niente ossessiva o nevrotica.

Beato chi nella vita riuscirà a maturare uno sguardo contemplativo!

Perché avrà trovato la roccia su cui poggiare i suoi piedi, il sentiero su cui camminare saldo, pur se non sempre sicuro, la bussola che guiderà la sua esistenza, la pietra angolare che gli indicherà, momento per momento, la via da seguire.

Chi ne è sprovvisto, invece, sbanderà di continuo, sarà come una barca in balia delle onde, arrancherà spesso nel suo cammino esistenziale, senza orientamento e conforto, sarà preso dalla paura e, qualche volta, addirittura dal panico ogni volta che dovrà operare delle scelte o prendere una decisione.

Tutti siamo chiamati a coltivare, formare, far crescere in noi uno sguardo contemplativo; perché in ognuno di noi ce ne sono le potenzialità, le strutture fondamentali.

Purtroppo, però, non tutti lo attiviamo, non tutti ne diventiamo consapevoli; e così ci lasciamo sfuggire il tesoro più prezioso che la vita ci ha destinato, quello che sarebbe capace di realizzarla alla sua massima potenza.

© Giovanni Lamagna