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Il sesso.

Ognuno di noi è indubitabilmente figlio di un desiderio e di un atto sessuale.

Questo vuol dire che il sesso – che ne siamo consapevoli o no, che lo vogliamo ammettere o no – rappresenta l’essenza più profonda della nostra vita.

Essendone all’origine.

© Giovanni Lamagna

Sesso e psiche.

Le difficoltà, che incontriamo quando facciamo sesso, hanno più spesso una ragione e spiegazione psichica che una ragione e spiegazione fisica.

Questa è la dimostrazione inconfutabile che l’atto sessuale – almeno per noi esseri umani – ha una natura e valenza psichica ancor più che fisica.

© Giovanni Lamagna

Ogni atto sessuale è una sorta di orgia.

Penso che un atto sessuale, qualsiasi atto sessuale, anche il più sbrigativo e veloce, anche il più semplice, intimo, privato ed affettuoso, sia sempre un atto che coinvolge più persone, anche se solo a un livello fantasmatico.

È quindi sempre – spero con questa affermazione di non offendere la sensibilità di alcuno – una sorta di orgia.

Perché nell’atto sessuale (come del resto in qualsiasi altro atto della nostra vita) non è coinvolta solo la persona con la quale lo stiamo realizzando, ma lo sono anche tutte le persone, reali o virtuali, che hanno avuto un significato nel corso della nostra vita.

A cominciare ovviamente dai nostri genitori, dai nostri fratelli e sorelle, dai nostri parenti più stretti, dai nostri amici, da tutti coloro sui quali abbiamo fatto (consciamente o inconsciamente) degli investimenti di natura erotico/sessuale.

© Giovanni Lamagna

Erotismo e sessualità.

L’erotismo è molto di più del semplice atto sessuale.

Non coincide – come ben sanno quelli che l’hanno sperimentato, almeno qualche volta – con il semplice esercizio della sessualità.

L’atto sessuale in sé è, in fondo, quasi sempre uguale, ripetitivo, tranne che per pochissime e piccolissime variazioni.

Basti vedere quello degli animali.

Possiamo anche dire che è un atto puramente meccanico, come quello del semplice mangiare.

L’erotismo, invece, è “perverso e polimorfo”; comprende infinite e imprevedibili variazioni; ed è specificamente umano.

Coinvolge la psiche più (e prima ancora) che il fisico.

Ha a che fare coi preliminari e con il contesto dell’atto sessuale, più che con l’atto sessuale vero e proprio.

È impraticabile, pertanto, senza fantasia e immaginazione.

E – dico di più – senza eleganza, senza una certa lentezza e, soprattutto, senza dei rituali.

È paragonabile, insomma, non al mangiare, che serve a soddisfare e appagare un bisogno puramente fisiologico, quello della fame, ma al piacere di mettersi a una tavola imbandita con gusto, in compagnia di persone divertenti e amabili, di godere di un cibo non solo commestibile, ma saporito e preparato con arte.

L’uomo erotico è paragonabile all’amante del buon cibo, al buongustaio, non all’affamato che mette sotto i denti qualsiasi cosa gli capiti a tiro pur di soddisfare il più primitivo e fondamentale dei bisogni.

Anzi, a dirla tutta, l’erotismo non mira tanto a soddisfare un bisogno, quanto ad appagare dei desideri, delle voglie e, prima ancora, delle fantasie.

L’erotismo ha a che fare – come molte volte ha affermato James Hillman – con l’immaginazione prima che con la realtà.

È immaginazione realizzata.

Potremmo dire, infine, per restare nel paragone/metafora col cibo: il sesso è omologo al fast-food, l’erotismo allo slow-food.

© Giovanni Lamagna

La sessualità degli animali e quella degli umani.

Gli animali mangiano e bevono esclusivamente per soddisfare un bisogno fisiologico: quello di placare la loro fame o sete.

Gli uomini mangiano e bevono anche per appagare un desiderio: quello di gustare ciò che mangiano e bevono, di godere del piacere che danno una buona bevanda o un buon piatto; e non solo per placare la loro fame o la loro sete.

Allo stesso modo gli animali si accoppiano semplicemente per soddisfare il loro istinto sessuale, che è stato dalla natura programmato in funzione della riproduzione della specie.

Gli uomini, invece, si accoppiano non solo per sfogare un istinto biologico, ma anche per godere il più possibile dell’atto sessuale che li accoppia.

Tanto è vero che ricorrono alle forme più variegate e, in certi casi, perfino sofisticate e stravaganti di fare sesso.

Per gli uomini, inoltre, l’accoppiamento sessuale è (o, meglio, può essere) una delle forme più raffinate e profonde della comunicazione tra due persone.

Tanto è vero che fanno sesso a prescindere dalla volontà e dalla decisione di riprodursi; hanno imparato a separare il sesso dalla sua finalità procreativa.

La sessualità umana è finalizzata non solo alla riproduzione, ma anche ad uno dei massimi piaceri possibili e ad una delle forme più intime di comunicazione interpersonale.

© Giovanni Lamagna

La “donna sexy”.

La donna che si abbiglia, si muove, gesticola, parla in un certo modo, ovverossia la donna seducente, provocante, in altre parole la donna che, nel linguaggio oramai diventato comune, anche se decisamente frivolo e banale, viene definita “sexy”, è la donna che non si adatta semplicemente a recepire il desiderio dell’uomo e a corrispondervi.

Non si limita cioè (nel migliore dei casi) a condividere il desiderio del maschio, quando esso si manifesta; come se lei non ne potesse provare uno autonomo e goderne pienamente in quanto soggetto e non solo oggetto di desiderio.

Ma è la donna che non ha inibizioni nell’affermare autonomamente il proprio desiderio, anche prima che si manifesti quello del maschio; ovviamente dopo averlo in primo luogo riconosciuto dentro di sé e non averlo rimosso.

Come, invece, purtroppo avviene spesso nel caso delle donne (non solo delle donne, ma soprattutto nel caso delle donne), sotto il peso di antiche, anzi ataviche convenzioni, che le volevano (ma ancora oggi, in molte realtà sociali, continuano a volerle) non solo pudiche, ma anche, in molti casi, ritrose, reticenti, dunque, in qualche modo, respingenti (almeno in un primo momento) nei confronti del desiderio maschile.

E’, in altre parole, la donna adulta, matura, autonoma, culturalmente e psicologicamente evoluta, disinibita, che sa affermare sé stessa, che non abbisogna in prima istanza del desiderio del maschio e non si nasconde dietro di esso per manifestare il proprio, quasi a non volersene assumere la responsabilità piena, ovverossia in prima persona.

E’ la donna che cerca l’uomo, per soddisfare il proprio desiderio, come questi cerca la donna; su un piano, dunque, di assoluta parità e reciprocità, senza alcuna asimmetria; e non ha paura, né tantomeno vergogna, di comportarsi in questo modo; anzi mostra una spavalderia, che per alcuni è sfrontatezza, per alcuni altri (ancora oggi, perlomeno in alcune realtà geografiche e in alcuni ambienti culturali) è addirittura volgarità; per qualche altro ancora denota “facili costumi”.

E’ la donna che, ad esempio, non delega al maschio la conduzione (tempi, modi, luoghi, posizioni…) dell’atto sessuale – come avviene invece, ancora oggi, nella maggior parte dei rapporti sessuali – ma se ne fa pienamente attrice, anzi protagonista, allo stesso, identico, modo del maschio.

Per questo è una donna che attrae, che occupa indubitabilmente l’immaginario e provoca il desiderio (quantomeno quello inconscio) della maggioranza, se non della quasi totalità dei maschi, ma allo stesso tempo li intimidisce, anzi in molti casi li intimorisce e, in non poche situazioni, fa loro addirittura paura.

Mentre, al contrario, provoca l’invidia, la gelosia e, quindi, l’aggressività (latente e in molti casi del tutto manifesta) di molte donne, che non hanno (purtroppo per loro!) raggiunta la sua stessa libertà culturale e psicologica, ancora schiave di vecchi e arretrati modelli di femminilità.

© Giovanni Lamagna

L’atto sessuale può essere…

L’atto sessuale può essere il semplice sfogo di un istinto/bisogno fisiologico.

E in questo caso è ben povera cosa.

O l’incontro/fusione di due anime che si uniscono anche coi loro corpi.

E in questo caso è un’esperienza sublime, che sfiora il divino.

© Giovanni Lamagna

Tre modi di vivere l’atto sessuale.

Le persone che stanno in amore, che fanno l’amore, che si congiungono sessualmente, si dividono, a mio avviso, in tre categorie principali.

Quelle che, pur desiderandolo fortemente, a causa dei problemi più vari, fisici e/o psicologici, non riescono a raggiungere l’orgasmo.

Godono, quindi, seppure godono, in maniera solo molto limitata e parziale; sono perciò amanti impotenti, almeno dal punto di vista sessuale.

Ci sono poi le persone che nell’atto sessuale riescono ad abbandonarsi al piacere e lo raggiungono a volte in maniera anche molto abbondante e profonda.

Ma questo piacere è “solo” il loro piacere, il piacere del loro corpo e della loro psiche, non è “anche” il piacere dell’altro, non è il piacere condiviso di due corpi e due anime in cerca l’uno/a dell’altro/a.

E’ un piacere questo non molto diverso dal, non molto superiore per qualità al piacere che raggiungerebbero da soli, se si masturbassero.

In questo caso l’altro/a con cui si condivide l’atto sessuale è unicamente il pretesto, direi addirittura solo lo strumento, per il raggiungimento di questo tipo di piacere.

Tanto è vero che le persone che fanno sesso in questo modo molto spesso amano farlo a occhi chiusi o a luci spente, nel buio, come se si racchiudessero in sé stesse, nel proprio godimento autistico.

Anziché aprirsi all’altro/a e godere contemporaneamente anche della presenza, della vista, del piacere, della gioia dell’altro/a, con il quale si sta vivendo un momento di incontro, che dovrebbe essere molto intenso e intimo, anzi il più intenso e intimo degli incontri possibili tra due umani.

Ci sono, infine, le persone (a mio avviso poche, se non addirittura rarissime) che, nel fare l’amore, si compenetrano talmente nel piacere dell’altro/a, da condividere il piacere dell’altro/a come se fosse il loro stesso piacere.

Anzi antepongono il piacere dell’altro/a al proprio, non ne possono prescindere; senza condividere il piacere dell’altro/a sarebbero incapaci di godere pienamente anche del proprio.

Godono del piacere dell’altro/a esattamente come del loro; il piacere dell’altro aggiunge ulteriore piacere al proprio, lo amplifica in maniera addirittura esponenziale.

In quest’ultimo caso il rapporto sessuale, se è vissuto da entrambi i partner con questo stesso atteggiamento e disposizione d’animo, arriva ad avere addirittura i connotati di una vera e propria esperienza mistica.

Nella quale ciascuno dei due perde (almeno per qualche istante) i propri confini e si congiunge, fonde, con l’altro non solo fisicamente, ma soprattutto emotivamente, sentimentalmente, affettivamente, intellettualmente; in una sola parola: spiritualmente.

Altro che “inesistenza del rapporto sessuale”, come sosteneva a suo tempo Jacques Lacan e come spesso oggi ribadisce uno dei suoi principali seguaci, Massimo Recalcati!

© Giovanni Lamagna

Il tuo piacere è (può essere) il mio piacere.

E’ del tutto vero – come sostiene Massimo Recalcati, nel suo “Esiste il rapporto sessuale?” (Raffaello Cortina Editore, 2021), muovendo dalla lezione del suo maestro, Lacan – che noi non possiamo sentire il piacere dell’altro come se fosse il nostro.

A maggior ragione – io aggiungo per inciso– nessuno di noi può avvertire il dolore dell’altro come se fosse il suo, davvero il suo.

Da questo punto di vista noi umani – come del resto anche gli altri animali- siamo “condannati” ad una separatezza ontologica, che niente e nessuno potranno mai annullare.

E, però, è anche vero che io posso avvertire (ho gli strumenti per farlo, volendo) il piacere che sale, che monta nel corpo dell’altro, coglierne distintamente l’onda e farmene toccare, in alcuni casi perfino (estaticamente) travolgere.

Proprio come quando sono a mare: l’onda rimane onda ed io resto io; ma l’onda che mi arriva e mi travolge l’avverto; eccome!

E il piacere che prova l’altro sarà pure fisiologicamente il piacere solo dell’altro, ma non lo è altrettanto psicologicamente.

Perché psicologicamente io lo avverto, se ci presto attenzione, se mi ci sintonizzo; e, nel momento in cui l’avverto, diventa anche mio.

Aggiungendo piacere a piacere: un piacere ben reale, che si fa sentire nel mio corpo, oltre che nella mia mente.

Lo sa bene chi, quando fa sesso, vive questo atto non come semplice sfogo di una spinta fisiologica, ma come ricerca di una comunione emozionale, sentimentale ed affettiva, quindi amorosa, con l’altro/a.

E’ proprio questo (tra l’altro) che fa una profonda differenza tra un atto masturbatorio (dove l’altro/a è del tutto assente o è, tutt’al più, presente nell’immaginario, nella fantasia) e un atto sessuale vissuto in (reale) comunione con l’altro/a.

Dove l’altro/a è non solo fisicamente presente, ma vive il suo piacere in sintonia con il mio ed io vivo il mio in sintonia con il suo.

In questo caso – è vero – si rimane comunque due persone distinte e il piacere dell’uno è diverso, distinto, dal piacere dell’altro e inassimilabile ad esso.

E’ anche vero però che in quel momento si realizza (può realizzarsi) una vera, percepibile, comunione di anime, nella quale il piacere dell’uno psicologicamente si fonde con quello dell’altro/a ed aumenta esponenzialmente nella misura in cui questa comunione si è venuta a creare.

In questo senso, a mio avviso e al contrario di quanto sostengono Recalcati e Lacan, il piacere dell’altro è (può essere) anche il mio piacere, io posso arrivare a sentire, in qualche modo, il piacere dell’altro come se fosse mio.

© Giovanni Lamagna

Il rapporto sessuale non esiste? (2)

Non condivido assolutamente l’affermazione di Lacan “il rapporto sessuale non esiste”, perché mi sembra la classica affermazione paradossale, ad effetto, che mira a far colpo, sbalordire, disorientare il lettore o l’ascoltatore, più che sostenere un’autentica verità.

Certo, se l’affermazione vuole dire che nessun rapporto sessuale riuscirà mai a fare di due “uno”, essa è senza alcun dubbio vera; ma in questo caso sostiene semplicemente una ovvietà, anzi una banalità.

D’altra parte manco l’amore riesce ad ottenere un tale miracolo.

Manco l’amore, che al contrario del sesso, coinvolge le anime prima che i corpi, riuscirà a fare di due persone un’unica persona.

Manco l’amore, che è il tipo di relazione più alta che può intercorrere tra due persone, per quanto assoluto, profondissimo, intimissimo esso possa essere, riuscirà mai ad eliminare la radicale solitudine che separa due individui.

E però questo cosa vuol dire: che non ha senso fare sesso?

In base a quello che sostiene Lacan, se volessimo prendere alla lettera la sua affermazione e trarne le estreme conseguenze, sì, non avrebbe senso.

Anzi, dirò di più, non avrebbe senso neanche l’amore stesso, perché ogni relazione d’amore, anche la più intima, profonda ed assoluta, è costretta a prendere atto dell’insuperabile confine che separa e separerà sempre le due persone che si amano.

E, invece, e giustamente, gli uomini, nonostante i limiti, i confini insuperabili, che li separano, continuano a fare sesso e continuano (per fortuna!) ad amarsi.

Non possono fare a meno di farlo; ne va della loro felicità; o, meglio, di quel poco di felicità che è data loro di godere.

D’altra parte lo stesso Freud (che non possiamo certo annoverare nella categoria dei pensatori ottimisti) – ne “Il disagio della civiltà” – sostiene, in buona sintesi, che lo scopo della vita umana è la ricerca della felicità; e che, anche se l’uomo non potrà mai essere (del tutto) felice, anche se (forse) l’infelicità nella vita prevale (in genere e complessivamente) sulla felicità, egli (cioè l’uomo) non potrà fare a meno di perseguire la felicità nel corso della sua vita.

E perché accade questo?

Semplicemente perché l’uomo è un folle, è un inguaribile illuso, perché è un bambino mai cresciuto che continua a credere alle favole, perché è un malato nevrotico che scambia le sue fantasie con la realtà?

A mio avviso, no! Nonostante tutto, no, non lo penso.

Perché penso che l’uomo che ama, perfino l’uomo che fa sesso senza amare, dopo aver amato e perfino dopo aver fatto sesso senza amore non sarà più lo stesso uomo che era prima di amare e prima di fare sesso.

In qualche modo sarà un uomo che avrà trasceso sé stesso, sarà diventato altro da sé.

E questo trascendimento non sarà sicuramente la felicità assoluta, senza ombre e senza limiti, che l’uomo (spesso) si illude di poter trovare quando ama o fa sesso; ma certo le allude, ha qualcosa a che fare con la felicità.

Indubbiamente, quando ama e perfino quando fa sesso, l’uomo rimane separato, irrimediabilmente diviso da colui o da colei che ama o con cui fa sesso.

Ma, allo stesso tempo, in qualche modo, si è avvicinato, si è reso, sia pure per un breve istante, intimo alla persona che ama e con cui ha fatto sesso.

E ciò fa esistere (altro che non esistere!), li rende una realtà ben concreta e sperimentabile e pertanto entrambi estremamente desiderabili, anzi le cose più desiderabili al mondo, sia la relazione d’amore che l’atto sessuale.

Alla faccia (mi sia perdonata questa piccola volgarità) di quanto pensava e sosteneva Jacques Lacan!

© Giovanni Lamagna