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Sogno, immaginazione, possibile, impossibile.
Il sogno precede sempre il possibile.
Per realizzare il possibile, infatti, bisogna averlo sognato o, quantomeno, immaginato.
Chi non sogna, chi non ha immaginazione, è capace solo di ripetere, reiterare sempre lo stesso.
Spesso (non sempre, ma spesso) l’impossibile è semplicemente ciò che siamo stati incapaci di sognare, immaginare.
I politici, in genere, sono una esemplificazione illuminante di questo concetto: si limitano ad amministrare l’esistente.
Occorrerebbe, invece, che l’immaginazione andasse al potere.
Come sosteneva uno splendido slogan del ’68.
© Giovanni Lamagna
Demagogia e senso di insicurezza
I politici seri non dovrebbero parlare alla pancia dei loro elettori.
Non dovrebbero cioè cavalcare demagogicamente il loro senso di insicurezza.
Ma non possono fare a meno di tenerne conto.
Anche quando non vogliono essere demagogici.
Altrimenti non sarebbero bravi politici.
© Giovanni Lamagna
Vivere per la politica e vivere di politica
Nel mondo della politica possiamo distinguere due tipi di personaggi nettamente caratterizzati: quelli che “vivono per la politica” e quelli che “vivono di politica”.
I primi si dedicano alla politica in modo totalmente disinteressato; si impegnano in primo luogo per il bene comune e per rispondere ad una loro intima vocazione; fanno politica perché sentono che in questo modo realizzano pienamente la loro natura di uomini, che è quella – come diceva Aristotele – di “zooi politikoi”.
I secondi, invece, si impegnano in politica per realizzare innanzitutto i loro interessi e le loro ambizioni personali; semmai si adoperano per il bene comune, lo fanno sempre in seconda istanza, dopo aver fatto valere in primo luogo le loro ambizioni e, in parecchi casi, perfino i loro interessi materiali, del tutto personali.
Solo i primi sono da apprezzare e possono essere considerati veri uomini politici.
I secondi sono piuttosto dei politicanti e di essi bisognerebbe quantomeno diffidare.
Succede, invece, che i primi sono molto pochi e in rari casi raccolgono consensi adeguati.
I secondi sono molto più numerosi e paradossalmente raccolgono molti più consensi dei primi.
Perciò in genere, tranne fasi storiche eccezionali, la politica ha sempre funzionato e continua a funzionare uno schifo e quasi tutti se ne lamentano.
Senza però chiedersi quasi mai quali siano anche le loro responsabilità in questo cattivo funzionamento; come se gli uomini politici non li scegliessimo noi cittadini comuni, dando loro il nostro consenso.
© Giovanni Lamagna
Uomini politici e filosofi della politica
Ci sono alcuni uomini che prediligono l’azione e altri che prediligono il pensiero.
Ci sono gli uomini politici e ci sono i filosofi della politica.
Gli uni agiscono sul breve periodo, gli altri ragionano sul lungo tempo.
C’è bisogno sia degli uni che degli altri.
Sarebbe bene che sia gli uni che gli altri ne fossero consapevoli e interagissero tra di loro.
Giovanni Lamagna
L’uomo è buono o è cattivo?
3 settembre 2018
In un’intervista rilasciata a “la Repubblica” del 30 agosto 2018 Massimo Cacciari afferma testualmente:
“Pensare che l’uomo sia buono per natura è fare cattiva letteratura. Io credo, con Hobbes, Machiavelli, Spinoza, che l’uomo è di per sé cattivo: captivus in senso etimologico. Prigioniero della più forte delle passioni, l’egoismo. Ci vogliono grandi uomini politici, e politica in grande stile, per rassicurarlo.”
Sono in forte dissenso con questa affermazione di Cacciari. E non perché io pensi l’opposto. E cioè che l’uomo sia in sé buono.
Ma perché penso che l’uomo, in quanto Umanità, non in quanto individuo (ma il discorso, in fondo, è applicabile anche all’individuo) non sia né fondamentalmente buono né fondamentalmente cattivo, ma che sia piuttosto un impasto, variamente miscelato, di “bontà” e di “cattiveria”.
In alcuni uomini (come Socrate, Gesù, Gandhi…) l’impasto vede il prevalere della bontà, in altri uomini (come Gengis Khan, Hitler, Stalin…) vede il prevalere della cattiveria.
Laddove per “bontà” intendiamo una prevalenza della tendenza verso l’altruismo. E per cattiveria una prevalenza della tendenza verso l’egoismo. Mai la sola presenza dell’uno o dell’altro.
D’altra parte, se la realtà umana non fosse più simile a come la vedo io che a come la vede Cacciari (e a come, prima di lui, l’avevano vista Hobbes, Machiavelli e Spinoza), neanche “grandi uomini politici, e politica in grande stile” basterebbero a domare l’uomo “di per sé cattivo”. Come, invece, auspica e ritiene possibile Cacciari.
E uomini politici anch’essi “cattivi”, per quanto grandi, non potrebbero mai essere capaci di condurre uomini fondamentalmente cattivi verso obiettivi buoni ed esiti positivi. Come, invece, auspica e ritiene possibile Cacciari.
Infine, se la realtà umana fosse veramente la giungla immaginata da Hobbes, nella quale ciascun uomo è lupo per l’altro uomo, come avrebbe potuto l’Umanità sopravvivere attraverso i milioni di anni di sua storia?
Non si sarebbe piuttosto, prima o poi, più prima che poi, estinta o, nel migliore dei casi, ridotta a pochissimi nuclei di belve umane disperate, disperse in varie e isolate radure del pianeta?
Io, se guardo la storia dell’Umanità, non sono portato certo all’ottimismo trionfalistico. Ma neanche al pessimismo totale e radicale. Vedo tante ombre tragiche, ma anche tante splendide luci.
Giovanni Lamagna