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L’uomo (o la donna) della propria vita.

Chi cerca, in maniera ossessiva e con troppa ansia, l’uomo o la donna della sua vita (l’uomo giusto o la donna giusta) molto probabilmente non lo/a incontrerà mai; e si ritroverà a lamentarsi di continuo della sua solitudine.

Chi, invece, ci rinuncia e si rilassa, prendendosi dalla vita il meglio che questa comunque è in grado di offrirgli/le, momento per momento, quasi sicuramente lo troverà subito, magari appena gira l’angolo.

Anzi, forse, (addirittura!) ne troverà più di uno/a.

© Giovanni Lamagna

Sesso e amore.

Quando il sesso è strappato con violenza, certo non vede la presenza dell’amore: in questo caso sarebbe assurdo parlare di amore.

Ma, quando il sesso è condiviso, è desiderato da entrambe le parti, non è mai totalmente privo di amore.

Anche se il rapporto finisse lì, un attimo dopo aver copulato; quell’attimo sarebbe stato pur sempre un momento di amore.

Breve, fine a sé stesso, ma pur sempre un momento di amore.

Come quando due persone si scambiano un sorriso in metropolitana o un uomo fa sedere al suo posto una signora.

Anche questi – in fondo – sono gesti di amore.

Piccoli, ma comunque gesti di amore.

© Giovanni Lamagna

Paura della morte.

Per mia esperienza personale posso dire che dopo i 70 anni si entra in una fase del tutto nuova della vita: si incomincia ad avere paura seriamente della morte.

Perché la si avverte non più come una realtà lontana, futura remota, che riguarda altri, ma come una realtà vicina, futura prossima, che ci riguarda direttamente.

Sarà perché siamo costretti a partecipare sempre più spesso ai funerali di nostri coetanei; e allora diventa naturale chiedersi: quando verrà anche il mio momento?

Si entra perciò in uno stato d’animo latente e diffuso di allarme: ogni più piccolo sintomo ci appare come anticipatore (possibile) di un qualche grave male.

Anche l’estrazione di un dente lo viviamo come il segnale di un tempo che si consuma irreversibilmente e sempre più velocemente; e che, soprattutto, non tornerà mai più.

© Giovanni Lamagna

La banalità della morte.

Moriamo tutti più o meno allo stesso modo: piccoli e grandi uomini.

In un attimo.

Il momento in cui la vita si spegne del tutto è un attimo.

Anche quando quest’attimo viene preceduto da una lunga agonia.

Moriamo, quindi, – possiamo dirlo, se ci liberiamo dalla retorica, che in genere circonda la morte! – in un modo piuttosto banale.

Un attimo prima ci siamo e un attimo dopo non ci siamo più.

In fondo un attimo come tutti gli altri, banale come tutti gli altri.

Per gli altri che restano.

E che, dopo un (più o meno breve o lungo) momento di dolore (seppure ci sarà), continueranno la loro vita, anche senza di noi.

Mentre noi, dopo quell’attimo, non ci saremo mai più per sempre.

© Giovanni Lamagna

Sacro.

Bisognerebbe imparare a dare alla propria vita una solennità di natura quasi liturgica.

Come se ogni nostro gesto, ogni nostra azione, ogni nostra parola costituissero un rito sacro.

Consapevoli che ogni momento della nostra vita è assolutamente irripetibile e, quindi, unico.

© Giovanni Lamagna

Ordinario/straordinario, banale/sacro.

Noi non abbiamo alternative a quella di vivere nell’attimo presente, che è, in genere, tranne rare eccezioni, assolutamente ordinario, quasi sempre addirittura banale.

Allo stesso tempo abbiamo però la possibilità di trasformare questo momento del tutto ordinario in un qualcosa di assolutamente straordinario.

Come?

Vivendo l’attimo presente come se esso fosse il primo e allo stesso tempo l’ultimo della nostra vita; come se fosse quindi un momento sacro.

Nella consapevolezza che ogni momento della nostra vita, anche il più routinario, ha il suo valore e la sua preziosità, perché unico e irripetibile.

© Giovanni Lamagna