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Cultura cattolica, pornografia, sesso, natura ed amore.
La cultura cattolica, nella quale siamo (quasi) tutti nati e cresciuti e di cui tutti (chi più e chi meno) siamo ancora intrisi, tende a farci vivere il sesso come una realtà buona e giusta solo se vissuta all’interno di un rapporto affettivo, cosiddetto “d’amore”.
Il dilagare (quasi) senza limiti della pornografia, in tempi tutto sommato recenti, ha avuto, se non altro, questo merito: di mettere in discussione, e ad un certo punto in vera e propria crisi, l’antica cultura cattolica, almeno sotto questo aspetto.
Sdoganando il sesso come realtà buona e giusta in sé, a prescindere dal suo contesto emotivo ed affettivo.
D’altra parte il sesso – nessuno certo lo può negare – corrisponde a bisogni e desideri del tutto naturali, quindi legittimi in sé, al pari delle emozioni, dei sentimenti e degli affetti.
Tanto è vero che gli animali (i quali, certo, fanno parte della natura) non si pongono tutti i problemi che ci poniamo noi, quando praticano la loro sessualità.
E poi l’atto sessuale, quando avviene in un contesto di pieno, libero e reciproco desiderio e, quindi, consenso, non è già nei fatti (e a pieno titolo) uno scambio d’amore?
© Giovanni Lamagna
Crisi dell’istituto matrimoniale e ipotesi alternative alla coppia monogamica.
Con gli anni e l’esperienza sono arrivato alla conclusione che il matrimonio sia da sempre (praticamente da quando esiste sulla faccia della terra) un’istituzione debole, precaria, checché ne dicano i borghesi benpensanti, perché limitativa delle risorse libidiche e relazionali che uomini e donne avrebbero la possibilità di mettere a frutto nella loro vita, se non esistessero divieti e censure sociali oramai ataviche.
Una istituzione, quella del matrimonio, che da sempre, anche nel suo lontano oltre che recente passato, ha manifestato crepe e contraddizioni piuttosto vistose.
Ma che negli ultimi decenni si sono ulteriormente allargate, fino ad esplodere in maniera eclatante e in forme che, a questo punto, impongono (e molti oramai l’hanno avviata) una seria riflessione sulla tenuta futura di una struttura relazionale e giuridica, che ancora oggi e con grande miopia viene da molti considerata addirittura la cellula base della società, senza realistiche alternative.
Due a mio avviso sono i fattori che segnalano e comprovano questa crisi, che per me è oramai irreversibile, arrivata ad un punto di non ritorno.
Crisi che, intendiamoci e sia detto tra parentesi, non è solo dell’istituto giuridico-formale del matrimonio, ma della stessa struttura sociopsicologica della coppia, anche quando non è sanzionata da un legame giuridico formale.
Il primo fattore: lo stato emotivo, affettivo, sessuale e spirituale in senso lato (caratterizzato nel migliore dei casi da una cameratesca amicizia, nel peggiore da una separazione di fatto) nel quale si riducono la maggior parte delle coppie (unite in matrimonio o anche solo realtà di fatto: qui la distinzione ha poca importanza), dopo un certo numero di anni di convivenza; anche coppie che si erano formate in seguito ad una forte attrazione reciproca e avevano vissuto, prima di mettersi a vivere assieme, una fase di intensa passione e di autentico innamoramento.
Il secondo fattore: i fenomeni frequentissimi di adulterio o, peggio, di ricorso alla pornografia e alla prostituzione (soprattutto da parte dei maschi, ma da qualche tempo il fenomeno, almeno in alcuni ambienti sociali, si sta estendendo anche alle femmine), che, salvaguardando in maniera solo formale, esteriore ed ipocrita, il “vincolo” della fedeltà, segnalano in maniera evidente l’insoddisfazione profonda, se non la vera e propria crisi del legame matrimoniale o della coppia di fatto.
Di qui la necessità di pensare e (perché no?) cominciare a sperimentare soluzioni alternative al profondo bisogno umano di rapporti affettivi e sessuali solidi e continuativi, che superino però i limiti e risolvano (almeno in parte) le contraddizioni, manifestate dall’istituto giuridico-formale del matrimonio e dalla stessa struttura informale della coppia di fatto.
L’alternativa, a mio avviso, sta in strutture relazionali che provino a dare soluzioni ai problemi evidenziati nelle diverse epoche storiche e nelle diverse società dal rapporto monogamico su cui si fonda il matrimonio.
Problemi che potremmo dire (ancora di più oggi, col senno del poi) si evidenziavano in maniera vistosa già nella radice etimologica del termine (mater: madre, genitrice+ munus: compito, dovere); come se nel matrimonio i doveri fossero essenzialmente della donna e il maschio potesse vantare soprattutto diritti; segno inequivocabile della genesi e quindi natura profondamente patriarcale di tale istituto giuridico.
Una coppia aperta, cioè un legame non più fondato sull’esclusività del rapporto, quindi sull’idea che l’altro/a sia una mia esclusiva proprietà (non a caso al matrimonio è collegato il concetto di patrimonio: da pater: padre, genitore + munus: dovere, compito), potrebbe già cominciare ad essere un embrione di alternativa al matrimonio.
Perché, a mio avviso, in primo luogo limiterebbe (se non addirittura estinguerebbe) il fenomeno (squallido) dell’adulterio, che già rappresenta in fondo un’apertura della coppia, che si realizza di fatto, ma nella clandestinità, con l’inganno del partner, e nella ipocrisia, con la salvaguardia solo formale ed apparente della fedeltà.
Il fenomeno dell’adulterio ha accompagnato sempre e su scala abbastanza estesa, in tutte le epoche e in tutti i contesti geografici, la storia del matrimonio: tutti lo sanno ma i più si ostinano a non volerlo riconoscere.
In secondo luogo, l’apertura della coppia ridarebbe vitalità ed energie sempre fresche e nuove ad un rapporto che col tempo tende fatalmente a diventare abitudinario e perciò monotono e noioso.
Gli ridà aria laddove i rapporti di coppia tendono ad essere (o a diventare) asfissianti. Impedisce che gli interessi sessuali, emotivo-affettivi, intellettuali, spirituali di una persona si concentrino (a volte in maniera ossessiva) su un solo partner e ne impediscano il necessario distanziamento e il benefico respiro.
Crea momenti di allontanamento momentanei che, se vissuti serenamente e senza ingiustificate angosce, rinfocolano il desiderio reciproco, laddove una vicinanza ininterrotta, esagerata, tende a indebolirlo e prima o poi a spegnerlo.
L’apertura della coppia introdurrebbe poi all’interno della relazione un fattore di sana e naturale competizione, che, lungi dal metterla in crisi, laddove i due coniugi fossero in grado di superare e di vincere i naturali sentimenti di gelosia e di possesso (come, a mio avviso, è possibile), la movimenterebbe e quindi la vivacizzerebbe, rinnovandola e dandole sempre nuovi stimoli, utili ad una sua evoluzione continua.
Un’altra struttura alternativa al matrimonio o alla coppia monogamica di fatto potrebbe essere la costituzione di piccole o grandi comunità promiscue (un tempo si chiamavano “comuni”), che avrebbero il vantaggio di garantire una certa stabilità/continuità e quindi profondità di rapporti affettivi (in qualche modo paragonabile a quella dei matrimoni) senza avere però il limite della monogamia, che è causa di ingiustificata repressione libidica e quindi di logoramento della coppia chiusa ed esclusiva.
So molto bene che la grandissima maggioranza di queste esperienze tentate in passato hanno avuto esiti disastrosi. Non hanno retto cioè alle dinamiche di competizione, soprattutto di gelosia e di possesso (sentimenti connaturati all’animo umano), che inevitabilmente insorgono prima o poi anche in comunità nate con le migliori e più lodevoli intenzioni.
Questo, però, a mio avviso, non esclude che possano essere riprovate, risperimentate, magari traendo insegnamenti proprio dai limiti evidenziati dalle esperienze finite male.
In fondo la scienza (ma anche l’evoluzione storica) procede per tentativi ed errori. Perché ritenere allora il matrimonio (e, a maggior ragione, la coppia monogamica) realtà immutabili, eterne e del tutto irrealizzabili ipotesi di convivenza alternative?
© Giovanni Lamagna
Sulla pornografia
I molti uomini (e le poche donne) che sono compulsivamente attratti dalla pornografia sono con tutta evidenza insoddisfatti della loro vita sessuale reale.
Vivono cioè una discrasia tra i loro desideri e le loro fantasie e la realizzazione di questi desideri e di queste fantasie.
Che vengono realizzati in una maniera del tutto surrogatoria e virtuale, quindi parziale e insoddisfacente, attraverso la pornografia.
Col risultato che a frustrazione si aggiunge frustrazione.
© Giovanni Lamagna
Sulla pornografia
Gli uomini (e le donne) compulsivamente attratti dalla pornografia sono uomini (e donne) con tutta evidenza insoddisfatti/e della loro vita sessuale reale.
Che vivono cioè una discrasia tra i loro desideri e le loro fantasie e la soddisfazione di questi desideri e di queste fantasie nella vita reale.
Attraverso la pornografia fantasie e desideri vengono (almeno in parte) soddisfatti, ma in una maniera del tutto surrogatoria e quindi insoddisfacente.
Col risultato che a frustrazione si aggiunge frustrazione.
© Giovanni Lamagna