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Che cos’è l’amore per me?

L’amore prima ancora che un atto, un gesto, una parola specifici è uno stato generale e complessivo dell’essere: del corpo, dei sentimenti, della mente.

Bisogna essere nello stato d’animo dell’amatore, dell’amante, per poter compiere gesti, atti e dire parole d’amore, che non siano pure e superficiali apparenze.

Chi non ha fatto la scelta di fondo dell’amore, chi non ama l’uomo, anzi la vita, in generale, non può neanche amare il singolo uomo in particolare.

Il suo amore sarà un amore episodico e selettivo, che può rivoltarsi molto facilmente e rapidamente nel suo opposto, in disamore oppure odio vero e proprio.

© Giovanni Lamagna

Nietzsche e Kant

Nietzsche porta alle estreme conseguenze “la critica della ragion pura” di Kant.

Kant sosteneva che a noi è dato conoscere solo i fenomeni che nascondono la cosa in sé, che resta a noi sconosciuta e inconoscibile.

Nietzsche afferma che non esiste alcuna “cosa in sé”, situata in un aldilà oltre le apparenze.

L’unica realtà esistente è quella nella quale ci troviamo a vivere qui ed ora.

© Giovanni Lamagna

Il filosofo e la massa.

13 ottobre 2016

Il filosofo e la massa.

La vita del filosofo è una vita strutturalmente a rischio, in quanto essa si muove su un piano radicalmente diverso da quello su cui si muove la vita della moltitudine, cioè della maggior parte delle persone, della cosiddetta massa.

Questa, infatti, vive in una condizione di semiveglia. Si accontenta di cogliere le apparenze delle cose, le loro ombre (come dice bene il mito della caverna raccontato da Platone). Si alimenta dei luoghi comuni, che per pigrizia o vigliaccheria (o tutte e due le cose insieme) non osa mai mettere in discussione.

Il filosofo nasce, invece, proprio dalla messa in discussione dei luoghi comuni, delle “verità” facili, a immediata portata di mano. Che si possono ottenere senza sforzare il pensiero e senza  esercitare la meditazione.

Il filosofo è colui che cerca di andare oltre le apparenze alla ricerca della essenza delle cose. Che sa bene non raggiungerà mai. Ma che comunque vale la pena di ricercare, perché questa ricerca dà un senso nuovo alla sua esistenza.

La vita del filosofo, quindi, è destinata ad andare (in maniera più o meno violenta e rapida ) in rotta di collisione con quella della massa delle persone comuni. Che vengono turbate, scosse, se non addirittura ferite ed offese dalle parole e, ancora di più, dalla vita stessa del filosofo.

Oggettivamente. Cioè al di là delle stesse intenzioni soggettive del filosofo.

Che, quindi, il più delle volte viene punito, sanzionato. Nel migliore dei casi con l’isolamento, con la solitudine, con l’emarginazione sociale. Nei casi estremi (come quelli di Socrate, di Gesù, di Giordano Bruno, per fare solo gli esempi più famosi) addirittura punito con la tortura prima e con la morte poi.

Non sembri un quadro solo tragico questo della condizione del filosofo. Perché è vero che molte volte il filosofo è condannato all’ostracismo sociale. Però è anche vero che la sua coscienza vive di una luce che non brilla nell’animo dell’uomo comune.

E questo basta e avanza per compensarlo, risarcirlo della condizione di solitudine/incomprensione nella quale spesso (anzi il più delle volte) è costretto a vivere.

Il filosofo non scambierebbe mai la sua condizione di vita con quella dell’uomo comune, dell’uomo-massa.

Giovanni Lamagna

La “nostra” verità.

23 novembre 2015

La “nostra” verità.

C’è una verità che è dentro ciascuno di noi. Nascosta in profondità. La “nostra” verità.

Compito della vita è andare a scovarla, portarla alla luce.

Come fanno i pescatori con le perle nascoste nelle conchiglie in fondo al mare.

Alcuni uomini ci provano e ci riescono.

Altri ci provano e non ci riescono.

Ma la maggior parte degli uomini non ci prova nemmeno.

Si accontenta di rimanere alla superficie.

E, quindi, rinuncia a trovare la “propria” verità.

Si ferma alla verità dei luoghi comuni, degli stereotipi, delle apparenze.

Giovanni Lamagna