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Non c’è bisogno di credersi Dio.

Non c’è bisogno di credersi Dio per darsi dei fini.

Come sembra dire il primo Sartre, quello de “L’essere e il nulla”.

A meno di non essere posseduti da un delirio di onnipotenza e credersi “ens causa sui”.

Io posso, infatti, coltivare dei fini a portata di uomo, limitati e concretamente praticabili; e realizzarli anche più o meno tutti; perché no?

Ma questo posso farlo anche senza ritenermi Dio, bensì coltivando la normale speranza umana.

Come sembra dire l’ultimo Sartre, quello delle interviste al suo segretario Benny Lévy (Mimesis edizioni 2019).

© Giovanni Lamagna

Morte di Dio e coscienza morale.

Non c’è dubbio che la “morte di Dio” nella coscienza collettiva della modernità e, ancora più, della contemporaneità abbia determinato uno scombussolamento nella sensibilità morale e nella stessa vita spirituale degli individui.

Reso molto bene dalle parole che Dostoevskij mette in bocca a Ivan Karamazov: “Se Dio non esiste, allora tutto è permesso”.

E, però, voglio sperare che prima o poi gli uomini prendano consapevolezza che l’agire senza freni morali, ovverossia per fini esclusivamente individuali ed egoistici, fa del male non solo agli altri, ma in fondo anche a sé stessi.

E che quindi recuperino il senso dei valori altruistici ed universali, che stanno alla base di tutte le tradizioni religiose del mondo e di qualsiasi epoca, anche in una visione non più religiosa ma del tutto laica della vita e della morale.

© Giovanni Lamagna