Archivi Blog
Morale sessuale.
La morale sessuale della maggior parte delle persone è figlia della pigrizia, del conformismo, delle convenzioni, del quieto vivere, delle paure e dei tabù, della povertà di fantasia e della scarsa immaginazione.
È, insomma, a mio avviso, figlia della loro miseria emotiva, sentimentale, intellettuale e spirituale in senso lato.
Altro che virtù: la virtù c’entra ben poco!
Se fosse figlia della virtù, sarebbe accompagnata dalla gioia di vivere e, quindi, dall’allegria, dall’entusiasmo, dalla vitalità, dalla pace interiore ed esteriore.
E, invece, io vedo ben poche di queste “qualità” in giro tra le persone con le quali vengo in contatto, in maniera più o meno intima e profonda.
© Giovanni Lamagna
Capriccio e desiderio (2)
La realizzazione di un desiderio produce integrazione tra le varie parti di sé.
E, quindi, un benessere e una soddisfazione pieni, duraturi.
La realizzazione di un capriccio provoca, invece, dissipazione interiore.
E, quindi, dopo un breve appagamento, malessere e insoddisfazione.
È questa la cartina di tornasole per distinguere un desiderio da un capriccio.
Gli alberi si riconoscono dai frutti che producono (Luca 6, 44).
© Giovanni Lamagna
Apparire.
Noi abbiamo il dovere non di apparire belli e piacenti agli occhi degli altri (se non lo siamo, non possiamo neanche apparirlo), ma di mostrarci quantomeno al meglio di noi stessi, delle nostre potenzialità, sia fisiche che spirituali.
Se vogliamo davvero loro bene.
L’occhio (sia quello fisico che quello spirituale) vuole, infatti, la sua parte.
Quindi lo dobbiamo fare non (solo) per narcisismo.
Che poi – entro certi limiti – è del tutto lecito; infatti, anche il nostro occhio (sia interiore che esteriore) vuole la sua parte.
Ma (anche e, forse, soprattutto) per altruismo.
Se vogliamo fare stare bene gli altri, quando stanno con noi.
© Giovanni Lamagna
Ancora sull’erotismo.
L’erotismo non è un abito che si indossa una volta ogni tanto, in occasioni speciali.
Come si fa con certi abiti: quelli della domenica, dei giorni di festa o di Carnevale.
L’erotismo è un abito mentale, interiore prima che esteriore.
Si indossa, quindi, sempre.
Anzi, più che un abito, è come una seconda pelle.
© Giovanni Lamagna
Chiamata.
Corrispondere ad un amore in fondo significa rispondere ad una chiamata.
Esteriore, perché ci viene da qualcuno che sta fuori di noi.
Ma anche interiore, perché la stessa chiamata ci viene da dentro: è la chiamata ad assecondare il nostro destino, il nostro daimon.
E però non sempre e non tutti siamo in grado di rispondere a questa chiamata.
Vale anche qui la famosa (e un po’ misteriosa) frase pronunciata da Gesù: “Molti sono i chiamati, ma pochi gli eletti”.
© Giovanni Lamagna
Sulla elaborazione di un lutto.
Quando si vive un lutto (cioè il dolore profondo che ci colpisce per la perdita di qualcuno o qualcosa a cui eravamo legati da amore) il primo passo per elaborarlo (e, quindi, per uscirne, per superarlo) non è quello (come molti pensano) di rimuovere, dimenticare, allontanare il pensiero, l’immagine dell’oggetto amato che si è perduto.
Ma piuttosto il contrario: il primo passo dovrebbe essere quello di renderlo ancora più presente nella nostra memoria e nella nostra coscienza, fino a farlo diventare così parte di noi, da non sentire quasi più il bisogno della sua presenza fisica e, quindi, attutire, addolcire il dolore che la perdita di questa presenza causava.
Forse è questo il processo psichico a cui alludeva Gesù, quando, poco prima di esser preso prigioniero e sottoposto al martirio del Golgota (fatti che Gesù sapeva bene sarebbero avvenuti di lì a poco), disse ai suoi discepoli: “Ma io vi assicuro che per voi è meglio se io me ne vado” (Vangelo di Giovanni; 16, 7).
Evidentemente il suo “andare via”, quindi la perdita della sua presenza fisica, il lutto che questo avrebbe causato nei suoi discepoli, erano condizioni imprescindibili perché la sua presenza spirituale si radicasse ancora di più nei loro cuori; (“Perché, se non me ne vado, non verrà da voi lo Spirito che vi difende”; ibidem).
La sua morte, il suo allontanamento fisico, erano pertanto necessari, affinché potesse avvenire nei discepoli quello che di lì a poco Paolo di Tarso dirà essere avvenuto in lui: “Non sono più io che vivo: è Cristo che vive in me.” (Lettera ai Galati; 2, 20).
A mio avviso, secondo la mia esperienza e per concludere questa breve riflessione, chi non vive il lutto in questo modo, cioè chi lo supera in modo eccessivamente frettoloso o addirittura lo rimuove del tutto, è destinato a rimanere con una ferita sempre aperta, che non si rimarginerà mai.
Nonostante egli voglia convincersi (o si sia magari convinto) di aver completamente dimenticato, rimosso dalla propria coscienza, l’oggetto d’amore perduto e, quindi, superato del tutto e definitivamente il dolore della sua perdita.
Questa speranza/convinzione si rivela ancora più falsa ed illusoria, quando la perdita avviene in seguito a un “tradimento” da parte della persona che egli/ella amava, a cui era profondamente legato/a.
In questo caso l’orgoglio ferito blocca un’adeguata interiorizzazione dell’oggetto perduto, addirittura provoca il suo rifiuto, la sua espulsione, il suo rigetto rancoroso dal proprio spazio interiore ed affettivo.
E ciò impedisce, per conseguenza, una soddisfacente elaborazione della perdita vissuta.
© Giovanni Lamagna
Erotismo diffuso e Tantra.
Teoricamente tutti gli atti, i momenti, della nostra vita possono essere vissuti come atti e momenti erotici.
Basta volerlo, desiderarlo e proporselo.
Inteso in questo senso l’erotismo può diventare una vera e propria forma di ascesi e di spiritualità, persino di mistica.
Qui non mi riferisco ovviamente al modo volgare e rozzo con cui vivono il sesso gli erotomani, i quali non sono altro che dei ginnasti del sesso.
Anzi!
Mi riferisco, al contrario, a coloro che vivono il sesso come una vera e propria esperienza di ricerca, profondamente interiore e allo stesso tempo intensamente relazionale, da vivere prima e innanzitutto dentro di sé e contemporaneamente con almeno un partner, che ne condivida però finalità, scopi, tempi e modalità.
Da questo punto di vista il Tantra – tra le esperienze che ci ha consegnato la storia dell’umanità – è quella che meglio e più compiutamente esprime questa mia concezione/visione dell’erotismo e della sessualità.
Perché è un’esperienza profondamente corporea, sensuale e, perfino, edonistica.
Ma, allo stesso tempo, profondamente spirituale, ascetica e, persino, mistica.
© Giovanni Lamagna