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Misteri dell’animo umano!

Ci sono alcuni che, pur stando male dentro, pur avvertendo che c’è qualcosa di profondamente sbagliato in loro, che andrebbe quindi corretto, curato, per stare meglio, e che questo cambiamento sarebbe del tutto alla loro portata, se solo lo volessero, se solo si affidassero a qualche esperto, in grado di dare loro un aiuto, preferiscono, invece, tenersi il loro malessere, quasi che questo sia da preferire alla cura, al cambiamento, ad una situazione di benessere.

Preferiscono, per usare delle metafore, legate al corpo, tenersi il mal di testa pur di evitare la “fatica” di scendere in farmacia e comprarsi un’aspirina, che glielo farebbe sicuramente passare.

Preferiscono tenersi il mal di denti, per non vivere “l’ansia” di andare dal dentista e il fastidio di farsi curare la carie.

Misteri dell’animo umano!

© Giovanni Lamagna

Letterina di Pasqua 2023

Io non credo in nessun Dio che risorge.

Credo però nella possibilità che l’uomo possa rialzarsi dalle sue cadute,

che ogni giorno possa diventare una persona un poco migliore.

Credo nei piccoli passi, nei piccoli gesti,

quelli che appena si notano

o non si notano per nulla

ma che, a lungo andare, fanno la Storia.

Non credo nei miracoli: quelli soprannaturali.

Credo però che un sorriso, una carezza,

la parola giusta detta al momento giusto,

un gesto di aiuto, un atto di solidarietà,

la fraternità, l’amicizia, l’amore

possano fare miracoli: quelli naturali.

Simili al seme che prima muore e poi dà frutto,

all’arcobaleno che colora il cielo dopo la tempesta,

al sole che risorge ogni giorno,

al corpo stanco che va dormire la sera e

si risveglia fresco e riposato la mattina dopo,

al tempo che guarisce molte ferite, corporali e spirituali.

Queste sono le resurrezioni in cui credo!

© Giovanni Lamagna

L’uomo non è né angelo né diavolo, ma diavolo e angelo allo stesso tempo.

Freud, ne “Il disagio della civiltà” (1929), così scrive:

… l’uomo non è una creatura mansueta, bisognosa d’amore, capace, al massimo, di difendersi se viene attaccata; ma … occorre attribuire al suo corredo pulsionale anche una buona dose di aggressività.

Ne segue che egli vede nel prossimo non soltanto un eventuale aiuto e oggetto sessuale, ma anche un invito a sfogare su di lui la propria aggressività, a sfruttarne la forza lavorativa senza ricompensarlo, ad abusarne sessualmente senza il suo consenso, a sostituirsi a lui nel possesso dei suoi beni, ad umiliarlo, a farlo soffrire, a torturarlo e a ucciderlo.

Homo homini lupus: chi ha il coraggio di contestare quest’affermazione dopo tutte le esperienze della vita e della storia?

Questa crudele aggressività è di regola in attesa di una provocazione, oppure si mette al servizio di qualche altro scopo, che si sarebbe potuto raggiungere anche con mezzi più benigni.

In circostanze estreme che le sono propizie, quando le forze psichiche contrarie che ordinariamente la inibiscono cessano di operare, essa si manifesta anche spontaneamente e rivela nell’uomo una bestia selvaggia, alla quale è estraneo il rispetto per la propria specie.”

Vorrei commentare brevemente queste tesi freudiane.

Non certo per mettere in discussione che molte delle affermazioni sostenute qui da Freud corrispondano alla verità.

Ma solo per contestare che esse siano del tutto vere, l’unica verità sulla natura umana.

Io concordo che l’uomo non sia una creatura (solo o del tutto) mansueta: sarebbe certamente una falsità affermarlo.

Indubbiamente – come dice Freud – al suo corredo pulsionale appartiene (anche) una buona dose di aggressività.

Contesto, invece, che l’uomo sia solo un lupo in mezzo ad altri lupi (homo homini lupus), come sembra concludere Freud nel passo sopra citato, riprendendo una famosa tesi di Hobbes.

No, io – onestamente, proprio guardando alle esperienze della mia vita e alla storia, come ci invita a fare Freud – non riesco a condividere una tale tesi.

Che mi appare anch’essa estrema e unilaterale, come quella opposta e speculare dell’uomo naturalmente buono di – per citare un solo nome – Rousseau.

D’altra parte lo stesso Freud sembra (almeno in parte) contraddirla, quando riconosce che ordinariamente ci sono nell’uomo forze psichiche che inibiscono la sua aggressività, la quale esplode solo “in circostanze estreme”.

Questo mi porta a pensare: se esistono nell’uomo forze psichiche che normalmente inibiscono la sua aggressività, da qualche parte esse devono pur scaturire.

E da dove scaturirebbero, se esse non facessero parte intrinseca della sua natura?

La mia tesi, pertanto, è che l’uomo non sia né tutto buono, né tutto cattivo, né sempre mansueto come un agnellino, né sempre feroce come un lupo.

Ma costituisca un impasto complesso di mansuetudine e di aggressività, di amore e di odio, di tensione alla cooperazione, alla generosità e al rispetto per gli altri e, allo stesso tempo, di propensione alla competizione, allo sfruttamento, all’invidia e alla gelosia.

La constatazione che in alcuni uomini prevalgano nettamente la cattiveria e la malvagità (la Storia ce ne mostra indubbiamente infiniti esempi) non smentisce e non annulla il fatto che in altri uomini (la stessa Storia ce ne mostra altrettanto numerose testimonianze) prevalgano la bontà e la dedizione agli altri.

Ne deduco, in conclusione, che questo è l’Uomo: né angelo, né diavolo, ma angelo e diavolo allo stesso tempo!

© Giovanni Lamagna

Ci sono filosofi e filosofi.

I filosofi tendono (direi quasi per definizione e vocazione) a tracciare delle mappe per orientare se stessi e gli altri nei territori, nei mari e nei cieli della vita.

Alcuni “filosofi”, però, anche dopo tanto pensare, sono così confusi e disorientati che tendono a confondere e disorientare anche coloro che li leggono.

Il loro esistere è una testimonianza di quanto sia difficile orientarsi in questa vita, anche per chi avrebbe (teoricamente) gli strumenti intellettuali per farlo.

Ma non è, certo, di grande aiuto a coloro che li leggono.

Per cui ci sono filosofi e filosofi: quelli che vale la pena leggere, perché ci danno delle dritte, ovverossia delle mappe esistenziali, e quelli che non vale la pena leggere, perché la loro lettura, anziché orientarci, ci disorienta, confonde ancora di più.

© Giovanni Lamagna

La propria via

Non si incontra la propria via nei libri.

E neanche nelle parole di un Maestro.

I libri e i maestri, certo, possono essere di stimolo, aiuto, sostegno.

La propria via, però, la si incontra veramente solo nella solitudine e nel silenzio del raccoglimento interiore.

© Giovanni Lamagna

Dio, l’uomo, la solitudine, gli animali, la creazione della donna, il rapporto maschio/femmina. (Genesi 2, 18 – 2, 23)

14 settembre 2015

Dio, l’uomo, la solitudine, gli animali, la creazione della donna, il rapporto maschio/femmina. (Genesi 2, 18 – 2, 23)

2,18 Poi Dio il SIGNORE disse: «Non è bene che l’uomo sia solo; io gli farò un aiuto che sia adatto a lui».

2,19 Dio il SIGNORE, avendo formato dalla terra tutti gli animali dei campi e tutti gli uccelli del cielo, li condusse all’uomo per vedere come li avrebbe chiamati, e perché ogni essere vivente portasse il nome che l’uomo gli avrebbe dato.

2,20 L’uomo diede dei nomi a tutto il bestiame, agli uccelli del cielo e ad ogni animale dei campi; ma per l’uomo non si trovò un aiuto che fosse adatto a lui.

2,21 Allora Dio il SIGNORE fece cadere un profondo sonno sull’uomo, che si addormentò; prese una delle costole di lui, e richiuse la carne al posto d’essa.

2,22 Dio il SIGNORE, con la costola che aveva tolta all’uomo, formò una donna e la condusse all’uomo.

2,23 L’uomo disse: «Questa, finalmente, è ossa delle mie ossa e carne della mia carne. Ella sarà chiamata donna perché è stata tratta dall’uomo».

“Non è bene che l’uomo sia solo” – questo dice Dio il Signore, una volta che ha creato l’uomo. La solitudine genera tristezza. E Dio non voleva che l’uomo fosse triste.

Dio, dunque, immagina l’uomo come un animale sociale, intrinsecamente e geneticamente sociale. E per questo gli cerca una compagnia.

Come prima cosa gli presenta gli animali dei campi e gli uccelli dei cieli. E l’uomo dà ad ognuno di loro un nome. In questo modo l’uomo (a ciò incaricato da Dio) stabilisce su di essi il suo primato. E il cosmo diventa per così dire antropocentrico, cioè si ordina in funzione dell’uomo, con l’uomo al centro.

(Sia detto qui per inciso: a giudicare dai risultati e a posteriori, forse questa scelta di Dio non è stata particolarmente saggia e preveggente.)

Ma, dopo averglieli presentati, Dio si rende conto che la compagnia per l’uomo non può essere data dagli animali dei campi e dagli uccelli del cielo, che non sono suoi simili. Deve essere una compagnia adeguata alla sua specie.

Per questo crea la donna, che è fatta delle stesse ossa e della stessa carne dell’uomo. E, infatti, l’uomo, dopo essersi risvegliato dal sonno profondo, in cui lo ha indotto il suo creatore, quando vede la donna, uscita dalla sua costola, la riconosce immediatamente come suo simile.

Il sonno profondo in cui cade l’uomo sta forse a significare il torpore della tristezza che avvolge l’uomo che si sente solo, pure in presenza del creato, pure in presenza degli altri animali, perfino in presenza del suo Dio.

E, infatti, l’uomo, quando si sveglia dal sonno e vede la donna, è felice, gli brillano gli occhi: è uscito finalmente dal torpore triste della solitudine, che né chi gli era superiore (Dio) né, tanto meno, chi gli era inferiore (gli altri animali) erano in grado di riempire.

C’è qualcosa qui che differenzia profondamente questo racconto dalla cultura patriarcale, dentro la quale pure esso è stato concepito: l’idea che l’uomo e la donna siano fatti della stessa pasta (o, meglio, della stessa carne) anticipa (ed è cosa straordinaria!) di millenni la storia della emancipazione femminile.

C’è però comunque nel racconto (com’era ovvio) anche una forte impronta maschilista, che della cultura patriarcale è chiaramente figlia. In esso, infatti, si afferma, con grande forza, se non il primato, quantomeno la primogenitura del maschio: è la donna che viene creata da una costola del maschio.

Perché non il contrario, come sarebbe stato oltretutto più naturale, visto che tutti gli esseri umani nascono da una donna e non certo da un maschio?

Ma, data la cultura del suo tempo, non si poteva certo chiedere di più all’autore della racconto biblico.

(4, continua)

Giovanni Lamagna