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La sessualità degli animali e quella degli umani.
Gli animali mangiano e bevono esclusivamente per soddisfare un bisogno fisiologico: quello di placare la loro fame o sete.
Gli uomini mangiano e bevono anche per appagare un desiderio: quello di gustare ciò che mangiano e bevono, di godere del piacere che danno una buona bevanda o un buon piatto; e non solo per placare la loro fame o la loro sete.
Allo stesso modo gli animali si accoppiano semplicemente per soddisfare il loro istinto sessuale, che è stato dalla natura programmato in funzione della riproduzione della specie.
Gli uomini, invece, si accoppiano non solo per sfogare un istinto biologico, ma anche per godere il più possibile dell’atto sessuale che li accoppia.
Tanto è vero che ricorrono alle forme più variegate e, in certi casi, perfino sofisticate e stravaganti di fare sesso.
Per gli uomini, inoltre, l’accoppiamento sessuale è (o, meglio, può essere) una delle forme più raffinate e profonde della comunicazione tra due persone.
Tanto è vero che fanno sesso a prescindere dalla volontà e dalla decisione di riprodursi; hanno imparato a separare il sesso dalla sua finalità procreativa.
La sessualità umana è finalizzata non solo alla riproduzione, ma anche ad uno dei massimi piaceri possibili e ad una delle forme più intime di comunicazione interpersonale.
© Giovanni Lamagna
La sessualità umana.
E’ ben altro che un istinto e un bisogno fisiologico.
E’ una dimensione dell’essere legata innanzitutto all’immaginazione, quindi alle fantasie, quindi al desiderio.
Se dalla sessualità togli le fantasie e il desiderio, di essa rimane ben poco.
Resta un banale sfrigolio di corpi ed una breve (quindi effimera, per quanto intensa) eccitazione dei sensi.
© Giovanni Lamagna
Eros e thanatos.
Freud (nel suo “Al di là del principio di piacere; 1920) dà per scontata l’aspirazione – che egli ritiene la più universale delle aspirazioni presenti in tutti gli esseri viventi – “a ritornare alla quiete del mondo inorganico”, in altre parole all’estinzione, cioè alla morte.
E aggiunge: “Abbiamo tutti sperimentato come il massimo piacere che possiamo attingere, il piacere dell’atto sessuale, sia legato con la momentanea estinzione di un eccitamento estremamente intenso.” (Biblioteca Boringhieri; 1975; pag. 99)
Vede, in altre parole, un’analogia tra la tendenza naturale degli esseri viventi ad estinguersi, cioè a passare dallo stato organico a quello inorganico, e l’esperienza del piacere, articolata nelle seguenti fasi, così disposte in sequenza: – stimolo, – eccitazione, – acme e scarica edonistica, – estinzione dell’eccitazione.
Francamente e con tutto il rispetto per il grande pensatore viennese, trovo questa analogia alquanto indebita, anzi una vera e propria forzatura.
Come si faccia ad associare un’esperienza del tutto spiacevole e non desiderabile, come è la morte, ad un’esperienza estremamente piacevole e desiderabile, come è l’atto sessuale, a me risulta francamente incomprensibile.
Non è certo il fatto che entrambe le esperienze si concludano con uno stato di “quiete” che giustifica tale associazione.
L’associazione che fa Freud è simile a quella che farebbe chi volesse vedere un’analogia tra lo stato di sazietà di chi ha appena mangiato (per soddisfare un bisogno fisiologico, innanzitutto, quello della fame, ma in alcuni casi anche per soddisfare il piacere legato al gusto del mangiare) e lo stato di inappetenza di cui soffrono spesso coloro che non godono di buona salute o il rifiuto del cibo che è caratteristico dell’anoressia.
Si tratta di tre condizioni psicofisiche che hanno certamente un fattore che le accomuna (il rifiuto del cibo), ma sono del tutto incomparabili sotto gli altri aspetti.
A maggior ragione come si fa a paragonare lo stato di (indubbia) quiete (tra l’altro “eterna”) che raggiunge la persona che muore con lo stato di quiete (invece momentaneo) che raggiunge la persona che ha compiuto un atto sessuale ed ha ottenuto un orgasmo?
Lo stato di quiete post coitum o post orgasmo è benefico, vivificante, è funzionale ad una vita sia fisica che psichica piena, sana, soddisfacente, piacevole, gratificante.
Lo stato di quiete che si ottiene con la morte è tutt’altro, anzi è esattamente l’opposto: non solo conclude l’esistenza (altro che vivificarla!), ma quasi sempre (a meno di una morte improvvisa ed istantanea) sopravviene dopo una fase più o meno lunga e prolungata di sofferenze e di agonia.
Ecco perché l’associazione che fa Freud e dalla quale sono partito per fare questa piccola riflessione a commento – a me sembra – francamente infondata!
© Giovanni Lamagna