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L’aggressività nel rapporto di coppia.

Perché – in molti casi – si diventa estremamente aggressivi nel rapporto di coppia?

Per la ragione molto semplice, persino banale, che il rapporto di coppia è quello nel quale la maggior parte delle persone investe di più.

Come in nessun altro rapporto.

In altre parole noi nel rapporto di coppia – specie all’inizio – tendiamo a ricercare le stesse gratificazioni che abbiamo sperimentato nel rapporto coi nostri genitori, specie nel rapporto con nostra madre.

Anzi tendiamo a cercare perfino le gratificazioni che non siamo riusciti a sperimentare allora, le gratificazioni che ci sono mancate, che non abbiamo ricevuto in quella fase decisiva della nostra vita affettiva.

Vorremmo così riempire – attraverso il rapporto di coppia –  dei vuoti – qualcuno parla addirittura di ferite – che ci portiamo appresso da quando eravamo bambini.

Sta tutta qui la estrema complessità e difficolta dei rapporti di coppia.

E la ragione dei loro numerosi e frequenti fallimenti.

© Giovanni Lamagna

Il fantasma che orienta la nostra libido da adulti.

Ciascuno di noi – come dice Recalcati (“Un cammino nella psicoanalisi” Mimesis 2016; p. 104-105) – insegue un fantasma.

Quel fantasma che – secondo la lezione freudiana – si è formato dentro di noi dopo che il nostro desiderio primario – quello di congiungerci carnalmente col nostro genitore di sesso opposto – è stato castrato (tra i 3 e i 5 anni).

Da allora la nostra vita emotiva, affettiva, sessuale è fondamentalmente impegnata a riparare gli effetti della castrazione subita.

Sono nati, si sono formati, quindi, in noi emozioni, sentimenti, immagini, fantasie, sostituti del desiderio primario (il fantasma, appunto!), che richiedono di essere tradotti in atti.

Da questo momento in poi la nostra vita emotiva, affettiva e sessuale sarà guidata, orientata da questo fantasma.

Per alcuni – che hanno vissuto in maniera particolarmente traumatica la castrazione primaria – questo fantasma diventerà una vera e propria ossessione.

© Giovanni Lamagna

Vita affettiva e vita sessuale.

Penso che non possano essere pienamente felici (della felicità – limitata – che è possibile alla condizione umana) né la persona che ha una intensa vita affettiva ma una vita sessuale insoddisfacente né la persona che ha una vita sessuale intensa ma una vita sessuale insoddisfacente.

Per essere felici (nella misura in cui lo possiamo essere noi umani) occorrono sia una vita affettiva piena che una vita sessuale appagante.

L’una senza l’altra (o viceversa) non garantisce la piena felicità: quella possibile ad un essere umano.

© Giovanni Lamagna

Il superamento della coppia tradizionale/monogamica.

Quali sono, a mio avviso, le condizioni per arrivare al superamento della coppia tradizionale fondata sul principio della cosiddetta “fedeltà” monogamica, da cui derivano per conseguenza prima l’istituto giuridico del matrimonio e poi quello della famiglia, almeno per come li abbiamo conosciuti qui da noi in Occidente da almeno un paio di millenni? Provo ad elencarne alcune.

1) Non bisogna buttare l’acqua sporca con tutto il bambino. Quindi della famiglia tradizionale bisogna salvare tutto ciò che è positivo e funzionale alla crescita umana. Non si può rinunciare frettolosamente e superficialmente alla famiglia tradizionale, se e fino a quando non si trovano strutture alternative che conservino il positivo della famiglia tradizionale e ne superino limiti e difetti.

2) I primi cambiamenti devono avvenire a livello individuale, a livello cioè culturale, dei modi di pensare. Quando questi cambiamenti individuali avranno raggiunto una massa critica, saranno cioè diventati maggioritari nella testa e soprattutto nei cuori delle persone di una determinata popolazione, essi diventeranno nei fatti anche cambiamenti sociali.

3) Questi cambiamenti perciò non potranno che essere graduali, perché bisogna dare alla psiche (che, per sua natura, è lenta ad assorbire e maturare a livello affettivo-emotivo ciò che comprende a livello intellettuale) il tempo di assorbirli, interiorizzarli, metabolizzarli, per poi praticarli concretamente, nella vita effettiva.

4) Le alternative da me più volte proposte non sono e non possono essere, dunque, dietro l’angolo. Anche per un altro motivo, che i marxisti definirebbero “strutturale”. Esse presuppongono, infatti, una diversa struttura economico-sociale, caratterizzata dal superamento della grande proprietà privata e dalla comunione/socializzazione dei principali mezzi di produzione; struttura che non può realizzarsi in breve tempo, ma solo attraverso processi necessariamente lunghi e graduali.

5) Una difficoltà grave, inoltre, ad “aprire” la coppia è quella di trovare un partner che condivida tempi e modi della scelta. Laddove, però, questa esperienza è profondamente e convintamente condivisa da entrambi i membri della coppia, essa non si rivela affatto l’esperienza squallida del “tradimento”, come i più sono portati a pensare. Al contrario l’esperienza di libertà reciproca e condivisa può diventare addirittura esaltante, perché aggiunge adrenalina, dinamismo, fuoco e vitalità al rapporto; in modo particolare – ovviamente – alla sua dimensione erotica.

© Giovanni Lamagna

Come mantenere vivo nel tempo l’eros nei rapporti di amore.

In ognuno di noi si nasconde un animale selvaggio, sotto le forme/apparenze dell’animale addomesticato, che necessariamente siamo dovuti diventare per farci accettare in società e che la società necessariamente deve chiederci di diventare per rendere tollerabile, sostenibile, senza eccessivi stress e conflitti la vita collettiva, per renderla in altri termini “economica”, cioè la casa di tutti, la casa dove è possibile raggiungere il massimo degli obiettivi individuali con il minimo sforzo.

E, però, oltre un certo limite, l’addomesticamento dell’animale selvaggio che è in noi diventa un’esperienza che ha degli effetti indesiderati collaterali, una sorta di amputazione, lobotomia, se non di vera e propria mutazione genetica.

L’addomesticamento dell’animale selvaggio corre il rischio, infatti, di sedare, anestetizzare la nostra libido e di sottrarci, per conseguenza, energie vitali. Il segreto, quindi, della nostra riuscita sta nel tenere sotto controllo l’animale selvaggio, ma senza mai addomesticarlo fino in fondo e del tutto, conservando dunque di esso una buona dose di caratteristiche primitive, “selvagge”, e lasciandola di tanto in tanto (almeno di tanto in tanto) a briglia sciolta.

In questo modo riusciremo a vivere in società, a non essere e non apparire dei pericolosi e radicali sovversivi, a farci accettare dunque dagli altri, dalla maggioranza degli altri, e nello stesso tempo a non tradire la nostra natura profonda, che non ci vuole totalmente integrati e addomesticati nel corpo sociale, ma spiriti liberi e in qualche modo anche un po’ sovversivi e ribelli, se ci teniamo a restare creativi nelle cose che facciamo, specie nelle relazioni che creiamo con gli altri.

In amore ad esempio, dopo essere diventati amanti, mariti o mogli e padri o madri, si tratta, prima o poi, dopo lo svezzamento dei figli o anche prima, di ritornare nuovamente e pienamente amanti, riscoprendo la nostra natura animale (e quindi poligama) di maschi e di femmine.

Questo, lungi dallo spezzare fatalmente e inevitabilmente il legame di fedeltà che ci lega ad una donna o ad un uomo (come i più pensano e temono), lo rinforza, perché lo rivitalizza, gli dà di nuovo energia; energia che tende fatalmente a spegnersi, quando diventa scontato, perché troppo sicuro e del tutto prevedibile.

L’esistenza del terzo (o della terza) può indebolire e, al limite, far scoppiare la coppia, se questa viene vissuta come gabbia, come tana, come prigione comoda, rassicurante, confortevole, anche se, alla lunga, asfissiante.

Ma può anche invece vivacizzarla, darle pepe e nuova anima, se la coppia non è vissuta come rifugio e come riparo, ma come il luogo degli affetti consolidati e teneri, ma non per questo necessariamente esclusivi e possessivi.

L’amore, l’amore vero che si fida, che è sicuro dell’altro e che quindi non ha bisogno delle sue rinunce e del suo sacrificio, non solo è disposto a concedere all’altro/a che egli /ella abbia altri legami, altri amori, ma se ne avvantaggia, perché lo trova eccitante.

Il pensiero che la “mia” donna abbia rapporti con altri maschi, che sia desiderata da altri maschi, lungi dall’indurmi in gelosia, rinnova, rinfocola, eccita il mio desiderio per lei, lo ringiovanisce, lo fa ritornare agli albori dei nostri primi incontri.

E, quindi, è terapeutico, medicina, farmaco, contro il ristagno del sentimento erotico, che fatalmente tende ad appassire col tempo, quando nell’altra si afferma prima la moglie e poi la madre e si spegne la femmina, che originariamente mi aveva attirato a sé, sedotto.

La stessa cosa credo valga anche per la donna (o, meglio, per la femmina) nei confronti del maschio. Anche se purtroppo la donna tende a reprimere questa istanza e a impedire, il più delle volte, che essa affiori alla consapevolezza.

Per cui è più facile che una donna, una volta diventata moglie e, soprattutto, dopo essere diventata madre, tenda ad accucciarsi in questi due ruoli e a rinunciare alle sue istanze ed esigenze di femmina.

Convinta che in questo modo si conquisterà la devozione e la fedeltà del marito, che, nella maggioranza dei casi, effettivamente, a livello conscio, questo vuole e questo le fa credere, ma che, invece, a livello inconscio, desidera esattamente l’opposto.

Tanto è vero che in moltissimi casi si va a cercare la femmina altrove e si trova quindi l’amante, operando quella scissione che è tipica del matrimonio e delle coppie tradizionali: il matrimonio è il luogo della tenerezza e degli affetti, il rapporto extraconiugale è il luogo della eccitazione e dell’eros.

In questo modo l’esito del rapporto di coppia è la rinuncia all’eros, quasi questo fosse un esito scontato, il prezzo inevitabile da pagare alla sicurezza del legame matrimoniale e alla dolcezza della maternità.

Io penso, invece, che questo non sia affatto un esito inevitabile. A patto però di avere coraggio, di saper sperimentare nel proprio rapporto di coppia un’apertura ancora oggi inconsueta, a patto di saper vincere l’inevitabile e naturale istinto di possesso e il conseguente sentimento di gelosia.

A patto che ci si apra ad una concezione dei rapporti uomo/donna (anzi maschio/femmina) del tutto inedita. Una concezione che preveda una pluralità di legami, nella fedeltà a ciascuno di essi.

Fedeltà, che può sembrare paradossale, ma in fondo non lo è, se pensiamo a cosa è l’amicizia. Nell’amicizia io mi sento profondamente legato e fedele al mio amico, ma questo non mi impedisce di essere altrettanto profondamente legato e fedele ad altri amici.

E questo sentimento plurimo in genere è vissuto senza particolari gelosie e pretese di possesso esclusivo. Anzi, quando tali sentimenti si manifestano, vengono di solito giudicati negativamente dal contesto sociale che ci circonda.

Viene allora da chiedersi: perché quello che viene considerato legittimo, anzi del tutto sano e auspicabile per l’amicizia (più amici ho e più ricca è la mia vita sociale ed affettiva) viene considerato invece illegittimo e addirittura immorale nel matrimonio o nei rapporti cosiddetti di amore, nei rapporti cioè nei quali, oltre all’affetto e alla stima reciproci (come nell’amicizia), c’è anche un’implicazione sessuale (che, di solito, nell’amicizia non c’è)?

© Giovanni Lamagna