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L’aggressività nel rapporto di coppia.

Perché – in molti casi – si diventa estremamente aggressivi nel rapporto di coppia?

Per la ragione molto semplice, persino banale, che il rapporto di coppia è quello nel quale la maggior parte delle persone investe di più.

Come in nessun altro rapporto.

In altre parole noi nel rapporto di coppia – specie all’inizio – tendiamo a ricercare le stesse gratificazioni che abbiamo sperimentato nel rapporto coi nostri genitori, specie nel rapporto con nostra madre.

Anzi tendiamo a cercare perfino le gratificazioni che non siamo riusciti a sperimentare allora, le gratificazioni che ci sono mancate, che non abbiamo ricevuto in quella fase decisiva della nostra vita affettiva.

Vorremmo così riempire – attraverso il rapporto di coppia –  dei vuoti – qualcuno parla addirittura di ferite – che ci portiamo appresso da quando eravamo bambini.

Sta tutta qui la estrema complessità e difficolta dei rapporti di coppia.

E la ragione dei loro numerosi e frequenti fallimenti.

© Giovanni Lamagna

Ragione, emozioni e sentimenti

La mente, la ragione, l’intelletto possono arrivare fino ad un certo punto.

Poi ci sono le emozioni, i sentimenti, gli affetti, che sopperiscono ai vuoti, alle mancanze, alle défaillances della mente, della ragione, dell’intelletto.

E meno male!

Altrimenti sai che noia…

© Giovanni Lamagna

L’uomo e la donna sono tendenzialmente poligami non monogami

Io penso che nessun uomo e nessuna donna siano in grado di soddisfare appieno, totalmente le aspettative erotico-sessuali, emotivo-affettive, intellettuali- culturali, spirituali in senso lato, di un altro uomo o di un’altra donna.

Ci sarà uno o una che ne soddisferà soprattutto quelle erotico-sessuali, un altro o un’altra che ne soddisferà soprattutto quelle emotivo-affettive, altri o altre ancora che ne soddisferanno soprattutto quelle intellettuali-culturali o quelle spirituali.

Sarà difficile, molto difficile anzi io dico impossibile, che li soddisferanno tutti allo stesso modo e in uguale misura; soprattutto nessuno/a che li soddisferà tutte in maniera totale, completa.

In altre parole non esiste per me la cosiddetta “anima gemella”, sulla cui esistenza l’amore romantico ha costruito un vero e proprio mito.

Ma l’avevano fatto già molti secoli prima Platone e poi, per certi aspetti, anche Dante e, con lui, i “dolcestilnovisti”.

D’altra parte la natura ci ha voluto diversi, ognuno con i suoi pregi e i suoi difetti, coi suoi pieni e i suoi vuoti, con le sue doti e le sue défaillances.

Perché, dunque, un uomo o una donna in particolare dovrebbero corrispondere in tutto e per tutto al nostro ideale di uomo o di donna?

Siamo tutti diversi/e l’uno/a dall’altro/a ed è difficile a volte stabilire chi è più amabile o più desiderabile; né più e né meno di come è difficile stabilire se è più bella una rosa o una gardenia, più bello un garofano o un girasole, più buona e saporita una mela o una pera o una pesca.

Penso, quindi, sia naturale che ogni uomo ed ogni donna, trascorsa la fase inevitabilmente transitoria dell’innamoramento per una singola donna o per un singolo uomo, quello o quella che ci fa perdere la testa per un singolo uomo o una singola donna, come se al mondo non esistessero altri uomini e altre donne, avverta prima o poi, in maniera più o meno forte o appena latente, delle spinte centrifughe, delle attrazioni, dei desideri per altri uomini e per altre donne.

A mio avviso tali spinte sono del tutto normali e naturali, non hanno niente di perverso e disdicevole; anzi trovo strano che alcuni/e (almeno stando a quello che dicono) non le avvertano.

In altre parole ritengo che la natura abbia dotato ciascun uomo e ciascuna donna di una propensione poligama e non monogama nelle relazioni affettive.

Non solo nelle amicizie (cosa questa su cui tutti concordano, ovviamente), ma anche nelle cosiddette relazioni amorose (cosa su cui i più, invece, dissentono profondamente, a volte addirittura violentemente; forse perché una tale tesi va a smuovere in loro pulsioni profondamente sepolte o del tutto rimosse).

Ora, se la natura ci ha fatti così, non vedo perché dovremmo andare contro natura, imponendoci delle restrizioni, che non solo non ci danno – come è ovvio – piacere (perché limitano la nostra libertà, inibiscono i nostri desideri, ci fanno sentire costretti e non spontanei) ma ci fanno anche psicologicamente (e talvolta persino fisicamente) del male.

Nel senso che limitano la nostra possibilità di realizzazione, di arricchimento umano sotto molteplici aspetti: erotico-sessuale, emotivo-sentimentale, intellettuale-culturale, spirituale in senso lato.

Io sostengo, quindi, che, una volta assolti i propri compiti, diciamo pure i propri doveri, genitoriali nei confronti dei figli, un uomo e una donna, quand’anche provassero ancora amore l’uno per l’altro (cosa che io reputo – sia ben inteso – del tutto auspicabile e desiderabile), dovrebbero poter liberare la loro propensione poligama e poter costruire una molteplicità di altre relazioni di amore, anche (perché no?) sessuali, oltre a quella (basica, di partenza) costituita dalla relazione con il padre o con la madre dei propri figli.

Ciò non solo non danneggerebbe questo primo e originario rapporto d’amore, ma potrebbe addirittura favorirlo, costringendolo a vincere la pigrizia della routine e a rinnovarsi continuamente, per poter reggere così alla “concorrenza” (il termine è infelice, lo so, ma non ne trovo adesso un altro ugualmente efficace) dei nuovi amori che ciascuno dei due partner incontrerà (o quanto meno potrebbe incontrare) sul proprio cammino di vita.

Ovviamente la condizione perché questo si verifichi è che i due partner abbiano la capacità di controllare e di vincere il male oscuro dell’istinto di possesso e della gelosia che dall’istinto di possesso inevitabilmente consegue, rinunciando alla pretesa (in fondo, a pensarci bene, un po’ infantile) di avere il partner tutto, sempre e solo, per sé; e dimostrandosi all’incontrario disponibili a “condividerlo” con altri/e partner.

Privilegiando quindi rispetto al fattore quantità del tempo trascorso insieme, (magari spesso in maniera routinaria e perciò in molti casi scialba e noiosa) quello di una sua migliore e maggiore qualità.

© Giovanni Lamagna