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Comporre il selvaggio primitivo con l’essere civilizzato.

Avverto ogni tanto (direi addirittura spesso) il bisogno/desiderio di liberare la bestia che è in me.

Poi, per carità, magari un attimo dopo, avverto anche il bisogno/desiderio di recuperare il controllo sulla bestia che per qualche momento ho liberato.

E, intanto, però, ho la sensazione che, se non facessi la prima cosa (almeno di tanto in tanto), non starei bene neanche nel fare la seconda.

Credo che il benessere per l’uomo (quella quota di benessere che gli è consentita) stia nel trovare il giusto equilibrio tra il selvaggio primitivo, quasi bestiale, che siamo stati nella preistoria, e l’essere civilizzato, che siamo diventati con l’avvento della storia.

© Giovanni Lamagna

Tre alternative al “selvaggio/civilizzato”.

Ci sono tre alternative al “selvaggio/civilizzato” ovverossia all’uomo che si è civilizzato, evoluto, senza perdere però il contatto con la sua natura primigenia, con le sue radici animali.

La prima è, naturalmente, il “selvaggio/bestiale”, ovverossia l’uomo che rimane bestia, che non si è evoluto, che si comporta in un modo più vicino a quello degli animali che a quello degli umani.

La seconda è la negazione stessa del “selvaggio”, ovverossia l’uomo pienamente addomesticato, integralmente conforme ai modelli sociali prevalenti; quindi, in qualche modo, artefatto, artificiale, inautentico, non genuino.

La terza è la sublimazione totale del “selvaggio” in nome di uno spiritualismo sovraumano o, meglio, extraumano, angelicato e, quindi, negatore della realtà materiale della vita, del valore della corporeità.

Queste tre alternative non si presentano mai (tranne che in rari casi) in maniera secca, integrale, nella stessa persona, ma piuttosto in forme e gradi diversi, perfino a seconda dei momenti e delle situazioni.

È difficile incontrare un uomo rimasto “selvaggio” al livello giusto e “civilizzato” nel modo giusto.

Perfino Freud ritiene che l’uomo debba inevitabilmente pagare un dazio pesante alla natura (e quindi al suo essere “selvaggio”), per diventare pienamente “civilizzato”.

In ciò consiste, appunto, il “Disagio della civiltà”, oggetto di un suo saggio famoso del 1930.

© Giovanni Lamagna

C’è selvaggio e selvaggio… (2)

C’è un “selvaggio” che è puro istinto: l’ES freudiano; o altrimenti l’animale allo stato puro.

Che non si concilia con l’umano; quando è presente nell’uomo, è – possiamo dire – l’umano bestiale.

Ma c’è anche un “selvaggio” educato, che la civiltà ha preservato (almeno in parte), senza troppo edulcorarlo, addomesticarlo o addirittura negarlo.

È il selvaggio che l’IO freudiano non sente la necessità di colonizzare, trasformare, perché ha superato il vaglio del “principio di realtà” e allo stesso tempo non si è conformato alle richieste/censure del Super-io freudiano.

È un selvaggio che potremmo definire nobile, pienamente compatibile con “l’umano”.

A volte come istanza psichica anche molto esteso e niente affatto residuale.

Fortunato chi è riuscito a conservare dentro di sé questo “selvaggio”, resistendo ai divieti e alle seduzioni omologanti e confortevoli del Super-io!

© Giovanni Lamagna

Sesso e consenso.

Nel sesso tutto è moralmente (oltre che giuridicamente) lecito, se incontra il consenso libero dell’altro/a e se non offende la sensibilità, il “senso del pudore” di terzi.

Sono leciti tutti i desideri, tutte le fantasie, tutte le parole, tutte le posizioni, tutte le situazioni, perfino quelle che una volta la psichiatria giudicava “perversioni”.

Dal momento che – come ci hanno insegnato Freud e la psicoanalisi, rivoluzionando la psichiatria classica – la sessualità umana, al contrario di quella bestiale, è per sua natura “perversa e polimorfa”.

Nel senso che l’uomo riesce, quando vuole, a separarla (perciò, “perversa”) dal suo scopo biologico primario, quello della procreazione, ed è capace di viverla nelle forme più varie e diverse (perciò, “polimorfa”).

Ovviamente per consenso libero si intende un consenso non comprato, non ricevuto per circonvenzione d’incapace, né, tantomeno, estorto con la violenza fisica o morale.

Ogni riferimento a Silvio Berlusconi (pace all’anima sua!) è puramente casuale; anche se la sua morte recente mi ha dato lo spunto per questa riflessione.

© Giovanni Lamagna