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Sesso e consenso.

Nel sesso tutto è moralmente (oltre che giuridicamente) lecito, se incontra il consenso libero dell’altro/a e se non offende la sensibilità, il “senso del pudore” di terzi.

Sono leciti tutti i desideri, tutte le fantasie, tutte le parole, tutte le posizioni, tutte le situazioni, perfino quelle che una volta la psichiatria giudicava “perversioni”.

Dal momento che – come ci hanno insegnato Freud e la psicoanalisi, rivoluzionando la psichiatria classica – la sessualità umana, al contrario di quella bestiale, è per sua natura “perversa e polimorfa”.

Nel senso che l’uomo riesce, quando vuole, a separarla (perciò, “perversa”) dal suo scopo biologico primario, quello della procreazione, ed è capace di viverla nelle forme più varie e diverse (perciò, “polimorfa”).

Ovviamente per consenso libero si intende un consenso non comprato, non ricevuto per circonvenzione d’incapace, né, tantomeno, estorto con la violenza fisica o morale.

Ogni riferimento a Silvio Berlusconi (pace all’anima sua!) è puramente casuale; anche se la sua morte recente mi ha dato lo spunto per questa riflessione.

© Giovanni Lamagna

Età avanzata, vecchiaia e poliamore.

Più volte negli ultimi tempi, alcuni amici, che leggono spesso (bontà loro!) questi miei articoletti, mi hanno chiesto, tra il serio e il faceto, se le mie frequenti riflessioni sulla sessualità (in modo particolare la mia critica alla monogamia e una certa sponsorizzazione da parte mia della pratica, che si va sempre più diffondendo oggi, del “poliamore”) avessero a che fare con la mia incombente vecchiaia.

Sotto, sotto, in maniera manco troppo celata, per quanto scherzosa e pur sempre amichevole, questi amici paventavano – ho avuto l’impressione – una mia tendenza ossessiva verso questi argomenti e forse anche un vegliardo delirio di onnipotenza, proprio quando obiettivamente l’età oramai molto avanzata non favorisce certo la plenitudine della vita sessuale e delle sue prestazioni.

Sono consapevole che tali allusioni (e forse financo preoccupazioni) potrebbero avere (e, forse hanno) un qualche fondamento e perciò intendo confrontarmi con esse, senza sottrarmi non solo all’ironia, per quanto (almeno apparentemente) benevola, bonaria, ma anche alle critiche eventuali verso una posizione ritenuta non solo estremista, utopistica, ma persino stonata (in una persona della mia età) e, quindi, tutto sommato patetica.

A queste critiche velate, per quanto – ripeto – rivestite di bonarietà ed intatta amicizia, dopo essermi esaminato, come faccio di solito quando qualcuno mette in discussione le mie “certezze”, rispondo con i tre argomenti che seguono.

1 Mi capita da alcuni anni non solo di scrivere (come faccio oramai da decenni) privatamente sul mio diario, ma di rendere pubbliche (via email, facebook e su qualche libretto) le mie riflessioni su tutta una varietà di argomenti, tra i quali quello relativo alla sessualità.

Lo faccio, forse, “anche” per una forma di esibizionismo e, quindi, di narcisismo: questo non posso escluderlo del tutto.

Ma, se fosse solo per narcisismo, voglio dire per un narcisismo smaccato ed acclarato, credo che in fondo me ne vergognerei e che non oserei sfidare il fastidio che esso inevitabilmente e giustificatamente provocherebbe in quelli a cui indirizzo le mie riflessioni, per quanto amici (e, quindi, tolleranti nei miei confronti) essi possano essere.

Cosa è, allora, che mi spinge a rendere pubbliche certe riflessioni che non solo sono molto intime, ma spesso toccano argomenti che solitamente si tengono riservati e che (forse) possono addirittura offendere il senso del pudore di coloro che mi leggono o, almeno, di alcuni di loro?

La risposta (meditata) è questa: io considero la vita un viaggio e, come del resto accade a molti viaggiatori, a me piace raccogliere “note di viaggio”, quelle che io considero “mappe di orientamento”, relative ai sentieri e alle vie che sto percorrendo o che ho già percorso.

Ritengo allora di offrire una sorta di “servizio pubblico” rendendo manifeste queste mie “note di viaggio” e queste mie “mappe di orientamento”.

Può darsi pure, anzi è molto probabile, che esse non risulteranno utili a o attraenti per nessuno; ma, quand’anche dovessero risultare utili o attraenti anche solo in qualche sporadico caso e anche solo ad uno dei miei sparuti lettori (come talvolta mi succede di avere riscontro), la mia sensazione (potrei dire anche la mia convinzione) è di non aver soddisfatto solo una mia sterile pulsione narcisistica, come forse ai più apparirà.

Dunque, in sintesi e per tentare di dare una risposta alla domanda che mi sono fatto poco sopra, se io oggi rendo pubbliche certe mie riflessioni su sessualità e dintorni, non lo faccio tanto perché penso di poter mettere (io) in pratica le cose che mi capita di sentire, comprendere e di scrivere, ma perché penso e spero che esse possano risultare utili e attraenti in qualche modo a chi verrà dopo di me, a chi è più giovane di me, in qualche modo traendo frutto e facendo tesoro (anche) da quanto io ho potuto sperimentare nel corso della mia vita, comprese le mie frustrazioni e i miei fallimenti, anzi traendo insegnamenti soprattutto da questi ultimi.

E’ forse presunzione la mia? Può darsi. Ma non ne sono del tutto sicuro. Anzi in tutta sincerità non lo penso affatto. E allora oso scrivere di certi argomenti, anche se a qualcuno la mia potrà sembrare presunzione e vanità. Disposto ad affrontare, dunque, a viso aperto, le critiche e le ironie che me ne verranno.

2. Io non penso affatto (come, forse, i più – a mio avviso con troppa faciloneria tendono a ritenere – compresi alcuni illustri psicologi e psicoanalisti, di cui ho letto molto, quali – per fare solo due nomi – Galimberti e Recalcati) che il cosiddetto “poliamore” sia sinonimo di dongiovannismo, di casanovismo e (meno che mai) di ossessione, dipendenza, mania sessuale, ipersessualità.

Che in alcuni casi sia “anche” questo, forse, è vero; che alcuni puri e semplici maniaci sessuali possano definirsi oggi (visto che il termine è in voga) poliamorosi, è probabile.

Questo però non vuol dire che tale identificazione sia giusta ed appropriata sempre e per chiunque oggi si definisca “poliamoroso”.

Cosa è, infatti, per me il “poliamore”? E’ una visione dell’amore e della sessualità che si distacca, distingue, da quello che è stato finora il modo prevalente di vedere e di vivere sia l’uno (l’amore) che l’altra (la sessualità), fondato sulla esclusività del sentimento e del legame.

E’ l’idea, anzi la convinzione, che un amore non escluda altri amori, che più amori possano convivere serenamente e apertamente in contemporanea, senza sotterfugi e inganni (come, purtroppo, è avvenuto in passato – per secoli, anzi millenni – e come avviene anche oggi nella maggior parte dei casi), se il sentimento del possesso e quello della gelosia (che scattano inevitabilmente quando un amore nuovo insorge in presenza di un amore “vecchio”, ma ancora vivo) vengono educati e superati.

Non è, insomma, niente affatto la ricerca ossessiva, spasmodica e, quindi, anche per me del tutto nevrotica, se non addirittura psicotica, di più legami amorosi e sessuali; in questo caso, a dire il vero, in genere più sessuali che amorosi.

E’, invece, la disponibilità serena, tranquilla, niente affatto ossessiva, a viversi più legami amorosi, laddove se ne presentassero le condizioni, le opportunità e laddove questi fossero occasioni di crescita e di arricchimento di tutti i legami amorosi in atto.

Il poliamoroso, dunque, non ha niente a che fare con gli archetipi del don Giovanni e del Casanova, i quali vivono le loro conquiste amorose come trofei da aggiungere ad una metaforica galleria/bacheca, da ostentare con fanatico e narcisistico orgoglio.

Il poliamoroso è semplicemente una persona aperta, che rimane aperta anche quando vive un legame amoroso solido e ancora valido, perché sperimenta che un nuovo amore non cancella quello precedente e che gli amori (se sono veri amori) non si escludono a vicenda.

Il poliamoroso è oltretutto una persona che (al contrario del dongiovanni) dà molta più importanza all’amore che al sesso; anche se non sottovaluta affatto il sesso, perché ha sperimentato ed è convinto che il sesso è (o, almeno, può essere) una delle manifestazioni dell’amore, in molti casi la sua espressione più intima e profonda.

3. I due argomenti precedenti se ne tirano dietro un terzo, che è il seguente: almeno in linea teorica, anche una persona anziana può essere aperta alla poliamorosità; perché questo non comporta nessun velleitarismo, nessuna smania di prestazioni sensazionali, nessuna ricerca spasmodica e ossessiva di nuove performance amorose e, meno che mai, sessuali.

Comporta solo un’apertura mentale e il superamento di alcuni tabù consolidati che le epoche precedenti ci hanno trasmessi e di cui un po’ tutti quanti noi, anche i più disponibili ai cambiamenti, facciamo fatica a liberarci.

Sono convinto che anche una persona anziana possa, anzi debba, rimanere aperta a nuovi incontri e possa assaporare addirittura nuovi amori; questi, se gli capiteranno, non potranno che fare bene alla sua salute, a quella fisica e a quella psicologica.

Ovviamente, però, non dovrà confondere i nuovi amori col “primo vero grande amore”; non dovrà confondere il nuovo amore con l’amore dei suoi sogni, secondo l’idea romantica, ancora dura a morire e largamente prevalente anche tra gli anziani.

Ma, soprattutto, non dovrà perdere la testa confondendo la “novità” con la “superiorità” del nuovo amore rispetto a quello “vecchio”, già in corso e, oramai, datato; dovrà conservare la lucidità di pensare che un amore nuovo non cancella (necessariamente) l’amore che lo ha preceduto, ma che i due amori possono convivere benissimo, se ci si educa ad un modo meno rigido e convenzionale, più aperto e flessibile, di vivere i propri rapporti.

Infine, con l’avanzare sempre più incalzante dell’età dovrà, forse, prendere atto che la stagione degli amori plurimi per lui è finita e che, nel migliore dei casi, egli oramai sarà in grado di viversene uno solo.

Ma questo dato di realtà non gli chiederà affatto di rinnegare la teoria e la pratica poliamorose; che, se non varranno più per lui, saranno valide comunque per quelli più giovani di lui; e, quindi, comunque degne di essere da lui condivise e propagandate, almeno in teoria, se non nella pratica reale.

Che è esattamente il mio caso; per questo mi capita di parlarne spesso, anche a costo di sottopormi all’ironia benevola di amici e conoscenti.

Non certo perché io pensi che alla mia età si possa realisticamente mettere in pratica la teoria poliamorosa.

Ma perché penso che parlarne possa favorire (specie nei molto più giovani di me) un nuovo modo di pensare l’amore e la sessualità e contribuire quindi alla nascita di una società più aperta, più libera, più tollerante, oltre che meno ipocrita, di quella attuale.

© Giovanni Lamagna

Apparire belli, essere belli ed esibire la propria bellezza

Per apparire belli, occorre oggettivamente essere belli, ma bisogna anche non aver un eccessivo e immotivato senso del pudore.

Occorre cioè essere sufficientemente assertivi per mostrare, valorizzare, aggiungiamo pure esibire, la propria bellezza.

Occorre, in altre parole, essere avvenenti; che vuol dire non solo essere belli, ma anche disinvolti, spontanei, gioiosi di esserlo.

Ci sono, invece, uomini e donne che tendono a mettere in ombra la propria bellezza, quasi a mimetizzarla, come se ne provassero una sorta di imbarazzo, disagio.

E che, quindi, appaiono, si mostrano agli altri, meno belli di quanto oggettivamente siano, meno attraenti di quanto potrebbero essere.

© Giovanni Lamagna