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Letterina di Pasqua 2023

Io non credo in nessun Dio che risorge.

Credo però nella possibilità che l’uomo possa rialzarsi dalle sue cadute,

che ogni giorno possa diventare una persona un poco migliore.

Credo nei piccoli passi, nei piccoli gesti,

quelli che appena si notano

o non si notano per nulla

ma che, a lungo andare, fanno la Storia.

Non credo nei miracoli: quelli soprannaturali.

Credo però che un sorriso, una carezza,

la parola giusta detta al momento giusto,

un gesto di aiuto, un atto di solidarietà,

la fraternità, l’amicizia, l’amore

possano fare miracoli: quelli naturali.

Simili al seme che prima muore e poi dà frutto,

all’arcobaleno che colora il cielo dopo la tempesta,

al sole che risorge ogni giorno,

al corpo stanco che va dormire la sera e

si risveglia fresco e riposato la mattina dopo,

al tempo che guarisce molte ferite, corporali e spirituali.

Queste sono le resurrezioni in cui credo!

© Giovanni Lamagna

Possiamo fare a meno di una nostra visione del mondo?

Krishnamurti, nel suo libro “La quiete della mente” (Ubaldini, Editore; 2021), a pag. 100, così scrive: “… i sistemi non purificano la mente e non liberano il cuore dalle cose della mente.”

Per “sistema” egli intende “un metodo”, “un ideale”, “un credo”, una “fede”, “un particolare modello di attività”.

Cosa penso di una tale tesi?

Penso che – in linea teorica e di principio – Krishnamurti abbia ragione: i sistemi in qualche modo ci limitano, ci ingabbiano, ci condizionano.

Allo stesso tempo, però, ritengo che non possiamo fare a meno dei “sistemi”, cioè di una certa visione del mondo; non possiamo prescinderne.

D’altra parte, in fondo, lo stesso Krishnamurti porta avanti, propugna una sua particolare visione del mondo, quindi un suo sistema di vita.

E allora?

Credo che la parte di verità di quello che dice Krishnamurti stia in questo: ciascuno di noi non può fare a meno di avere un suo sistema di vita, una sua visione del mondo.

Non deve però chiudersi in questo sistema e diventarne prigioniero.

Il suo sistema deve rimanere aperto ai cambiamenti, sempre.

Deve essere disponibile ad evolvere, financo, se è il caso, a negare sé stesso.

La vita è, infatti, movimento.

Pertanto tutto ciò che contribuisce a fermarla, bloccarla (anche le cose che per un certo tempo e fino ad un certo momento ci hanno reso felici) è negativo, perché interrompe o, quantomeno, ostruisce il nostro flusso vitale.

Bisogna avere (è impossibile non averla) una propria visione del mondo; senza di essa deraglieremmo come un treno uscito fuori dai binari, oscilleremmo come una canna al vento.

Ma la nostra visione del mondo deve essere e restare sempre aperta, disponibile ad essere messa in discussione in qualsiasi momento.

© Giovanni Lamagna

Credo quia absurdum?

Affermare “credo quia absurdum” ritengo sia una contraddizione in termini.

Infatti, se Dio esiste, è senz’altro Lui che ci ha donato l’intelletto, il raziocinio.

Ora, se Dio ci ha dotati di intelletto, è evidentemente perché lo usiamo, non certo perché lo neghiamo.

Come si può quindi affermare l’esistenza di Dio, mettendoci sotto i piedi la ragione di cui egli stesso ci avrebbe dotati?

© Giovanni Lamagna

Esperienza mistica e sentimento religioso.

L’esperienza mistica e il sentimento religioso non sono la stessa cosa.

Si può avere, infatti, una esperienza mistica, senza essere allo stesso tempo credenti o fedeli di una determinata religione.

Come, al contrario, si può essere uomini di religione, senza essere per questo dei mistici.

L’esperienza mistica è, nella sua essenza, il superamento del senso di caos e, quindi, di frammentazione e dispersione, che tutti (chi più e chi meno) ci caratterizza all’origine, quando veniamo al mondo.

E che di solito è arginato (ma solo arginato, mai radicalmente e definitivamente risolto) dall’amore, dall’affetto, dalla cura di coloro che ci accolgono al momento della nostra nascita. E che poi si occupano del nostro allevamento e della nostra crescita nel periodo (particolarmente lungo per il cucciolo uomo) in cui non siamo autonomi per il soddisfacimento dei nostri bisogni primari, elementari.

E’, quindi, arginato in primis, dai nostri genitori, laddove essi si confermano come veramente tali. Cioè non semplici trasmettitori della vita del corpo, ma anche di quella della psiche.

Quella mistica è, dunque, l’esperienza di una soddisfacente unità interiore e di una adeguata motivazione al vivere. E’ l’esperienza che la vita ha un senso, per quanto limitato, per quanto tutto interno alla vita stessa, quindi valido per noi e non necessariamente universale, anche quando non se ne trova nessun fondamento metafisico.

Il sentimento religioso, invece, più che un’esperienza è un credo, è una fede.

Ha bisogno, quindi, di un insieme (potremmo anche dire, di un sistema) organico di credenze, al quale il fedele religioso attribuisce in qualche modo un valore universale, perciò dogmatico, anche se non ne può dare nessuna dimostrazione scientifica e manco razionale.

Ecco perché, allora, si può essere dei mistici, senza essere allo stesso tempo credenti o fedeli di una determinata religione.

Come, al contrario, si può essere uomini di religione, senza essere per questo dei mistici.

Anche se, devo ammettere, si può essere allo stesso tempo mistici e religiosi. Anzi, dirò di più: la religione aiuta, dà una mano a diventare mistici.

Come si può intuire tra le righe di questo mio scritto, però, ciò che ha valore essenziale per me è l’esperienza mistica, non l’esperienza religiosa. La prima (azzarderei) è indispensabile al buen vivir. La seconda no. Della seconda si può fare a meno, se si vuole vivere bene. Della prima no.

Giovanni Lamagna