Archivi Blog

L’amore per gli altri.

L’amore per gli altri è premio a sé stesso.

Non ha bisogno dell’attesa di ricompense o premi.

Non ha bisogno, quindi, di sperare nel Paradiso.

Che è pura illusione.

In questa falsa speranza sta l’aspetto più caduco del Cristianesimo.

Il nocciolo duro del messaggio cristiano sta nell’amore per gli altri.

Che ci salva dal narcisismo, dall’egocentrismo, dal triste e malsano ripiegamento su noi stessi.

E, quindi, è terapeutico.

Perciò basta a sé stesso; non ha bisogno di premi o ricompense in un aldilà ipotetico.

© Giovanni Lamagna

La scelta della castità.

La scelta della castità da parte dei preti e dei religiosi è motivata – tra l’altro – dall’idea che nell’altra vita, dopo la morte, non esisterà più il sesso, saremo tutti esseri angelicati, quindi asessuati.

La castità vorrebbe essere quindi un’anticipazione di quella che sarà la vita ultraterrena, un’anticipazione della “beatitudine” di cui godremo in Paradiso, nel contatto, nell’unione con Dio.

Se ne deduce che, anche in questa vita, si dovrebbe vivere meglio essendo casti che non essendolo.

Ma quelli che hanno fatto una tale scelta possono davvero affermare una cosa simile: di essere più felici di coloro che hanno una normale vita sessuale?

Ho i miei dubbi.

Quindi che senso ha fare una simile scelta, fosse anche per amore di Dio?

© Giovanni Lamagna

Inferno dentro e paradiso fuori.

Si può avere l’inferno dentro e comunicare il paradiso fuori?

Sì che si può!

Lo testimoniano, ad esempio, gli artisti.

Che, spesso, sono capaci di trasformare la loro “notte oscura” (vedi van Gogh) in splendore di bellezza.

Anche in questo (come in molte altre cose) gli artisti mi ricordano i mistici.

Anche per questo la creazione artistica mi appare come una sorta di miracolo.

© Giovanni Lamagna

Quando si è innamorati… e quando non si è più innamorati…

Quando si è innamorati, il cielo risplende sopra di noi e sembra che tutto stia al suo posto attorno a noi, che il mondo funzioni a meraviglia.

La vita sembra (quasi) un paradiso.

Quando non si è più innamorati, lo scenario cambia completamente: il cielo si rannuvola sopra di noi e tutto sembra funzionare male attorno a noi.

La vita diventa un purgatorio; in certi momenti addirittura un inferno.

© Giovanni Lamagna

Inferno e paradiso (2).

Quello che Calvino chiama “l’inferno dei viventi” non deve essere proprio del tutto e solo un inferno, se ci teniamo tanto a restare in vita.

Tutti; senza distinzioni; chi più e chi meno.

La vita, anzi, può destinarci perfino spicchi e momenti di “paradiso” (come, del resto, lo stesso Calvino riconosce), se siamo in grado di coglierli e goderne, quando ci capitano.

© Giovanni Lamagna

L’inconscio.

L’inconscio contiene l’inferno e il paradiso, l’angelo e il diavolo, le cime e gli abissi, il caldo e il gelo, il bianco e il nero…

L’inconscio è un miscuglio, una miscela di opposti.

© Giovanni Lamagna

Gli altri: inferno o/e paradiso?

Cosa dire dell’affermazione sartriana “l’inferno sono gli altri”?

Io dico: è vera; a patto di affermare anche “il paradiso sono gli altri”.

Gli altri, è vero, sono l’inferno, innanzitutto perché rappresentano per noi il limite alla nostra libertà, al nostro desiderio smisurato di godimento.

E poi perché spesso sono il muro di fronte al quale andiamo a sbattere, il muro della incomunicabilità, talvolta della denegazione, del misconoscimento.

Ma gli altri sono anche il paradiso, nella misura in cui ci costringono ad uscire da noi stessi, dalla prigione del nostro Io.

E di sperimentare, almeno di tanto in tanto, la connessione, l’affetto, l’intesa, l’empatia, la simpatia, la solidarietà, il sentirci parte di un Tutto.

Per brevi istanti, magari; ma pur sempre reali, importanti, pesanti nella nostra decisione di voler continuare a vivere; nonostante tutto.

© Giovanni Lamagna

Inferno e paradiso

Che cos’è per me l’inferno?

Che cos’è per me il paradiso?

Non sono realtà che riguardano il futuro o l’aldilà.

Riguardano entrambi il qui ed ora.

Hanno a che fare con la pace e con la guerra, con l’amore e con l’odio.

La guerra e l’odio sono per me l’inferno.

La pace e l’amore sono per me il paradiso.

Molto concretamente; senza necessità di fare ricorso a scenari futuribili.

© Giovanni Lamagna

Se le religioni non esistessero, bisognerebbe inventarle

Se le religioni non esistessero, bisognerebbe inventarle; e questo vale, a mio avviso, addirittura, anche per i cosiddetti atei.

Gli uomini, infatti, sono geneticamente strutturati per credere, avere fede in qualcosa; anche se ovviamente non per credere in una qualsiasi cosa; non certo per credere nelle favole.

Questo qualcosa non è detto che debba essere o chiamarsi Dio, come lo è nel caso delle religioni classiche; se non si chiamerà Dio, si chiamerà però in un altro modo.

Perché l’uomo ha strutturalmente bisogno di dare un senso alla propria vita e di darsi un compito o dei compiti, che siano conseguenza del senso o coerenti con il senso trovato.

E, per fare questo, ha bisogno di credere in qualcosa, di avere una sua “visione del mondo”; quella che la filosofia tedesca ha definito con un termine oramai classico: “weltanschauung”.

Questo (più che i miti, i dogmi, i riti, i sacerdoti…) è ciò che caratterizza (profondamente, strutturalmente) l’atteggiamento religioso, la dimensione religiosa della vita.

Senza di cui l’uomo non campa, non può campare bene; anzi corre il rischio, come in molti casi è accaduto, di finire disperato; e questo è ciò che alcuni chiamano “Dio”; anche se non necessariamente deve chiamarsi così.

Ecco perché all’inizio dicevo che, se le religioni non esistessero, l’uomo dovrebbe inventarle; che è, appunto, quello che ogni uomo fa, più o meno consapevolmente.

Lo fece perfino la Rivoluzione francese, che – dopo aver eliminato e dichiarato fuori legge la religione tradizionale – se ne creò una sua propria, fondata sulla dea Ragione.

E lo fece anche la Rivoluzione russa che mirò al “socialismo realizzato” come al nuovo Paradiso in terra, creando suoi miti, dogmi, riti, “sacerdoti” e, persino, inquisitori, custodi dell’ortodossia.

© Giovanni Lamagna

Si può fare sesso…

Si può fare sesso entrando completamente non solo nel corpo ma anche nell’anima dell’altro/a.

Al punto di sentire le sue sensazioni, la sua eccitazione, il suo piacere, il suo godimento e da lasciarsi addirittura guidare dal suo desiderio, dalle sue reazioni emotive e fisiche come se fossero i nostri.

Se l’altro è capace di fare lo stesso con noi, l’incontro sessuale diventa un momento mistico: la sperimentazione del paradiso in terra, della fusione totale di due corpi in uno e di due anime in una.

E’ difficile, alquanto raro, che ciò avvenga.

Ma, se e quando avviene, sperimentiamo l’indicibile.

© Giovanni Lamagna