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La gelosia si può educare.

Certo che gelosia, orgoglio ferito, delusione, rabbia fanno parte della natura umana; che in buona parte è simile a quella degli altri animali!

Ma l’uomo, a differenza degli altri animali, ha una coscienza e un’intelligenza che possono aiutarlo a divenire consapevole dei suoi impulsi e ad educarli, per non restarne prigioniero.

L’uomo – volendo – si può educare a non essere possessivo, a non considerare l’altro/a una sua proprietà; e, quindi, a non essere più geloso.

Tra l’altro io sento che, quando l’altro/a non ci appartiene mai del tutto e in qualche modo ci sfugge, si sviluppa in noi un’adrenalina, un’eccitazione, che appassisce, muore, quando egli/ella sono invece per noi troppo scontati.

Un rapporto in cui non c’è la presenza di un “terzo” (quantomeno immaginario, simbolico) tende a diventare fatalmente “incestuoso”, più fraterno e amicale, che passionale ed erotico.

Accettare questa presenza ha (può avere) due effetti: ci aiuta a diventare meno possessivi e gelosi nei confronti di un nostro “rivale” (potenziale o reale) ed alimenta il nostro desiderio nei confronti del “nostro” partner.

© Giovanni Lamagna

Il fantasma che orienta la nostra libido da adulti.

Ciascuno di noi – come dice Recalcati (“Un cammino nella psicoanalisi” Mimesis 2016; p. 104-105) – insegue un fantasma.

Quel fantasma che – secondo la lezione freudiana – si è formato dentro di noi dopo che il nostro desiderio primario – quello di congiungerci carnalmente col nostro genitore di sesso opposto – è stato castrato (tra i 3 e i 5 anni).

Da allora la nostra vita emotiva, affettiva, sessuale è fondamentalmente impegnata a riparare gli effetti della castrazione subita.

Sono nati, si sono formati, quindi, in noi emozioni, sentimenti, immagini, fantasie, sostituti del desiderio primario (il fantasma, appunto!), che richiedono di essere tradotti in atti.

Da questo momento in poi la nostra vita emotiva, affettiva e sessuale sarà guidata, orientata da questo fantasma.

Per alcuni – che hanno vissuto in maniera particolarmente traumatica la castrazione primaria – questo fantasma diventerà una vera e propria ossessione.

© Giovanni Lamagna

Ragione teoretica e ragione pratica.

Sapere o comprendere qualcosa non equivale ipso facto all’averne davvero consapevolezza.

Questa sussiste solo quando il sapere e la comprensione mentale ci predispongono, anzi ci inducono, quasi naturalmente, ad atti, scelte e comportamenti conseguenti e coerenti.

Una cosa è la conoscenza, che attiene alla “ragione teoretica”, che può anche non avere effetti e conseguenze pratiche, altra cosa è la consapevolezza, che attiene alla “ragione pratica”.

Si tratta di due cose molto diverse.

© Giovanni Lamagna

Le conseguenze dell’amore.

Da “Dolor y Gloria” di Almodovar: “L’amore può spostare le montagne, ma non può salvare la persona dell’amato”.

E’ vero, molto vero: lo penso anch’io.

L’amore può fare grandi cose: guarire malattie gravi e croniche; può addirittura resuscitare i morti.

Ma l’amore non può fare nessuna di queste cose, neanche cose molto più piccole di queste, senza il consenso della persona amata.

Senza una sua decisione, una sua scelta preliminare.

Senza, cioè, che la persona amata si apra, si conceda, si affidi, si lasci andare all’amore della persona amante.

L’amore dato, in altre parole, esige un atto di fede da parte di chi lo riceve.

E’ questo atto di fede o, meglio, di affidamento, che lo renda efficace, che rende effettivamente fruttiferi i suoi potenziali effetti benefici.

Altrimenti l’amore, anche l’amore, non può fare nulla: è del tutto impotente.

E’ come una freccia scagliata contro un muro: rimbalza all’indietro senza aver prodotto alcuna ferita, senza aver lasciato alcun segno.

© Giovanni Lamagna