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Due opzioni (opposte) di vita: routine o avventura.

La gran parte delle persone preferisce una condizione di vita, magari poco piacevole ma molto rassicurante, fondata sulla monotona routine, ad una, forse più piacevole ma anche più rischiosa, condizione di vita, caratterizzata dalla ricerca continua.

La ricerca continua dà (può dare) molte gioie; a volte persino elettrizzanti; ma – indubbiamente – tiene sotto tensione.

E i più non reggono questa tensione; le preferiscono una piatta, poco eccitante, ma tranquilla e sicura ripetitività.

Questione di gusti!

© Giovanni Lamagna

Il nuovo, lo stesso, il diverso.

Sono pienamente d’accordo con Recalcati quando afferma che “il nuovo” e “lo stesso” non sono per forza di cose due concetti opposti, che debbano stare in antitesi.

Come, d’altra parte, “il nuovo” e “il diverso” non sono necessariamente sinonimi, non è scontato che vadano naturalmente e automaticamente sempre d’accordo.

Si può, infatti, trovare del “nuovo” nello “stesso”.

Mentre non è detto che si trovi sempre e davvero del “nuovo” nel “diverso”.

Fatta questa premessa, possiamo dire che è del tutto legittimo cercare le novità nella propria vita: questo fa parte del naturale, fisiologico bisogno di cambiare periodicamente pelle e dell’altrettanto naturale desiderio di arricchirsi umanamente, di crescere, di evolvere, di non restare fermi allo stesso palo per tutta la vita.

Cosa particolarmente vera, giusta, legittima, nelle relazioni, specie in quelle di coppia.

Non bisogna, però, cadere nell’illusione ingannevole che la novità la si trovi semplicemente cercando il nuovo; ad esempio, un nuovo partner.

Perché ci potremmo molto facilmente ritrovare con un partner nuovo molto simile, nelle sue caratteristiche psicologiche e, persino, in quelle fisiche, al partner vecchio, dal quale ci siamo separati per andare a vivere col nuovo.

Molto meno ingannevole e illusorio potrebbe essere il ricercare la novità, anzi le novità, all’interno dello stesso rapporto, anche se questo magari dura da anni.

La cosa è indubbiamente più faticosa e impegnativa per entrambi i partner di una relazione, ma molto meno a rischio di andare incontro a un (nuovo) fallimento.

Anche se, ovviamente, richiede una disponibilità continua, permanente, costante, alla ricerca, al rinnovamento e al cambiamento.

Richiede in altre parole che entrambi i partner siano persone evolutive, in cammino, disposte a rischiare, a mettersi in continua discussione; e non statiche, ferme, poltronare (oggi si direbbe “divaniste”), piccolo-borghesi, benpensanti, in cerca (solo) di rassicurazioni e conferme l’uno dall’altro.

© Giovanni Lamagna

Dio e/o inconscio.

Ciò che gli uomini chiamano da vari millenni “Dio” o “divino” per me altro non è che l’inconscio.

Nel duplice senso di “ciò che ci è ancora sconosciuto” e di “ciò che un tempo abbiamo conosciuto, ma abbiamo poi rimosso”.

L’aspirazione al “divino”, all’unità con Dio, altro non è che il desiderio di rendere conscio l’inconscio.

Il freudiano “Laddove c’era l’Es ci sarà l’Io” è dunque un movimento di natura squisitamente religiosa.

Direi (quasi) un’esperienza mistica.

Di espansione (volendo, continua e interminabile) del Sé cosciente, consapevole.

Qui l’allusione al concetto di “analisi terminabile e interminabile” di Freud, con tutta evidenza, non è casuale, ma del tutto voluto.

© Giovanni Lamagna