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Letterina di Pasqua 2023

Io non credo in nessun Dio che risorge.

Credo però nella possibilità che l’uomo possa rialzarsi dalle sue cadute,

che ogni giorno possa diventare una persona un poco migliore.

Credo nei piccoli passi, nei piccoli gesti,

quelli che appena si notano

o non si notano per nulla

ma che, a lungo andare, fanno la Storia.

Non credo nei miracoli: quelli soprannaturali.

Credo però che un sorriso, una carezza,

la parola giusta detta al momento giusto,

un gesto di aiuto, un atto di solidarietà,

la fraternità, l’amicizia, l’amore

possano fare miracoli: quelli naturali.

Simili al seme che prima muore e poi dà frutto,

all’arcobaleno che colora il cielo dopo la tempesta,

al sole che risorge ogni giorno,

al corpo stanco che va dormire la sera e

si risveglia fresco e riposato la mattina dopo,

al tempo che guarisce molte ferite, corporali e spirituali.

Queste sono le resurrezioni in cui credo!

© Giovanni Lamagna

Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei.

26 dicembre 2015

Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei.

Ci sono rapporti che sono (prevalentemente) di conforto e rassicurazione e altri che sono (prevalentemente) di sprone e sollecitazione.

I primi possono essere paragonati, in senso figurato, ad un abbraccio o ad una carezza.

I secondi ad una spinta, ad un buffetto sulla guancia o, addirittura, ad un (amabile) calcio nel sedere.

I primi tendono a confermare, a stabilizzare, a consolidare quello che già siamo. A dirci: “Sei già ok come sei!”.

L’amore delle madri è in genere così.

I secondi tendono a stimolarci ai cambiamenti, ci spingono ad affrontare nuove sfide, ad aprirci a nuove prospettive. A dirci: “Coraggio, potresti arrivare oltre! Non accontentarti di rimanere lì dove già sei!”.

L’amore dei padri è in genere così.

Nella vita, ciascuno di noi ha bisogno sia degli uni che degli altri. In certi momenti più degli uni, in altri momenti più degli altri.

E non è un caso (forse) che per crescere sani, equilibrati e sereni (se non proprio felici) abbiamo bisogno sia di una madre che di un padre.

Senza la sicurezza che ci deriva dall’amore materno non saremo mai capaci di affrontare e superare gli ostacoli che la vita prima o poi, inevitabilmente, ci pone davanti.

Senza la testimonianza di un padre audace e coraggioso rimarremo rintanati nella cuccia delle nostre sicurezze e non evolveremo mai per sviluppare il nostro potenziale.

Questa storia delle due diverse tipologie di rapporti, a mio avviso, ha a che fare, è in connessione intima con la natura dei desideri che muovono il nostro agire, che modellano anzi il nostro stesso stile di vita.

Se le nostre preferenze vanno al primo tipo di rapporti, in noi sarà prevalente (su tutti gli altri) il desiderio di sicurezza e di stabilità, di una vita tranquilla, comoda, confortevole, calda, accogliente.

Saremo, per converso, meno o, addirittura, poco interessati alla nostra crescita ed evoluzione personale.

Se le nostre preferenze vanno al secondo tipo di rapporti, forse saremmo più predisposti a un tipo di vita in cui saranno centrali la ricerca, la trasgressione, lo spirito di avventura. Con i tutti gli inevitabili rischi e pericoli annessi e connessi.

Nel primo caso saremo portati ad accontentarci di quello che la vita ci offre quasi naturalmente, senza che da parte nostra siano necessari un grosso impegno e una grande ricerca per ottenerlo.

Diremo, molto probabilmente, a noi stessi ed agli altri, che più di quello che già abbiamo non desideriamo; e che certe cose semplicemente non ci interessano, anzi che non le desideriamo affatto.

Ma c’è da chiedersi (e dovremmo, forse, chiederci): certe cose non ci interessano perché i nostri gusti e le nostre preferenze vanno realmente in altre direzioni o perché queste cose ci mettono in ansia, ci fanno sentire in pericolo, ci destabilizzano, perché ci chiedono di uscire dal guscio nel quale ci sentiamo protetti e difesi?

In questo secondo caso, certo possiamo benissimo continuare a dire che certe cose non ci interessano, anzi che non ci piacciono per niente. Nessun Dio e nessuna legge umana ci obbligheranno mai a sentire e a pensare diversamente.

Ma dobbiamo sapere però che è un po’ come con la storiella della volpe e dell’uva.

La volpe desiderava afferrare l’uva e mangiarla. Ma per quanti salti facesse non riusciva ad arrivare con le zampe al ramo a cui l’uva era appesa. E allora la volpe disse “Fa niente! Tanto l’uva non mi piace!”.

In questo secondo caso probabilmente riusciremo a fare la vita comoda e perfino tranquilla e serena, che è maggiormente nelle nostre corde emotive, ma forse rinunceremo a realizzare il nostro daimon, che in qualche modo esige sempre, invece, la disponibilità ad affrontare i rischi e i pericoli, le incognite e le sorprese, connessi alla ricerca di scenari nuovi e insoliti.

Ora (per tornare alla nostra riflessione iniziale) alcuni rapporti ci consigliano di accontentarci di quello che siamo, altri ci spingono ad andare oltre. E il più delle volte gli uni sono incompatibili con gli altri.

A seconda se privilegiamo gli uni o gli altri abbiamo già fatto una scelta implicita della direzione da dare alla nostra vita.

Questo conferma l’antico e saggio proverbio: “Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei”.

Giovanni Lamagna