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Ordinario e straordinario.
E’ un dato di fatto e di realtà: nella storia l’ordinario, cioè il mediocre, vince spesso (anzi quasi sempre) sullo straordinario.
Lo straordinario, infatti, è tale proprio perché va oltre l’ordinario; è eccezionale perché fa eccezione alle regole.
L’Umanità, sui grandi numeri, preferisce accontentarsi dell’ordinario e del mediocre: aborre gli eroi e i santi; si tiene lontana dai loro stili di vita.
Tranne poi elevarli agli onori degli altari o costruire loro dei monumenti alla loro morte, facendone dei modelli.
Ma (quasi sempre) alla loro morte.
Dopo averli (quasi sempre) ignorati o addirittura disprezzati o, peggio, perseguitati mentre erano ancora in vita.
© Giovanni Lamagna
La faccia che ci siamo meritati
Sono convinto che ad una certa età ognuno di noi si ritrovi la faccia che si è meritato.
Ci sono alcuni che si ritrovano una faccia da delinquenti.
Altri (pochissimi) una faccia da eroi o da santi o da saggi.
Altri ancora (i più) la faccia anonima della mediocrità.
© Giovanni Lamagna
Mediocrità e perfezione.
E’ un dato di fatto e di realtà: nella storia l’ordinario vince spesso (anzi quasi sempre) sullo straordinario.
Lo straordinario , d’altra parte, è tale proprio perché eccede l’ordinario, cioè la regola, perché va fuori delle norme, è oltre la regola.
L’Umanità sui grandi numeri preferisce accontentarsi. Aborre gli eroi e i santi. Si tiene lontana dai loro stili di vita.
Tranne poi elevarli agli onori degli altari e costruire monumenti alla loro morte, facendone dei modelli di Umanità.
Ma, appunto, alla loro morte! Dopo averli quasi sempre ignorati o addirittura disprezzati e perfino perseguitati mentre erano in vita.
Santi ed eroi vengono riconosciuti tali quasi sempre post mortem, quando i loro modelli di vita non danno più fastidio ai mediocri, cioè a coloro che si accontentano di stardard di vita ordinari.standard,
E che si sentono, perciò, messi in crisi nel loro piatto conformismo dalla vicinanza/contiguità dei santi e degli eroi.
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D’altra parte nessuno nasce perfetto e nessuno potrà mai diventare perfetto.
Ma, se rinunciamo già in partenza al progetto di diventare perfetti (“Siate perfetti come è perfetto il Padre mio!”), siamo fatalmente e già in partenza destinati alla mediocrità.
A restare cioè persone irrealizzate, nel senso di persone che non hanno realizzato il loro potenziale.
L’idea di perfezione, dunque, non serve tanto a diventare perfetti (cosa impossibile da realizzare), ma a crescere, a migliorare, ad evolvere, a stimolare la nostra volontà di superarci, di elevarci.
Allo stesso modo dell’utopia, che non serve certo a costruire, una volta e per sempre, un mondo perfetto, senza macchie e senza peccati.
Ma serve – anzi io dico è necessaria – a costruire un mondo migliore, a camminare, come dice Salgado, nella direzione della sua costruzione, per quanto questa rimarrà sempre imperfetta e, quindi, incompiuta.
© Giovanni Lamagna
Amore di sé e amore per gli altri.
Qualche giorno fa sulla mia pagina facebook ho pubblicato il seguente post:
“Per quanti sforzi possa fare, nessuno di noi riuscirà ad amare un altro come se stesso.
Meno che mai riuscirà ad amarlo più di se stesso.”
A molti è piaciuto e l’hanno condiviso.
Ma (non posso nasconderlo) a molti altri non è piaciuto affatto e più di uno/a l’ha criticato, anche piuttosto severamente.
Alcuni mi hanno fatto rilevare che la storia è piena di eroi che hanno dato la vita (addirittura la stessa vita fisica) per gli altri.
Molti mi hanno fatto notare che il mio ragionamento non vale per tutti. Non vale, ad esempio, per i genitori, specie per le madri, che (a meno di non essere genitori e madri perverse) amano i figli più di loro stessi.
Riconosco che c’è del vero in queste obiezioni, riconosco che esse sono molto serie e quindi sono disposto a rivedere, almeno in parte, la mia considerazione.
Con le precisazioni che seguono:
1.Gli eroi sono degli esseri umani eccezionali. Sono dunque delle eccezioni rispetto alla media degli esseri umani. E noi tutti sappiamo che le eccezioni non contraddicono in maniera assoluta e radicale, ma anzi in buona sostanza confermano, la regola generale.
Ne posso dedurre pertanto che la sostanza, se non il senso letterale, del mio post (almeno sui grandi numeri) resta valida.
- E’ vero, i genitori, in genere, quasi tutti i genitori, amano (o dicono di amare) i propri figli più di se stessi.
Però qua si possono fare due contro-obiezioni.
La prima è questa: i genitori, la maggior parte dei genitori, considerano i loro figli una specie di prolungamento di sé; per cui amando i figli in realtà amano se stessi e quindi non è poi tanto vero che amano i figli più di se stessi; o perlomeno è vero solo rispetto alla dimensione fisica della vita: essi sarebbero disposti a sacrificare la loro vita fisica per salvare quella dei loro figli.
Questo discorso può valere addirittura per i nonni rispetti ai loro nipoti.
La seconda contro-obiezione è la seguente: siamo proprio sicuri che quello che i genitori considerano amore per i propri figli sia vero amore, cioè amore sano, rispettoso della loro indipendenza e autonomia, e non un modo insano di considerarli (e viverli) come “cosa loro”, loro proprietà, di cui sentirsi padroni?
In questo caso mi chiedo: è proprio vero che i genitori amano i figli più di se stessi? o, attraverso i figli, non fanno altro che amare se stessi, in certi casi addirittura coltivando il proprio narcisismo?
Credo ci sia materiale sufficiente per riflettere ulteriormente su un tema come questo. Per me (che indubbiamente sono stato troppo drastico quando ho scritto il post da cui è partita questa riflessione) e per coloro che lo hanno contestato, muovendomi le obiezioni di cui ho parlato sopra e con le quali ho provato a corrispondere.
Giovanni Lamagna