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Dio (o la mancanza di Dio) e l’angoscia della morte.
Pierre Hadot (nel suo “La filosofia come modo di vivere”, p. 144) afferma che nella filosofia contemporanea “non si cerca, come nell’Antichità, di eliminare l’angoscia della morte”.
A suo dire “questa coloritura angosciosa”, che la filosofia contemporanea non si pone il problema di (o non sa come) curare, è “del tutto assente in Spinoza, Epicuro, gli stoici e Platone”.
Ora io credo che questa angoscia, che caratterizza così profondamente la filosofia contemporanea, sia strettamente legata alla “morte di Dio”, alla solitudine tragica in cui l’uomo si è venuto a trovare dopo questa “morte”.
Perché sicuramente anche gli antichi (lo afferma pure Hadot) provavano il “brivido di fronte all’Ungeheure, il terribile, il prodigioso o il mostruoso”.
Solo che gli antichi, di fronte a questo brivido, erano, bene o male, confortati dalla presenza del divino (nelle molteplici e variegate forme che esso assumeva) nelle loro vite.
I contemporanei, invece, (di fronte al terribile, al prodigioso e al mostruoso che continua ad essere ben presente anche nelle loro vite) sono rimasti soli, sono tragicamente soli.
Di qui, a mio avviso, l’angoscia che caratterizza la filosofia contemporanea, “a partire da Goethe, Schelling, Nietzsche”, come mette ben in evidenza Hadot.
© Giovanni Lamagna
Corpo e anima (2)
L’uomo è composto indubbiamente (credo che anche il più radicale dei materialisti possa riconoscerlo) da un corpo/soma (realtà visibile) e da un’anima/psiche (realtà invisibile).
Intendiamoci, non penso certo, come si è inteso, per almeno un paio di millenni, da parte della maggior parte dei filosofi dell’antichità e di quelli medievali, che anima e corpo siano due entità separabili e che la prima sopravvivrà alla seconda.
Penso anche, però, e su questo non ho ombra di dubbio, che anima e corpo siano due entità concettualmente distinguibili, per quanto concretamente inseparabili; che il corpo (soma) abbia certe caratteristiche e l’anima (la psiche) altre.
Il corpo, ad esempio, può essere considerato un oggetto come gli altri (con dei meccanismi bio-chimico-fisici di natura del tutto materiale), con un suo spazio ben definito (se il corpo è qui, non può essere altrove), limitato, potremmo dire anche costretto, nel tempo (il corpo vive solo nel presente: per il corpo il passato non è più ed il futuro non è ancora).
L’anima (o, meglio, la psiche, a voler usare un termine più in voga oggi, per quanto inventato dai filosofi greci) è una realtà molto più complessa del corpo, se non altro perché può superare, andare oltre (trans-ire), quindi trascendere, i confini del tempo e dello spazio.
L’anima/psiche, infatti, ha la possibilità di ricordare/memorizzare il passato ed è in grado di immaginare/progettare, addirittura inventare, il futuro.
L’anima/psiche ha, inoltre, la possibilità di navigare, viaggiare, con l’immaginazione in altri luoghi; di abitare, stare, vivere in spazi diversi da quelli in cui sta, abita e in quel momento vive il suo corpo.
Può immaginare di trovarsi addirittura in spazi extra o ultra terrestri.
Poi, per carità, anche io penso che l’anima, al di fuori del corpo al quale è collegata, non abbia possibilità alcuna di vita; in altre parole che l’anima/psiche nasca col corpo e muoia col corpo.
O, al massimo, si trasformi in altro; come, del resto, succede al corpo.
E tuttavia non ci sono dubbi che, sul piano concettuale e della nostra conoscenza/riflessione sulla natura dell’uomo, corpo e anima siano due realtà che vadano distinte.
Che non possano essere confuse e che vadano studiate in ambiti differenti: l’anatomia, la fisiologia, la biologia, la chimica da un lato; la filosofia, la psichiatria e la psicologia dall’altro.
Per quanto poi le due realtà siano indissolubilmente interrelate e interconnesse.
Infatti, ciò che succede nel corpo influenza ciò che succede nell’anima/psiche; e su questo nessuno ha dei dubbi, ciò sta sotto gli occhi di tutti: se il corpo sta male e soffre, è difficile che l’anima/psiche possa invece stare bene e non soffrire pure lei.
Ma è vero pure il contrario: quello che succede nell’anima/psiche ha nelle ricadute anche nel corpo; e questo non tutti, tra i materialisti, sono disposti a riconoscerlo; e per me sbagliano di grosso; perché ci sono alcune evidenze che stanno a dimostrarlo.
Per cui i due ambiti scientifici, pur distinti, devono poi collaborare, interfacciarsi ed integrarsi; non possono l’uno negare i contributi e le conoscenze dell’altro; ma, bensì, devono servirsene reciprocamente; come ha compreso bene la psicosomatica.
© Giovanni Lamagna