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Quattro modi di rapportarsi al sesso e alla corporeità

7 settembre 2015

Quattro modi di rapportarsi al sesso e alla corporeità.

Ci sono, a mio avviso, quattro modi di rapportarsi al sesso in particolare, ma potremmo dire anche all’elemento corporeo in generale, alla dimensione puramente animale che è presente in ognuno di noi.

Il primo è quello di considerare questa dimensione l’unica o la più importante.

Chi si pone in questo atteggiamento si comporta di conseguenza e di solito (quasi) come gli animali. Segue esclusivamente i propri istinti e impulsi, senza (quasi) nessuna mediazione del pensiero e (in alcuni casi) neanche della sfera emotivo/affettiva.

Nella sfera comportamentale di queste persone non c’è nessuna evoluzione, nessuna crescita: per loro non ci sono altri modi di comportarsi che quelli che mettono in atto da quando hanno acquisito una certa autonomia; non arrivano nemmeno a immaginare che ci possano essere delle alternative.

Nella vita di queste persone il sesso è molto presente (a volte in maniera addirittura compulsiva), ma come esperienza (quasi) puramente fisica, senza grossi coinvolgimenti emozionali ed affettivi. Non è esclusa una certa dose di violenza nel loro approccio sessuale.

Stiamo parlando ovviamente dei bruti, molto più vicini come modo di sentire e di agire al mondo animale che a quello degli umani.

I bruti (per fortuna!) sono piuttosto rari. Quindi diciamo che questo modo di rapportarsi al sesso è poco diffuso tra coloro che risultano iscritti dalla nascita all’anagrafe civile.

Il secondo modo potremmo dire è l’opposto del primo. E’ quello di coloro che provano una certa ripugnanza (più o meno profonda ed estesa) nei confronti della corporeità (in generale) e della sessualità (in particolare). Di coloro che hanno come modello la natura angelicata e che preferirebbero quindi essere angeli.

Spesso queste persone fanno la scelta della castità (nel campo della sessualità) e si impongono comportamenti (più o meno) ascetici su tutti gli altri piani (ad esempio nel rapporto col cibo, con l’abbigliamento, con la fatica e il tempo libero, ecc…).

E’ la scelta dei preti, dei monaci, dei frati, delle suore, degli eremiti, di molti guru, ma anche di persone che vivono inseriti abbastanza bene nella società comune degli altri umani, ma hanno un rapporto complicato con il loro corpo e in modo particolare con la loro sessualità.

Anche questo modo di essere, comportando implicazioni abbastanza radicali ed estreme, è piuttosto raro, è in fondo la scelta di pochi individui.

Esso indubbiamente risolve alla radice il problema di trovare una sintesi/armonia tra istanze (apparentemente) opposte, ma lo fa attraverso una rimozione delle sue cause, piuttosto che attraverso una loro effettiva risoluzione, lo fa eliminando uno dei corni del dilemma, anziché trovare un “accordo” tra i due corni.

Il terzo modo di rapportarsi al sesso e alla corporeità è quello di trovare un compromesso tra la natura animale presente in ogni uomo (tesa alla esclusiva soddisfazione dei bisogni primari: quelli legati alla sopravvivenza personale e alla riproduzione della specie) e quella più specificamente umana (coltivazione dei sentimenti, degli affetti, del pensiero, dell’intelligenza, della cultura…).

Talvolta (anzi piuttosto spesso) i primi vanno in conflitto con i secondi ( o viceversa) e allora occorre trovare un’armonia o (in mancanza) un compromesso tra i due.

La maggior parte degli uomini preferisce trovare un compromesso, che per forza di cose sta in un punto che potremmo definire mediano tra l’animalità pura e l’umanità ai suoi livelli più alti.

In questo caso parlerei di compromesso “mediocre”, non solo per il significato letterale di questo termine, perché si situa in un punto di medietà tra le due dimensioni in conflitto, ma anche perché comporta il sacrificio, la penalizzazione contemporanea di entrambe le dimensioni.

Questo modo di pensare, di essere e di vivere è quello che è stato codificato nella maniera più perfetta e completa dal modello di educazione borghese, specie da quello piccolo borghese, che potremmo anche definire del “perbenismo borghese”.

Questa modalità non implica una rinuncia al sesso, né tantomeno alla corporeità, ma questi devono essere “contenuti” entro schemi molto ben prestabiliti, delimitati e delimitanti: il piacere non può superare certi limiti (altrimenti scattano i sensi di colpa, collegati alle convenzioni sociali), la nudità è consentita solo in certi ambiti, situazioni e relazioni (altrimenti viene violato il comune senso del pudore), la sessualità deve obbedire a regole e norme alquanto rigide (in alcuni casi sanzionate addirittura dal codice civile).

Nella vita delle persone che adottano questo tipo di modalità il sesso è presente, ma con molta moderazione (come del resto tutto nella loro vita), viene vissuto senza grandi entusiasmi ed eccitazione, starei per dire è un sesso soft, a bassa intensità emotiva e fisica, che col tempo tende poi a svanire del tutto o quasi, in maniera quasi inerziale, sostituito (nel migliore dei casi) da un’affettività più fraterna/amicale che erotico/coniugale.

E’ questo di gran lunga il modo più diffuso di rapportarsi al sesso e alla corporeità presente tra gli uomini.

Ne esiste però un quarto.

E’ quello di coloro che ambiscono a raggiungere le più alte vette dell’umanità: non solo non vogliono restare bruti, ma vogliono evolvere, crescere, sviluppando al massimo il loro potenziale umano (emotivo, affettivo, intellettuale, spirituale); e però non dimenticano, non rimuovono (e non hanno nessuna intenzione di farlo) la loro natura animale (come fanno, invece, coloro che appartengono al secondo gruppo di persone che sto provando a descrivere).

E’ il modo di coloro che vogliono trovare una sintesi, un’armonia (e non un compromesso al ribasso, come fanno coloro che appartengono al terzo gruppo) tra le esigenze della spiritualità e quelle della corporeità.

Una sintesi, un’armonia che non penalizzi né la spiritualità né la corporeità, ma (paradossalmente, però molto concretamente) le esalti entrambe.

Sono persone che (a voler usare ancora un paradosso) ambiscono a diventare angeli restando bestie e restare bestie diventando angeli.

Per queste persone la corporeità ha una grande importanza nella loro vita; come ce l’ha in modo particolare il sesso. Queste persone non solo non rifuggono dall’attività sessuale, né tanto meno la disprezzano, ma la praticano molto attivamente e con grande entusiasmo: vivono insomma un sesso hard.

Inoltre non si rassegnano all’idea che col tempo, con l’età che avanza, la loro vita sessuale debba inevitabilmente appassire, sfiorire, diradarsi, fin quasi a scomparire.

Questo non vuol dire che pratichino un sesso puramente bestiale e animale, come fanno le persone che appartengono al primo gruppo. Anzi per loro sessualità e spiritualità devono andare di pari passo: né la spiritualità deve essere una denegazione o una sublimazione della sessualità, né questa deve essere negazione e annullamento della spiritualità.

Per queste persone allora anche la sessualità non è la ripetizione meccanica di gesti sempre uguali (come per gli animali), ma è un terreno, un ambito di ricerca e di sperimentazione, come del resto tutte le altre dimensioni della loro vita.

La stessa morale, in questo ambito, non viene vissuta come un insieme di norme imposte dai costumi sociali vigenti e introiettate, accettate in modo quasi automatico e senza nessuna valutazione critica. Ma un terreno su cui fare ricerca, da mettere costantemente in discussione, in qualche modo da “trasgredire” (nel senso letterale dell’andare oltre), avendo come unica stella polare il rispetto di sé e (in un certo senso ancora di più) degli altri.

Per queste persone, insomma, in campo sessuale vale alla lettera la massima di S. Agostino “ama e fa ciò che vuoi!”. Nel senso che la morale comune in campo sessuale non vale, può essere e va trasgredita, se la sua trasgressione è dettata dall’amore.

Un esempio sublime di questo tipo di approccio è dato dalle pratiche tantriche, che sono allo stesso tempo una forma di spiritualità (quasi di religiosità) e un modo di teorizzare e vivere la sessualità (ben oltre i confini ristretti della morale comune).

Ricco di indicazioni, a tale proposito, è il bel libro dei maestri di Tantra Elmar e Michaela Zadra “Trasgredire con amore”, edizioni Mediterranee.

Il Tantra a mio modo di vedere è la più alta realizzazione della sintesi , dell’armonia tra sessualità/corporeità e spiritualità/religiosità finora raggiunta nell’esperienza storica degli umani.

Ben diversa dal compromesso mediocre di cui si accontenta il perbenismo borghese, che caratterizza il modo di vivere la spiritualità e la sessualità della maggior parte degli uomini e delle donne. Almeno lo ha caratterizzato finora nella storia.

Giovanni Lamagna