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Pensare è dialogare.

Per pensare io devo sempre mettere una distanza tra me e l’Altro da me.

Che è, dunque, “me” e, allo stesso tempo, “un altro”.

Pensare è, pertanto, sempre una forma di colloquio tra un “Ego” e un “Alter-ego”.

Quando io non riconosco (simbolicamente) l’Altro da me, quando non lo vedo, quando non ci parlo, perché sono tutto ripiegato e chiuso in me stesso, il mio pensiero subisce un arresto.

Quantomeno subisce un arresto il pensiero meditativo, riflessivo, cioè il “pensiero nobile”

E resta – nella migliore delle ipotesi, quando non viene meno anche questo – solo il pensiero meccanico, come pura logica: quello che Heidegger chiamava “pensiero calcolante”.

Cioè il pensiero robotico, che è lo stesso pensiero del computer e – possiamo ipotizzare – di quella che oggi viene definita “Intelligenza Artificiale” (IA).

© Giovanni Lamagna

Le religioni tradizionali e il bisogno di religiosità.

Stamattina, per caso, ho partecipato al rito della Messa domenicale: stavo con mio nipote che tra qualche mese “vuole” (tra virgolette, ovviamente) fare la Prima Comunione.

E pensavo: gli uomini (tutti gli uomini, di tutte le geografie e di tutte le storie) hanno avuto ed hanno bisogno tuttora di riti, come di miti, di simboli e, in fondo, perfino di sacro.

Anche in un mondo materialista e ateo come quello che si è venuto formando (gradualmente, molto gradualmente all’inizio, ma sempre più impetuosamente via, via) almeno a partire dal XV secolo in poi; almeno in questa parte del mondo che siamo soliti chiamare Occidente.

Tanto è vero che gli uomini non riempiono più le chiese, ma riempiono gli stadi, per eventi sportivi e spettacolari in genere, facendo dei campioni sportivi o delle star dello spettacolo i loro nuovi miti e divinità; il più delle volte del tutto inadeguati nel paragone con le antiche divinità, persino con quelle pagane.

C’è quindi, a mio avviso, e ci sarà sempre (a meno di una mutazione antropologica, che non è però da escludere e che forse è oramai alle viste: si pensi all’egemonia che potrebbe assumere in un prossimo futuro l’Intelligenza Artificiale) una domanda di riti, di miti, di simboli e persino di sacro; in altre parole di religiosità.

Alla quale però le religioni tradizionali sono oramai del tutto incapaci di dare risposte.

Stamattina, infatti, durante la Messa ascoltavo le letture del Vecchio e del Nuovo Testamento che sono state proposte; vi si parlava di un fattore, di un terreno, di una vigna, di contadini…

Si faceva, insomma, riferimento ad una società agricola, del tutto superata oramai dal mondo moderno addirittura post-industrializzato.

Il prete celebrante, inoltre, e i suoi assistenti vestivano abiti del tutto fuori moda, rispetto ai tempi attuali, e utilizzavano strumenti rituali (turibolo, incenso, candele…) del tutto inattuali.

Come è pensabile, allora, che una tale religione possa ancora seriamente parlare all’uomo moderno?

Infatti, la gente – che pure era abbastanza numerosa – partecipava al rito in maniera, a mio avviso, del tutto superficiale, se non proprio distratta.

Nessuna meraviglia, dunque, che la gran parte degli uomini moderni vadano a soddisfare il loro anelito di religiosità fuori dalle Chiese, ignorando (quasi) del tutto le religioni tradizionali.

Anche se (purtroppo!) le alternative nelle quali vanno poi a rifugiarsi sono del tutto surrogatorie e banali; in molti casi addirittura alienanti.

Ci sarebbe bisogno di ben altre risposte alla domanda di religiosità che – a mio avviso – rimane intatta, viva, pulsante anche nell’uomo contemporaneo.

Perché è una domanda eterna, è un archetipo dell’essere umano, di cui nessuno di noi potrà mai fare a meno.

Che ne sia cosciente o meno.

Ma questo è un altro paio di maniche.

© Giovanni Lamagna

A proposito di I. A. (Intelligenza Artificiale).

Ci è sufficientemente chiaro che “intelligenza” non è sinonimo di “sapienza” o “saggezza”?

Ho l’impressione di no.

Se ci fosse chiara questa (in fondo banale) distinzione, forse ci sarebbe ipso facto chiaro (e, invece, vedo che per molti non lo è) che l’I. A. potrà anche superare (e, forse, persino sostituire) l’I U. (Intelligenza Umana), ma non potrà mai sostituire la sapienza e la saggezza, che sono fenomeni tipicamente e solamente umani.

A meno che l’Umanità non decida (in una maniera che certamente non sarà consapevole, ma potrà essere solo l’esito di una deriva inconsapevole) di suicidarsi, scivolando verso un’era che (non a caso) alcuni già definiscono come “post-umana”.

Allo stesso modo di come potrebbe suicidarsi abbandonandosi ad un’escalation bellica sempre più accelerata (come purtroppo sembra stia avvenendo oggi in Ucraina), scivolando ineluttabilmente (e quasi senza accorgersene) verso un conflitto nucleare e mondiale.

© Giovanni Lamagna