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Antonio Gramsci e il comunismo.

Antonio Gramsci, ancora nel 1919 su “L’ordine nuovo”, così scriveva: “Il comunismo è il prossimo domani della storia degli uomini, e in esso il mondo troverà la sua unificazione, non autoritaria, di monopolio, ma spontanea, per adesione organica delle nazioni.”

Non so bene di quale comunismo parlasse Gramsci.

Suppongo di quello che aveva appena cominciato a realizzarsi in Russia con la rivoluzione bolscevica del 1917.

Comunismo che – a distanza di più di 100 anni da quella rivoluzione – ha tradito gran parte delle speranze e degli auspici dei suoi adepti e fautori della prima ora.

Credo che lo stesso Gramsci non avrebbe difficoltà a riconoscerlo se fosse oggi ancora vivo.

Di certo, però, non era condivisibile neanche la sua profezia, che a leggerla alla lettera era qualcosa di più di un auspicio, voleva essere quasi un vaticinio.

Perché di essa non si è realizzato quasi niente.

E quello che si è realizzato oggi non appare che una pallida ombra, se non un vero e proprio tradimento, di ciò a cui probabilmente pensava Gramsci, quando vedeva nel comunismo il futuro luminoso dell’Umanità.

© Giovanni Lamagna

Lettera aperta a Franco Arminio.

Caro Franco, mi piace, sono contento e condivido che nei tuoi discorsi ritorni continuamente questa parola bellissima: “comunità”.

Credo, oramai da parecchio tempo, che essa dovrebbe diventare (o, meglio, tornare ad essere, anche se in forme del tutto nuove) sempre più la parola fondamentale di un nuovo vocabolario politico, di una nuova visione del mondo, azzarderei a dire anche di una nuova “ideologia”, se quest’ultima parola non si fosse oramai usurata nel corso dell’ultimo secolo e non fosse perciò diventata oramai inutilizzabile.

Dovrebbe diventare il perno di una nuova cultura politica assieme alla parola “persona”, che è cosa ben diversa da quella di “individuo”.

L’individuo è, infatti, un atomo sperso nel vuoto dell’universo mondo; anzi è il singolo che combatte, compete con l’altro singolo, è l’homo homini lupus: è la parola chiave dell’ideologia liberista, per la quale non solo non esiste e non si può formare una comunità, ma non esiste manco la società (ricordi la Thatcher?).

La persona è, invece, il singolo che si è fatto e si fa continuamente comunità assieme agli altri, a coloro con i quali condivide un territorio, ma anche – seppure solo virtualmente, ma non meno concretamente – con tutti i suoi fratelli dell’unica e stessa Madre Terra.

Questa nuova visione del mondo – nella quale “locale” e “globale” sarebbero le due facce di un’unica medaglia – dovrebbe chiamarsi perciò “comunitarismo”.

Che è cosa ben diversa dal “comunismo”, nel quale la persona spariva in nome degli interessi “superiori” della massa, della società; e spesso veniva oppressa, a volte annientata, in nome di quegli interessi.

Nel comunitarismo la persona non sparisce per niente, perché gode degli stessi diritti ed è debitore degli stessi doveri della comunità.

Anzi all’interno della comunità la persona è valorizzata al massimo, la persona è il fondamento stesso della comunità.

Non so se queste parole ti esprimono?

Conoscendoti abbastanza, sono propenso a pensare di sì.

Unito in una comune campagna culturale (la parola “battaglia” non mi piace”) ti auguro una felice Pasquetta,

Giovanni Lamagna

Chiesa cattolica, fascismo/nazismo e comunismo (2)

Ernest Bloch fa un durissimo attacco alla Chiesa cattolica coeva del nazismo, perché la vede troppo tollerante e per molti aspetti addirittura collusa col nazismo.

Allo stesso tempo egli non condivide la critica radicale che il comunismo bolscevico rivolge alla religione: quella di essere “oppio dei popoli”.

Perché la considera il migliore pretesto offerto alla Chiesa per ricercare la protezione del nazismo e del fascismo contro il “pericolo rosso” incombente.

© Giovanni Lamagna

Sul comunismo.

Non posso dirmi comunista, perché amo troppo la libertà.

Chi si dice “comunista”, infatti, spesso sacrifica la libertà all’uguaglianza.

Definisce le libertà borghesi libertà solo formali.

Saranno pure solo formali, ma a me queste libertà piacciono e non ci voglio rinunciare!

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Non posso non dirmi comunista, perché amo troppo la giustizia e l’uguaglianza sociale.

Le libertà formali non mi bastano.

Ho bisogno (anche) della libertà sostanziale.

Che c’è solo quando i bisogni fondamentali (di tutti e di ciascuno) sono soddisfatti.

Quando c’è piena uguaglianza tra gli uomini.

Giovanni Lamagna