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La vita non ha un senso, ma può darselo.

La vita ha un senso, può avere un senso, ma non è un senso che sta fuori di lei, che le proviene dall’esterno.

Bensì è un senso che la vita può trovare solo dentro sé stessa, che la vita si dà – quando ci riesce – da sé stessa.

Da questo punto di vista la vita non ha un fondamento esterno su cui poggiarsi, ma galleggia su un vuoto assoluto di senso.

Il senso che la vita può trovare in sé è, quindi, del tutto precario, fragile, instabile, soggetto a continui scossoni e messe in crisi.

Ma, se l’uomo non lo trova, la sua vita è condannata a inabissarsi nel mare senza fondo del non senso.

Coerenza logica vorrebbe – se la vita fosse solo logica – che chi non trova un senso alla sua vita se la togliesse, suicidandosi.

Ma – per fortuna o per sfortuna: non so! – la vita non è solo logica; come hanno potuto verificare di persona i vari Schopenhauer, Nietzsche e Cioran, filosofi del nichilismo.

© Giovanni Lamagna

Cosa rende nobile una vita?

Non è l’assenza totale (o meno) di incoerenze o contraddizioni morali che rende nobile e apprezzabile (o meno) la vita di una persona.

Ma il fatto che questa vita – pur nel suo inevitabile e umano zigzagare – abbia alla fin fine un suo riconoscibile percorso, che segua cioè una determinata direzione e abbia una sua coerenza fondamentale, un fil rouge sotteso, quand’anche in presenza di molteplici deviazioni e ondeggiamenti.

© Giovanni Lamagna

Autonomia e coerenza.

Ci sono persone che preferiscono stare in contatto con gli altri più che con se stessi.

In questo modo non pensano ed agiscono in maniera autonoma, ma come se fossero eterodiretti, mossi da altri, dall’esterno.

I loro comportamenti sono quindi spesso contraddittori, perché a volte devono accontentare uno a volte un altro.

Applicare il “così è se vi pare” non può certo garantire coerenza nei modi di essere e di fare.

© Giovanni Lamagna

La vera filosofia

Feuerbach scrive: “La vera filosofia consiste nel fare non già dei libri, ma degli uomini” (Principi della filosofia dell’avvenire).

Anche per me la filosofia deve tenere unite teoria e prassi ed avere delle ricadute esistenziali.

Deve, infatti, aiutare l’uomo a trovare un senso alla sua vita e a vivere in coerenza con esso.

Altrimenti è pura masturbazione mentale.

© Giovanni Lamagna

Sulla coerenza.

E’ la coerenza un valore?

Dipende. Dipende da che cosa intendiamo con il termine coerenza.

Se per coerenza si intende l’immobilità, la continuità assoluta, la ripetizione routinaria delle scelte e dei comportamenti che abbiamo sempre avuto, la stasi, allora essa è stupida. Non è affatto una virtù. Anzi è innaturale, è contro la vita, che per sua natura è, invece, (o dovrebbe essere) movimento, evoluzione, crescita, cambiamento.

Se per coerenza, al contrario, si intende la fedeltà ad alcuni principi e valori di fondo, che devono orientare la vita di ognuno di noi, se non vogliamo campare alla giornata o, addirittura, allo sbando, oscillanti come canne al vento, allora non reputo affatto la coerenza una stupidità, una nevrotica ossessione. In questo caso la coerenza è per me un valore da tenere in conto.

Intendiamoci, io arrivo a sostenere che si possono, nel corso della vita, cambiare anche gli stessi principi e valori etici di fondo che hanno orientato fino ad un certo momento la nostra esistenza.

Niente nella vita è da considerarsi immutabile, tutto può essere messo in discussione a ragion veduta. Anche gli stessi principi e valori di fondo. Quando si verificano situazioni nuove, da noi non previste né prevedibili, che ci impongono un cambiamento.

Ma, in questo caso, valgono a mio avviso due regole: 1) il cambiamento deve sopravvenire come esito di un travaglio interiore, non lo posso realizzare ex abrupto, con faciloneria (perché tanto “la coerenza non è in sé una virtù” e “solo gli stupidi non cambiano mai”); 2) devo essere in grado di motivare e argomentare il mio cambiamento e lo devo spiegare, illustrare agli altri, non lo posso dare per scontato ai loro occhi.

Viviamo, infatti, in società, intrecciamo continuamente delle relazioni, siamo legati agli altri e in una qualche misura siamo addirittura dipendenti da loro. Dobbiamo, dunque, rispetto anche a loro, oltre che a noi stessi.

Giovanni Lamagna