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Il narcisismo e il suo superamento.

In ognuno di noi è presente, fin dalla nascita o, perlomeno, fin dai primi anni della nostra vita, una componente narcisista, che è una potente spinta all’azione, forse la più potente che esista.

Ora questa componente è vero che costituisce l’energia necessaria, anzi indispensabile, per mettere in moto la nostra spinta ad agire. Ma è anche vero che, se resta la motivazione dominante di essa, la inquina (e a volte gravemente) sia nelle sue modalità che nei suoi esiti finali.

Occorre, quindi, che noi lavoriamo (spiritualmente e psicologicamente: i due termini per me sono quasi sinonimi) sul nostro narcisismo.

E’ necessario che lo mettiamo in conto e che non ce ne sentiamo in colpa al punto da farcene paralizzare.

Ma è anche necessario che non ci arrendiamo passivamente ad esso, né tantomeno che ce ne crogioliamo, come se esso fosse l’equivalente omologo dell’assertività e della giusta volontà di affermare noi stessi.

Occorre che lavoriamo su noi stessi per purificare la motivazione iniziale del nostro agire (fatalmente e inevitabilmente narcisista) e farla coincidere il più possibile con una motivazione oggettiva, quasi impersonale, una specie di chiamata (vocatio) che ci viene rivolta dall’esterno a realizzare un determinato compito, anzi il compito stesso (complessivo) della nostra vita.

In questo modo usciamo da noi stessi, dal nostro Ego (inevitabilmente narcisista) e guardiamo al di fuori di noi, all’Alter Ego, che ci stimola e ci spinge all’azione.

Non perché questo ci fa belli, ci rende piacenti agli altri e ci rimanda il loro gradimento, il loro consenso o, addirittura, il loro amore.

Ma perché ciò è giusto, è bello, è vero, è utile in sé, a prescindere dal nostro immediato tornaconto, interesse, piacere immediato.

Nella consapevolezza, però, che, se è giusto, bello, vero e utile in sé, non può non esserlo, in fondo, anche per noi in quanto singoli individui.

In quanto ognuno di noi è parte di un tutto. E o si identifica con il tutto o non potrà mai stare veramente bene.

A pensarci bene sta proprio qui la differenza tra chi è narcisista e chi narcisista non è.

Il narcisista sente e pensa che il mondo coincida con il proprio Sé. Che al di fuori di sé non ci sia nulla. Perlomeno nulla che abbia una qualche importanza e valore.

Chi non è narcisista sa e sente che fuori di sé c’è tutto un mondo che è altro da sé. E che in fondo è suo interesse profondo non rimanere chiuso in se stesso, ma aprirsi il più possibile al mondo che è fuori di sé.

Fino a, in qualche modo e il più possibile, far coincidere se stesso con il mondo fuori di sé.

Il narcisista è indifferente al bene-essere dell’Altro da sé. Convinto, anzi, che non ci sia un Altro da sé.

Per lui vale la regola: “Pensa solo a te e fregatene degli altri”.

Il non narcisista è consapevole che non ci può essere il bene-essere per sé, se non in connessione e in comunione con l’Altro da sé.

Per lui vale la regola d’oro: “Non fare agli altri ciò che non vorresti gli altri facessero a te e fai agli altri ciò che vorresti gli altri facessero a te”.

Nessuno all’inizio della sua vita è in grado di applicare questa regola. Infatti, il bambino è naturalmente, strutturalmente narcisista.

E, forse, nessuno, sarà mai in grado di applicarla integralmente, fino in fondo, neanche da adulto.

Si può uscire dal narcisismo solo con l’educazione e con uno sforzo personale e graduale, figlio della consapevolezza che il narcisismo protratto oltre l’infanzia diventerebbe una vera e propria malattia.

Purtroppo alcuni rimangono narcisisti, quindi bambini, per tutta la loro vita. Manco si rendono conto che il loro infantilismo non ha più niente a che fare con la bellezza e il candore che sono propri dei bambini.

Giovanni Lamagna