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Amore, frustrazione, aggressività, violenza.

In ogni amore c’è sempre una componente aggressiva.

Ogni amore, infatti, si deve confrontare prima o poi con la separazione/allontanamento, per quanto provvisori, dell’altro e con l’impossibilità di superarli del tutto.

Questa consapevolezza genera allora frustrazione e la frustrazione inevitabilmente l’aggressività; almeno come moto istintivo e iniziale dell’animo.

Il fatto poi che la consapevolezza e l’amore ci consentano di tenere a bada e non agire questa aggressività non vuol dire che essa non sia insorta e che in alcuni casi duri anche nel tempo.

Questa dinamica la si vede benissimo nei bambini.

Capita, infatti, che essi, mentre stanno giocando allegramente e gioiosamente con la madre o con il padre, in un’atmosfera che a volte sembra di armonia pura, perfetta, quasi magica, improvvisamente si rannuvolano e diventano aggressivi, perfino violenti.

È questo il loro modo di difendersi dall’amore, che li rende dipendenti dalle figure che amano, mentre sono ancora incapaci di gestire l’allontanamento, per quanto solo provvisorio, dei loro genitori.

A dimostrazione che amore, frustrazione, aggressività e, persino, violenza sono sentimenti che lungi dall’essere inconciliabili e del tutto estranei, molto spesso si legano l’uno all’altro e si alternano tra di loro nella stessa persona e verso la stessa persona.

© Giovanni Lamagna

Desideri.

Indubbiamente è patologico non riuscire a tenere a bada i propri desideri, farsene sopraffare, volerli affermare infantilmente, al di fuori di ogni contesto e regola sociale e senza alcuna specie di limite.

Ma è altrettanto patologico non riuscire a riconoscere ed ammettere i propri desideri; e, quando se ne creano le condizioni, rinunciare alla loro realizzazione, come se, per principio, non se ne avesse diritto.

© Giovanni Lamagna