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L’unico realismo serio e fondato è la rivoluzione; l’alternativa è l’autodistruzione.

Mi faccio sempre più convinto che questo mondo vada cambiato radicalmente, rivoltato come un calzino, se si vuole salvarlo.

Non hanno, quindi, alcun senso per me la categoria politica di “moderazione” o/e, ancora meno, quella di “conservazione”.

Perché i moderati puntano in pratica soltanto a rinviare la morte, la fine di questo pianeta; a rallentarne l’arrivo; non ad eliminare la morte dalla faccia della Terra; almeno quella morte che dipende esclusivamente da noi e non dalla natura mortale delle cose, quella morte che ci daremo da soli, se non saremo capaci di invertire le tendenze oggi in atto e prevalenti.

I conservatori ci chiedono in pratica (quand’anche non ne siano del tutto consapevoli; ma possibile che non se ne rendano conto?) addirittura di perseguire la morte, la fine del Pianeta, di andarle, più o meno coscientemente, incontro, in nome (in buona sostanza) della difesa dei loro privilegi; come se la fine del Pianeta non coinvolgesse nel disastro totale anche loro e non solo quelli che sono vittime dei loro sfruttamenti.

Per cui oggi l’unico realismo serio, vero, fondato, è per me quello rivoluzionario, quello che si propone e persegue un cambiamento radicale del sistema economico, sociale, culturale, politico, che governa oggi, in forme diverse, ma sostanzialmente similari, il Pianeta.

Allo stesso tempo, però, io dico che la rivoluzione, di cui sto qui parlando, o sarà nonviolenta o non sarà affatto; nel senso che una eventuale “rivoluzione” violenta (ammesso che sia voluta, cercata e realizzata, oltre che possibile) condurrebbe anch’essa ad esiti nefasti, analoghi a quelli a cui ci stanno conducendo l’opzione moderata e quella conservatrice, di cui prima.

Come ci insegna d’altra parte l’esito di tante altre rivoluzioni violente realizzatesi nel corso della Storia, in primis di quella Francese del 1789 e di quella Russa del 1917.

Mi rendo conto, sono perfettamente consapevole, che forse (o senza forse) ciò che io – qui e ora – ritengo necessario è anche impossibile da realizzarsi, nel senso che non ce ne sono le premesse, le condizioni psicologiche individuali e quelle sociali collettive indispensabili.

Ma ciò non toglie che questa è, a mio avviso, l’unica via che potrebbe salvarci, se imboccata.

Se non la si imboccherà (e forse non la si imboccherà, perché come Umanità nel suo complesso non ne siamo capaci, non vi siamo preparati), l’esito per me è scontato, è nelle cose: sarà l’autodistruzione del genere umano e, forse, anche del Pianeta, come ecosistema, che ha reso possibile finora – pur tra milioni di traversie – la vita dell’uomo sulla Terra.

© Giovanni Lamagna

Sull’inconscio.

Secondo Lacan “il soggetto dell’inconscio non è il contrario della ragione, non è il suo opposto irriducibile, …” (Massimo Recalcati; “Un cammino nella psiconalisi”; Mimesis 2016; p. 147).q

Ma, a mio avviso, non è neanche “una sua espressione fondamentale”, come invece sostiene lo stesso Lacan (ibidem).

Per me l’inconscio è un misto di razionale e irrazionale, di ragione ed emozione, di passione e sapere.

È il luogo della verità fondamentale del soggetto, laddove risiede la sua “passione più singolare”, il sito dove alberga il suo desiderio più profondo.

Ma è anche il luogo dove risiedono le sue pulsioni (potenzialmente) omicide e suicide, le sue tendenze necrofile, autodistruttive e distruttive.

© Giovanni Lamagna