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Il filosofo costruisce mappe di orientamento.

Il filosofo è paragonabile ad un esploratore, ad un turista, che vuole recarsi in una regione o in una città da lui non ancora conosciuti ed ha bisogno quindi di mappe per orientarsi tra i luoghi che vuole visitare.

Il filosofo è uno che le mappe (nel suo caso del tutto interiori) se le costruisce da sé, per orientarsi all’interno del mondo e della vita, in cui – come dice Heidegger – è stato “gettato”; come, del resto, tutti gli altri uomini, con i quali condivide lo stesso destino.

Queste mappe (che qualcuno ha chiamato non a caso “weltanschauung”) servono innanzitutto a lui per orientarsi nel mondo in cui vive; ma egli spera, si augura (e talvolta – anche se in rari casi – è davvero così) possano servire pure ad altri suoi simili.

La filosofia muove dunque innanzitutto da un’esigenza del tutto individuale di autodifesa, di autoaiuto, di autoterapia; potremmo perfino dire di sopravvivenza.

Ma, allo stesso tempo, ha anche una finalità diciamo pure sociale: si propone cioè di svolgere un servizio (potremmo dire di consulenza?) al proprio prossimo.

Servizio non so fino a che punto realmente richiesto o desiderato, vista la definizione chiaramente canzonatoria che ne dà il popolino: “la filosofia è quella cosa con la quale o senza la quale tutto rimane tale e quale”.

Ma (tant’è!) il filosofo non può fare a meno di svolgere il suo “mestiere”, anche nella incomprensione e perfino nel disprezzo degli altri; perché esso corrisponde ad una vocazione interiore, alla quale (se è un vero filosofo) non può non corrispondere.

© Giovanni Lamagna

Due tipi di follia

Effettivamente, come dice Erasmo da Rotterdam, ci sono due tipi di follia.

Ce n’è una che consiste nella pura perdita di contatto con la realtà ed ha come conseguenza (negativa) l’incapacità di entrare in comunicazione efficace con gli altri e di agire positivamente sulla realtà per modificarla in meglio.

E ce n’è un’altra che, invece, mantiene i piedi ben piantati nella realtà, ma non si rassegna ad essa così com’è, perché mira a modificarla in senso sempre più favorevole agli interessi degli uomini, come individui e come collettività.

La prima è sterile, anzi dannosa, perché pura fantasticheria, allucinazione, delirio, senso futile di onnipotenza, narcisismo solipsistico. Ed ha quindi, in molti casi, esiti devastanti, per sé e per quelli con cui viene in contatto.

La seconda è, invece, costruttiva, foriera di frutti e risultati positivi. Produce cambiamenti e innovazione, che migliorano la qualità della vita delle persone e delle comunità. E’ la follia che genera il progresso degli uomini.

Anche se spesso deve attraversare il deserto dell’incomprensione altrui, per rompere schemi consolidati, pregiudizi, conformismi. Spesso, almeno in prima battuta, viene, infatti, ostacolata, ostracizzata, in certi casi persino perseguitata.

© Giovanni Lamagna