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Filosofi dal pensiero oscuro.

Molti filosofi danno l’impressione che non desiderino o che non abbiano interesse ad essere capiti.

Come Eraclito, disprezzano il volgo.

Hanno, infatti, uno stile oracolare: più che argomentare ed esplicitare con chiarezza i loro ragionamenti, li accennano appena.

A mio avviso non sono i migliori filosofi tra quelli che si sono susseguiti nella storia di questa disciplina.

© Giovanni Lamagna

“Natura umana” e/o “condizione umana”.

Sartre (e con lui, in generale, tutto il pensiero filosofico contemporaneo) fa una distinzione tra il concetto di “natura umana” e quello di “condizione umana”.

La prima non esisterebbe; esisterebbe solo la seconda.

Trovo tale affermazione più un gioco di parole che l’affermazione di una verità, la descrizione di una realtà.

Per me, infatti, se esiste una condizione umana universale è perché esiste (in fondo, in fondo) un quid strutturale (fosse anche minimo; anche se, a mio avviso, poi tanto minimo non è) che caratterizza e accomuna, pur nella loro diversità, la condizion0e degli umani.

Sul fatto che questo fondo, questo quid, non sia un che di fisso ed immutabile, ma di plasmabile, continuamente trasformabile nel corso della storia, sono d’accordo.

Ma il fatto che una realtà sia evolutiva, che sia trasformabile nel tempo, non vuol dire che non abbia un suo fondo stabile e, quindi, una sua identità, una sua riconoscibilità nel corso del tempo, una sua “natura” permanente.

L’acqua del fiume che bagna i piedi dell’uomo non è mai la stessa acqua, come giustamente ci ha fatto rilevare Eraclito già 25 secoli fa.

Così come l’uomo che bagna i suoi piedi nell’acqua dello stesso fiume non è mai lo stesso uomo ad ogni passaggio dell’acqua.

E su questo siamo tutti d’accordo.

Nel corso degli anni, dal momento della mia nascita a quello della mia morte, io – come soggetto – cambio innumerevoli volte: posso dire che ad ogni attimo che passa sono/divento una persona diversa da quella che ero nell’attimo precedente.

E, però, allo stesso tempo, resto indubitabilmente sempre la stessa persona, come è attestato dai miei documenti di identità e riconosciuto da coloro che mi sono familiari e amici.

Gli altri mi riconoscono ed io stesso mi riconosco come la stessa persona uguale nel tempo, anche se soggetta a cambiamento.

Questo cosa vuol dire rispetto al discorso che avevo avviato all’inizio sui concetti di “natura umana” e di “condizione umana”?

Vuol dire che la “natura umana”, qualcosa che possa essere definito con l’espressione “natura umana”, esiste, non può essere negato.

E’ ciò che permane come essenza, – riconoscibile, persistente, sostanzialmente identica a se stessa – nei diversi individui e nei diversi gruppi sociali di cui si compone l’Umanità.

Anche se – nelle varie epoche storiche e nei diversi contesti geografici – assume forme diverse, a volte anche molto diverse, persino in certi casi (quasi) irriconoscibili tra di loro.

E che, quindi e per concludere, il concetto di “condizione umana” non annulla, non cancella, quello di “natura umana”.

© Giovanni Lamagna

L’amore è per sempre?

Massimo Recalcati, nel suo “Mantieni il bacio” (pag. 32), afferma che, nel momento in cui io dico ad una persona “ti amerò per sempre”, il mio amore è veramente per sempre, io mi prometto veramente e sinceramente per l’eternità.

Anzi, sostiene Recalcati, l’amore DEVE essere per sempre. L’amore – per sua natura – è eterno. Altrimenti non è vero amore.

Il che non vuol dire (sembra quasi costretto a dover ammettere lo stesso Recalcati) che l’amore poi duri effettivamente per sempre, in eterno, come io avevo promesso.

Come si spiega allora questo paradosso (che io condivido), potremmo dire anche questa contraddizione, evidente nelle parole di Recalcati?

Come posso promettere amore eterno, addirittura sostenere che l’amore non è vero amore se non è eterno (almeno nelle intenzioni), se poi molti, tanti, esiti amorosi sembrano contraddire questa realtà, la realtà dell’ “amore per sempre”?

Recalcati la risolve così: la persona che ad un certo punto della relazione dice “non ti amo più” non è la stessa persona che in un tempo precedente, più o meno remoto, aveva detto “ti amerò per sempre”.

Non è la stessa persona. Perché ognuno di noi col tempo cambia, non rimane mai la stessa persona.

Questa cosa l’aveva già sostenuta, come tutti sappiamo, a suo tempo Eraclito, affermando come l’uomo non potesse “mai fare la stessa esperienza per due volte, giacché ogni ente, nella sua realtà apparente, è sottoposto alla legge inesorabile del mutamento”.

E, però, a me sembra, francamente, che la soluzione trovata da Recalcati sia piuttosto debole, che nasconda un trucco, un trucco logico-dialettico.

Infatti, è senz’altro vero che, nel momento in cui giuro alla mia amata amore eterno, io sono del tutto sincero. E, quindi, nessuno potrà accusarmi di essere stato spergiuro, quando e se il mio amore ad un certo punto dovesse esaurirsi.

Però è anche vero (a meno di non essere ammalato di infantilismo o di vivere nelle nuvole o, peggio, di confondere la realtà con la pura e sdolcinata retorica romantica) che, nel momento in cui dico “ti amerò per sempre”, io sono perfettamente consapevole che nulla e nessuno potrà garantire che i miei sentimenti rimangano intatti nel tempo; addirittura eterni.

Allora, forse, non sarebbe più onesto e corretto dire al proprio amato, nel momento in cui gli/le si dichiara il proprio amore, parole diverse dalle classiche e un po’ retoriche “Ti amerò per sempre!”?

Ad esempio, parole come queste: “Io in questo momento ti amo con tutto il mio cuore, tutte le mie forze e tutta la mia intelligenza.

E farò di tutto per non far sfiorire, depauperare, distruggere, evaporare, lo stato dell’anima, che in questo momento sto provando.

Non ti giuro, però, amore eterno, perché non posso giurare su quello che mi accadrà e su quello che sarò in futuro.

Posso solo prometterti che, se il sentimento di amore che in questo momento provo per te dovesse venire meno, non verrà meno il profondo rispetto che provo assieme all’amore e che ti dovrò anche se e quando dovesse venir meno l’amore.

Sarò sempre sincero con te e mai ti ingannerò sullo stato reale della nostra relazione.

Tu saprai sempre da me cosa io provo realmente verso di te, fosse anche il venir meno dell’amore che in questo momento provo per te”.

Mi rendo perfettamente conto e sono pienamente consapevole che questa dichiarazione è molto meno romantica, nel senso di emotivamente coinvolgente, anzi travolgente, e che soprattutto non ha l’efficacia sintetica, direi da “baci Perugina”, di quella che si esprime nella frase classica “Ti amerò per sempre!”.

E, tuttavia, ritengo che essa sia molto più realistica e, quindi, matura, vera e responsabile di quella classica, romantica dell’amore per sempre.

E riesca a conciliare il naturale, istintivo, desiderio di durata che ognuno di noi (compreso il sottoscritto) sinceramente vorrebbe dare al proprio sentimento d’amore, quando esso nasce, con la consapevolezza della sua inevitabile e strutturale precarietà: la precarietà intrinseca in tutto ciò che è umano.

© Giovanni Lamagna