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Ascesa e solitudine.
Più ci si inoltra ad alte quote, per sentieri scoscesi ed impervi, meno è dato di incontrarvi altri viandanti.
Più si resta, quindi, soli.
Ascesa e solitudine sembrano essere, quindi, compagni inevitabili.
Prima o poi destinati a incontrarsi e convivere.
© Giovanni Lamagna
Compagnia e solitudine.
“Non è bene che l’uomo sia solo…” dice il Signore Dio in Genesi 2,18
Ed è vero, concordo: gli uomini soli (come le donne sole, del resto) sono tristi e fanno tristezza.
Ma, c’è un ma.
Non ogni compagnia fa bene.
Ci sono compagnie che fanno male o fanno altrettanta tristezza che la solitudine.
Non a caso un vecchio adagio recita: “Meglio soli che male accompagnati”.
© Giovanni Lamagna
Star bene da soli e star bene cogli altri
Molti uomini (a me sembra addirittura la maggioranza) non sanno stare bene da soli.
Ovviamente non riescono a stare bene nemmeno assieme agli altri.
Dico “ovviamente”, perché la condizione per stare bene con gli altri è che si sia capaci prima di stare bene da soli, con se stessi.
Come si può stare bene con gli altri, se non si è capaci di stare bene con se stessi?
© Giovanni Lamagna
Essenzialmente uniti e irrimediabilmente divisi
Uno dei maggiori paradossi che ci caratterizza come esseri viventi è quello di essere uniti da un legame essenziale, profondo e indissolubile, come se fossimo parte di un unico tutto.
E, allo stesso tempo, quello di essere irrimediabilmente, potremmo anche dire tragicamente o, almeno, malinconicamente, divisi l’uno dall’altro, insuperabilmente separati; quindi soli.
@ Giovanni Lamagna
Soli o dipendenti?
16 aprile 2016
Soli o dipendenti?
Alcuni preferiscono restare da soli e vivere infelici, pur di non diventare dipendenti da qualcuno. Altri, all’opposto, si accontentano di relazioni infelici, pur di non restare da soli. Il compito a cui siamo chiamati è quello di entrare in relazione con gli altri, senza diventarne dipendenti. Di intrecciare relazioni intense e profonde, conservando la nostra autonomia e indipendenza.
Giovanni Lamagna