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La sapienza del saggio

La sapienza di un uomo saggio è dimostrata non dalle cose che dice, ma dalle cose che fa.

Ovverossia dai suoi comportamenti, dalle sue scelte, dalle sue azioni, dal suo stile di vita.

© Giovanni Lamagna

Il pedante e il maestro

Il pedante è colui che in ogni occasione si vuole fare maestro di qualcosa.

Chi sta sempre in cattedra con la presunzione di poter insegnare agli altri.

Persona odiosa, indubbiamente!

Il vero maestro è colui che non vuole insegnare mai niente a nessuno.

Da lui si impara non perché egli si proponga di trasmettere conoscenze.

Ma perché la sua stessa vita è un faro di sapienza e saggezza.

Che emana una luce naturale e spontanea, quasi involontaria.

© Giovanni Lamagna

Saggezza, sapienza e conoscenza

Trovo più saggezza e sapienza negli antichi che nei contemporanei.

Eppure i secondi sopravanzano di gran lunga i primi in conoscenze.

A dimostrazione che “conoscenza” non è sinonimo di “saggezza” e di “sapienza”.

© Giovanni Lamagna

Amore della Sapienza

Il mio primo e principale amore – potrei dire anche il mio vero e unico amore – è la Sapienza.

Da essa, infatti, per me derivano tutti gli altri amori.

Che sono tali solo nella misura in cui riconoscono e amano anch’essi la Sapienza.

Io amo, infatti, solo le persone che amano la Sapienza.

Sto parlando qui, sia ben inteso, dell’amore erotico, che è un amore, per sua natura, selettivo.

Non sto parlando dell’amore/compassione, dell’amore agape, che è, invece, universale e si riferisce – almeno in potenza – a tutti gli uomini, può essere anche unidirezionale, unilaterale, può rivolgersi persino ai nemici.

Aggiungo che mi sento veramente amato solo dalle persone che amano la Sapienza; e nella misura in cui esse amano la Sapienza.

La sapienza è, dunque, per me il fondamento stesso dell’amore.

Senza Sapienza, senza amore per la Sapienza, non c’è – a mio avviso – neanche vero amore tra le persone, tra gli uomini.

Per questo, quando un amore erotico, cioè un amore per una persona specifica, vacilla, io sento il bisogno di appoggiarmi, ancora più di quanto non faccia di solito, alla Sapienza.

Perché la Sapienza è la mia ancora di salvezza, il mio porto sicuro, lo scoglio solido, a cui aggrapparmi in mezzo all’oceano, in mezzo alle tempeste.

Ancora: io non voglio, non desidero amori che non siano amori per quel poco, quel pezzettino di Sapienza che in me si incarna, si manifesta.

Ogni altro amore è, infatti, per me vacuo, effimero, superficiale, passeggero, destinato ad appassire e morire presto.

In altre parole non credo all’amore che in me amasse solo l’intelligenza o il carattere; meno che mai credo all’amore che amasse solo il mio corpo.

Non credo manco all’amore che in me amasse tutte e tre queste cose insieme, in contemporanea, ammesso e non concesso ovviamente che meritassi questo amore.

Solo l’amore che in me ama la Sapienza, che riconosca e ami la scheggia o le schegge di Sapienza che sono riuscito a cogliere cogli anni, nel mio percorso esistenziale, ha per me una base solida, vera, duratura, profonda.

E solo a questo amore io, dunque, credo, mi affido, mi concedo, mi lascio andare per davvero.

© Giovanni Lamagna

“Vivere fuori”, “vivere dentro”

Chi vive molto “fuori” magari si sbatte molto, si dà molto da fare, ma, alla fin fine, ha poco da dire e poco da dare.

Solo chi vive molto “dentro” accumula sapienza e pace interiore.

Ed ha, quindi, veramente, realmente da dire e da dare.

© Giovanni Lamagna

Che cos’è lo Zen?

Per me è l’arte di condurre una vita semplice, essenziale, sobria, dedita alla contemplazione (cioè alla ricerca della verità e della sapienza) e alle relazioni umane.

Esiste, quindi, un buddhismo zen, ma potrebbe anche esistere un cristianesimo zen o un induismo zen o un islamismo zen o, molto più semplicemente un umanesimo zen.

© Giovanni Lamagna

Amore per la sapienza e amore per gli altri

Nel 1673, davanti all’offerta di un posto di professore di filosofia a Heidelberg, Spinoza declinò, perché una tale esposizione pubblica e una simile carica gli avrebbero impedito di essere libero in quello che pensava e scriveva.

Alle accademie e agli onori pubblici Spinoza ha sempre preferito le amicizie epistolari nutrite dal pensiero.

Non solo una parte importante delle sue opere è costituita da lettere, ma il primo luogo di discussione e genesi della sua filosofia è stato il gruppo dei suoi amici.

Si tratta della prima ragione della sua attualità: il luogo del pensiero non è la scuola o la piazza ma l’amicizia.

E’ solo tra amiche e amici che si può non solo pensare ma intrecciare conoscenza e amore (come fa il nome stesso “filosofia”) senza più poter distinguere l’uno dall’altra, l’incontro dei saperi dall’amore per gli altri…

Se l’amicizia è rara e difficile non è perché ha bisogno di intimità fisica ma perché può vivere solo ed esclusivamente di prossimità intellettuale”.

Così scriveva il 19 agosto 2020 Emanuele Coccia nelle pagine culturali de “la Repubblica”.

Mi sento molto espresso da queste parole o, meglio, da quello che esse raccontano. L’approccio di Spinoza alla filosofia – se posso permettermi un accostamento, che so essere del tutto indegno – è esattamente il mio; o, meglio, quello che vorrei avere io.

Innanzitutto perché anche per me il filosofo non è uno che aspira in primo luogo ad incarichi accademici: si è filosofi non perché si occupa o si aspira ad occupare una cattedra di filosofia; si è filosofi innanzitutto e soprattutto perché si ama la sapienza, cioè per un atteggiamento interiore, una modalità dello spirito, che non solo è altra cosa dalla professione di insegnante di filosofia, ma a volte addirittura contrasta (o può contrastare) con l’esercizio di questa professione.

Succede talvolta (non sempre, ma piuttosto spesso) che i peggiori filosofi siano proprio gli insegnanti di filosofia.

Mi riconosco molto, inoltre, nell’identificazione che si ritrova in Spinoza tra il sentimento dell’amore per la sapienza (la filosofia, appunto!) e quello dell’amore per gli amici.

Che mi ricorda il modo di intendere e di vivere la filosofia da parte di colui che potremmo considerare il padre stesso della filosofia, cioè Socrate, e di molti dei primi filosofi greci, in primis di Platone.

Non a caso la filosofia di Socrate non si è mai tradotta formalmente in libri, ma è giunta a noi riportata dai resoconti del suo principale allievo (e suppongo anche amico intimo) Platone.

E nella forma, non certo accademica, dei dialoghi. Come a voler significare che la filosofia si genera solo in un clima di amicizia; e che l’amicizia, la vera amicizia, l’amicizia profonda, si alimenta di conversazioni filosofiche.

Cosa sarebbe, infatti, un’amicizia che non vivesse anche di dialoghi continui sul senso e il mistero della vita, sul destino che ci aspetta, sulla vocazione assolutamente unica e irripetibile a cui ciascuno di noi è tenuto a rispondere?

Amicizia e filosofia, quindi, come dimensioni contigue, anzi indissolubili, dell’animo umano.

© Giovanni Lamagna

Noi e i Maestri

Tutti noi, chi più e chi meno, abbiamo incontrato, cammin facendo e magari in svariate occasioni, dei Maestri, ovvero delle persone dotate di particolare saggezza.

Ci sono, però, tra noi, quelli che li hanno umilmente e saggiamente seguiti e imitati.

E quelli che si sono stoltamente, ottusamente, a volte ostinatamente, rifiutati di farlo.

Che hanno perso, quindi, le occasioni, in certi casi ripetute e numerose, che la vita aveva loro offerto, di crescere in scienza, ma soprattutto in sapienza.

© Giovanni Lamagna

Sapienza

Non si può spiegare la Sapienza.

O la si coglie o non la si coglie.

Non ha bisogno di tante mediazioni intellettuali

o culturali.

La Sapienza non si impara

come due più due fa quattro,

né la si insegna

come fosse una materia.

Non la si dimostra come fosse un teorema

o una teoria.

Va intuita, percepita,

colta al volo,

come si coglie un fiore,

come si raccoglie un’ispirazione.

La si riconosce

non per abilità intellettuale,

meno che mai per mestiere,

ma per vocazione, destino,

dono innato.

A chi ce l’ha questa vocazione

la Sapienza sarà data,

a chi non ce l’ha

sarà tolta anche quel poco che ne ha.

E’ un mistero la Sapienza.

Eppure non c’è nulla di così semplice e chiaro,

nitido e familiare

come la Sapienza.

© Giovanni Lamagna