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Vorrei che la mia vita fosse tutta una preghiera
Pubblicato da giovannilamagna
Vorrei che la mia vita fosse tutta una preghiera.
Preghiera laica,
ma pur sempre preghiera.
Preghiera di lode,
di ringraziamento,
di invocazione,
di lamentazione.
Perché questa è la vita:
stupore, mancanza, gioia, dolore!
© Giovanni Lamagna
Pubblicato su mistica, poesia, Spiritualità
Tag: dolore, gioia, invocazione, lamentazione, lode, mancanza, preghiera, ringraziamento, stupore, vita
Sulla preghiera
Pubblicato da giovannilamagna
15 novembre 2016
Sulla preghiera.
Nel suo ultimo articolo domenicale su “la Repubblica” Massimo Recalcati si chiede se la preghiera debba essere considerata nient’altro che una pratica superstiziosa, fondata in buona sostanza su una pura e semplice illusione.
Mi sono posto anche io svariate volte questa domanda e le riflessioni di ieri di Recalcati me l’hanno ancora una volta riproposta. Provo allora ad esprimere le risposte che me ne sono venute.
Per me la preghiera è senz’altro un atto di superstizione, fondato su un’illusione, se è un’apertura di dialogo e una richiesta passiva di intervento rivolte ad un’Entità (in vari modi definibile, ma di solito chiamata “divinità”), trascendente la natura e quindi gli umani. Entità che il pensiero filosofico e quello scientifico oramai prevalenti considerano inesistente, pura proiezione dei desideri e delle fantasie di chi la “prega” e, quindi, la ritiene esistente, ma al di là di ogni prova scientifica e filosofica.
La preghiera, invece, non è per me (come non lo è – mi sembra di capire – per Massimo Recalcati) una pura superstizione, se essa esprime un’apertura e (perfino) un’invocazione ad un Altro da Sé, che abita non fuori di noi (in un altrove indefinibile) ma in ciascuno di noi (dentro la nostra interiorità).
Se è il riconoscimento di questa presenza, che non è totalmente Altro da noi e nello stesso tempo non si riduce al (e non può confondersi col) semplice Ego. Ego col quale noi di solito, invece, un po’ semplicisticamente, tendiamo a vederci, a rappresentarci e a presentarci. Come se fosse la nostra unica realtà.
L’Altro da Sé, di cui parlo qui, non è totalmente Altro, perché non è ontologicamente separato da noi. E, quindi, non è un Ente trascendente, vivente in una realtà metafisica. Ma è totalmente e interamente presente in noi, costituisce la nostra stessa essenza. Che non è monistica (come i più tra noi tendono a credere) ma strutturalmente duale. E’ cioè composta di un Io e di un Tu.
Infatti, non si dà coscienza umana, meno che mai consapevolezza, quello che è lo specifico di noi esseri umani, se l’Io della persona non entra in rapporto e in dialogo con il Tu della persona stessa. Se non entra in rapporto e dialogo quindi con l’Altro da Sé.
La preghiera, come pratica non superstiziosa, è dunque innanzitutto questa apertura, che può diventare (in certi momenti almeno) perfino un’invocazione, una richiesta di aiuto, di soccorso, di conforto all’Altro da Sé.
Il secondo aspetto della preghiera (che me la fa rivalutare anche sul piano laico, della pura e semplice umanità, dal punto di vista cioè di una persona che non crede nell’esistenza di una divinità superiore e separata dal mondo) è che nella preghiera l’uomo vive fino in fondo e nella maniera più radicale possibile l’esperienza dei suoi limiti, la consapevolezza che egli non è onnipotente, che non tutto, anzi molto poco, se non quasi niente, dipende da lui.
Che ciascuno di noi può tutt’al più assecondare il corso degli eventi, cercando, per quel poco che può, di fare in modo che il corso degli eventi prenda una direzione positiva (cioè a favore della vita, nel senso più ampio del termine) e non negativa (nel senso della morte, anche qui nel senso più ampio del termine).
E per fare questo si mette in una posizione di apertura e di ascolto, che ha qualche analogia con l’esperienza di chi prega, di chi crede in Dio e con la preghiera si rivolge a lui.
Il terzo aspetto che mi predispone alla preghiera, intesa in senso laico. sta nel fatto che nell’apertura all’Altro da Sé, di cui parlavo prima, l’uomo ha la possibilità non solo di concentrarsi, unificarsi e utilizzare quindi al massimo tutte le energie che è già consapevole di avere.
Ma ha anche la possibilità di venire in contatto con un mondo interiore di cui non è ancora consapevole e quindi con energie e potenzialità che manco sospettava di possedere.
La preghiera in questo senso può realizzare dei miracoli laici. Non perché forza la natura (come si pretende che succeda da parte di chi crede nei miracoli religiosi) ma perché recupera una natura nascosta, inespressa, potenziale, reale, anche se non ancora conosciuta.
La “preghiera”, intesa nel senso laico con cui la intendo io, può esaltare, espandere, far crescere l’umanità di ciascuno di noi. Per questo ha senso farvi ricorso.
Giovanni Lamagna
Pubblicato su antropologia, Filosofia, morale, Psicologia, Religione, Spiritualità
Tag: aiuto, altro da sé, concentrazione, coscienza, dialogo, Dio, divinità, Ego, energie, Ente trascendenta, illusione, interiorità, invocazione, la Repubblica, limiti, massimo Recalcati, metafisica, miracoli, mondo interiore, morta, pensiero filosofico, pensiero scientifico, potenzialità, preghiera, superstizione, umanità, unificazione, vita