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Volere bene.

Volere bene a qualcuno significa innanzitutto e molto semplicemente provare gratitudine per la sua esistenza, per il suo essere al mondo.

Sentimento niente affatto scontato tra gli uomini; anzi raro; presente, nel migliore dei casi, solo all’interno di una ristretta cerchia di familiari ed amici.

I più tra noi spesso vivono con fastidio o addirittura con ostilità l’esistenza dell’altro, che – in una visione del tutto miope – toglierebbe spazio alla nostra o le impedirebbe di realizzare le sue potenzialità, le sue aspirazioni, i suoi desideri.

Volere bene a qualcuno significa, invece, avvertire – da tutti i punti di vista – che l’esistenza dell’altro, lungi dal togliere qualcosa alla nostra, l’arricchisce, la favorisce, la stimola, è fattore di crescita, di vitalità, di bene-essere per noi.

© Giovanni Lamagna

“Natura umana” e/o “condizione umana”.

Sartre (e con lui, in generale, tutto il pensiero filosofico contemporaneo) fa una distinzione tra il concetto di “natura umana” e quello di “condizione umana”.

La prima non esisterebbe; esisterebbe solo la seconda.

Trovo tale affermazione più un gioco di parole che l’affermazione di una verità, la descrizione di una realtà.

Per me, infatti, se esiste una condizione umana universale è perché esiste (in fondo, in fondo) un quid strutturale (fosse anche minimo; anche se, a mio avviso, poi tanto minimo non è) che caratterizza e accomuna, pur nella loro diversità, la condizion0e degli umani.

Sul fatto che questo fondo, questo quid, non sia un che di fisso ed immutabile, ma di plasmabile, continuamente trasformabile nel corso della storia, sono d’accordo.

Ma il fatto che una realtà sia evolutiva, che sia trasformabile nel tempo, non vuol dire che non abbia un suo fondo stabile e, quindi, una sua identità, una sua riconoscibilità nel corso del tempo, una sua “natura” permanente.

L’acqua del fiume che bagna i piedi dell’uomo non è mai la stessa acqua, come giustamente ci ha fatto rilevare Eraclito già 25 secoli fa.

Così come l’uomo che bagna i suoi piedi nell’acqua dello stesso fiume non è mai lo stesso uomo ad ogni passaggio dell’acqua.

E su questo siamo tutti d’accordo.

Nel corso degli anni, dal momento della mia nascita a quello della mia morte, io – come soggetto – cambio innumerevoli volte: posso dire che ad ogni attimo che passa sono/divento una persona diversa da quella che ero nell’attimo precedente.

E, però, allo stesso tempo, resto indubitabilmente sempre la stessa persona, come è attestato dai miei documenti di identità e riconosciuto da coloro che mi sono familiari e amici.

Gli altri mi riconoscono ed io stesso mi riconosco come la stessa persona uguale nel tempo, anche se soggetta a cambiamento.

Questo cosa vuol dire rispetto al discorso che avevo avviato all’inizio sui concetti di “natura umana” e di “condizione umana”?

Vuol dire che la “natura umana”, qualcosa che possa essere definito con l’espressione “natura umana”, esiste, non può essere negato.

E’ ciò che permane come essenza, – riconoscibile, persistente, sostanzialmente identica a se stessa – nei diversi individui e nei diversi gruppi sociali di cui si compone l’Umanità.

Anche se – nelle varie epoche storiche e nei diversi contesti geografici – assume forme diverse, a volte anche molto diverse, persino in certi casi (quasi) irriconoscibili tra di loro.

E che, quindi e per concludere, il concetto di “condizione umana” non annulla, non cancella, quello di “natura umana”.

© Giovanni Lamagna

Forme e convenzioni

Sono totalmente d’accordo con Montaigne, quando sostiene (“Saggi”, libro I, cap. XIII) che ci sono forme e convenzioni necessarie, che è bene e utile osservare nei rapporti sociali, senza però alcuna rigidità e senza farsene schiavi.

E’ bene, quindi, che le forme e le convenzioni si allentino, che i rapporti tra le persone diventino più sciolti e informali, nella misura in cui diventano rapporti intimi, come lo sono di solito i rapporti tra familiari o tra amici.

© Giovanni Lamagna