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Scissioni e nevrosi del comportamento amoroso.

Nel 1912 in una pagina di “Psicologia della vita amorosa” Sigmund Freud affermava: “Non possiamo sottrarci alla conclusione che oggi il comportamento amoroso dell’uomo, del nostro mondo civile, è improntato a impotenza psichica.

Solo in una minoranza delle persone colte la corrente di tenerezza e quella sensuale si armonizzano reciprocamente;

quasi sempre, nella attività sessuale, l’uomo si sente limitato dal rispetto per la donna e sviluppa la sua piena potenza solo quando ha dinanzi a sé un oggetto sessuale degradato.”

Come a dire: generalmente l’uomo non desidera eroticamente e sessualmente la donna che ama, alla quale è legato (coniugato) da un rapporto sentimentale ed affettivo, con la quale ha messo magari al mondo dei figli, mentre è attratto eroticamente e sessualmente dalla donna considerata “puttana”, alla quale non lo unisce un legame particolarmente forte sul piano sentimentale ed affettivo e che magari, in cuor suo, persino disprezza.

A distanza di più di 100 anni, da quando tale affermazione fu fatta, possiamo dire con sufficienti elementi di certezza, sulla base di quanto ci è dato osservare attorno a noi, che il comportamento amoroso dell’uomo, in quello che Freud – non so quanto del tutto a ragione – definiva “il nostro mondo civile”, non è cambiato granché.

Anzi a me sembra che non sussista (e, in effetti, non sia mai esistita) manco la differenza tra la minoranza delle persone colte e le altre di cui parlava Freud.

Penso, infatti, che “l’impotenza psichica” – di cui, a detta del fondatore della psicoanalisi, soffrono la grande maggioranza degli uomini – non dipenda dal loro basso livello culturale, quanto piuttosto dalla loro bassa educazione emotiva e sentimentale.

E che questa è dato riscontrarla sia nei maschi di basso sia in quelli di alto livello culturale.

Aggiungo che, a mio avviso, la disfunzione a cui fa riferimento Freud non è un problema solo degli uomini, ma è un problema che accomuna sia gli uomini che le donne.

Legato, sì, a modelli culturali, ma non nel senso dell’istruzione (che pure in una certa misura lo influenza), ma nel senso dei modelli antropologici che si sono venuti creando nel corso dei secoli, anzi dei millenni.

L’affermazione – quasi ovunque divenuto egemone – del modello patriarcale, col dominio della figura maschile in quasi tutti i contesti sociali, ha portato alla instaurazione di un certo tipo di relazioni maschio/femmina, che si è esplicitato, concretizzato, nell’istituzione (quasi universale) del matrimonio e della famiglia.

In questi due tipi di istituzioni (almeno nel momento in cui sono nati e si sono consolidati) la donna veniva considerata oggetto (munus) fondante di un contratto tra maschi e, in quanto tale, associabile a ciò che è proprietà del maschio.

Questo tipo di organizzazione sociale ha, come è ovvio, fortemente inciso sulla dimensione emotiva, sentimentale ed affettiva della relazione tra il maschio e la femmina ed è, a mio avviso, la prima causa di quella scissione, di cui parla Freud, tra la corrente di tenerezza (su cui si fonda l’amore come philia e agape) e quella sensuale (su cui si fonda l’amore come eros).

Nelle società patriarcali classiche, anzi, la dimensione emotiva, sentimentale ed affettiva non aveva nessuna importanza: i matrimoni venivano combinati dai padri delle rispettive famiglie di origine e i due sposi coinvolti erano i semplici destinatari di un contratto stipulato da altri per loro conto.

Non solo la femmina-sposa era quindi oggetto di una trattativa, ma lo stesso maschio-sposo lo era: l’oggetto del contratto era uno scambio di beni fisici e materiali; l’amore (sia nella sua versione fraterna e agapica che in quella erotica e sensuale) contava praticamente nulla.

Coi tempi moderni, soprattutto a partire dall’Ottocento, col fenomeno culturale passato alla storia col nome di “Romanticismo”, la dimensione emotivo-affettiva cominciò ad acquisire un suo ruolo e una sua importanza nei rapporti tra maschio e femmina.

Continuò a restare, invece, ai margini, quella erotico/ sessuale, che veniva in genere soddisfatta in ambiti diversi dal rapporto istituzionale (quello matrimoniale) o anche dallo stesso rapporto sentimentale non ancora formalizzato, che veniva vissuto generalmente in forme molto idealizzate, se non addirittura del tutto platoniche.

Con la conseguenza che la scissione tra la corrente di tenerezza e quella sensuale di cui parlava Freud continuò a persistere anche nei decenni successivi al primo ‘800 romantico.

Anzi la mia impressione è che essa continui ancora oggi a sussistere, a dispetto di tutte le cosiddette rivoluzioni sessuali nel frattempo intervenute.

E che continuerà a sussistere per molto, molto tempo ancora.

Essa si ricompone (quando si ricompone), in molte situazioni, solo all’inizio del rapporto moroso e solo per una (più o meno) breve fase; poi (più o meno nel breve tempo) ricompare di nuovo nella maggior parte delle relazioni.

Potrà scomparire del tutto, a mio avviso, (ammesso che questo prima o poi accada) solo quando la dinamica proprietaria instauratasi col matrimonio e con la famiglia patriarcale e introiettata oramai profondamente dalla grande maggioranza degli umani, tanto da essere ben presente anche nelle epoche successive, (solo) apparentemente post-patriarcali, sarà definitivamente superata.

Ma credo e temo che per arrivare a questo esito ci vorranno ancora molti decenni, se non addirittura secoli.

Sempre che nel frattempo non intervengano (come ho l’impressione che accadrà, a giudicare dall’attuale evolvere dei costumi sessuali) altre scissioni, di origini e nature diverse da quella denunciata da Freud, ma non meno, se non forse addirittura più, nevrotiche ancora.

© Giovanni Lamagna