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Linguaggio e contenuti.

La prosa di Sigmund Freud è – quasi sempre – di una chiarezza adamantina, esemplare.

Eppure è utilizzata per esprimere concetti niente affatto semplici, meno che mai banali, anzi spesso molto complessi.

Dovrebbe essere di lezione, quindi, per quanti fanno generalmente ricorso ad un linguaggio oscuro, anche per esprimere concetti tutto sommato abbastanza semplici o, addirittura, elementari.

Come se si compiacessero nel non essere compresi.

E come se l’acutezza, la profondità e la complessità dei contenuti si misurassero dal linguaggio poco chiaro o addirittura incomprensibile ai più.

© Giovanni Lamagna

Lo spirito religioso oggi.

Lo so di dare scandalo e di stupire anche molti dei miei amici e compagni di lunga data, facendo le affermazioni che seguiranno.

Ma devo dirlo e voglio dirlo con forza: più vado avanti e più mi convinco che, se le religioni non fossero state inventate alcuni millenni orsono, bisognerebbe inventarle oggi.

Pur con tutti i loro limiti, le loro contraddizioni, gli orrori che sono stati commessi in loro nome, esse hanno, infatti, contribuito enormemente a dare un senso all’uomo.

Che, forse, senza di esse non l’avrebbe trovato.

E, anche se oggi molte religioni storiche (forse tutte) hanno perso la funzione antropologica che le ha giustificate fino all’arrivo della modernità, questo non vuol dire che sia venuta meno la domanda originaria di senso, da cui esse erano nate.

La domanda di senso, infatti, permane, anche nell’uomo del XXI secolo.

E la domanda di senso produce inevitabilmente forme di religiosità.

Che non avranno più (e per fortuna, dico io!) le caratteristiche di quelle che sono appena (e, ritengo, per sempre) tramontate, ma sono pur sempre forme di religiosità.

Coi loro simboli, i loro riti, talvolta anche i loro sacerdoti, finanche le loro divinità.

Persino la sete di potere, la brama di ricchezza, il desiderio di fama e l’esasperato consumismo attuale corrispondono, se ci pensiamo bene, a questo bisogno di senso.

E alimentano, quindi, a loro modo, forme, per quanto perverse, di religiosità.

Non è dunque – lo dico ai miei amici e compagni – la religione o, meglio, lo spirito religioso in sé che bisogna combattere e rinnegare; perché questo è ineliminabile dall’animo umano.

Anzi, esso va riscoperto e coltivato, seppure in forme completamente nuove rispetto a quelle delle religioni storiche oramai tramontate.

Occorre, invece, combattere i contenuti e le forme di alcune “religioni” moderne, che spesso si mascherano come anti-religiose, come tentativi di superamento dell’idea stessa di religione.

Mentre, invece, molte volte ne sono solo un pessimo e nefasto surrogato, ancora peggiore e più negativo delle religioni storiche, tanto disprezzate dall’uomo moderno e ancora più da quello che si definisce postmoderno.

Per recuperare – come ho già detto – il senso più vero e autentico delle antiche esperienze religiose, inventandosi nuove forme di religiosità, fondate su valori, ideali e persino utopie, all’altezza dei tempi odierni, pienamente compatibili con essi.

Capaci di coniugare, pertanto, “principio della realtà” e “ideale dell’Io”, ovverossia il restare coi piedi ben piantati per terra con la tensione – tutta umana e perciò pienamente legittima- a trascendersi.

In grado di tenere insieme scienza, filosofia e arte, sano egoismo e fraternità universale, azione e contemplazione, socialità e solitudine, lavoro e tempo libero, sesso e spiritualità.

© Giovanni Lamagna

Religioni e linguaggio laico.

Anch’io – come Habermas (vedi Micromega 1/2019; pag. 162) – penso che sia possibile una “traduzione” dei contenuti delle religioni in argomenti e in un linguaggio laico.

Prendere, in altri termini, ciò che è ancora valido dei messaggi religiosi e lasciare andare, abbandonare, ciò che di essi è oramai caduco, inaccettabile.

© Giovanni Lamagna