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Prigionieri di madri vampire.

Ci sono figli (e figlie) di madri “vampire”, che, anziché avvertire il pericolo primario rappresentato dal rapporto con madri simili, se ne prendono il “vantaggio secondario”: sono ben contenti/e di avere una madre che è “tutta” e “solo” per loro.

E così rimangono “prigionieri/e” di una vita infantile, figli o figlie a vita, incapaci di diventare psicologicamente adulti/e e realizzarsi come persone, sui due piani fondamentali della vita: quello del lavoro e quello delle relazioni affettive.

© Giovanni Lamagna

Desiderio amoroso e desiderio sessuale

Sartre, sulle orme già tracciate da Freud, distingue il “desiderio d’amore” dal “desiderio sessuale” (1).

Già Freud, infatti, ben prima di Sartre, aveva parlato di una “eterogeneità strutturale tra la dimensione della pulsione sessuale e quella della tenerezza amorosa.” (2)

Lacan aveva poi ripreso questa riflessione mostrando “l’inconciliabilità tra la dimensione del godimento che ruota attorno al carattere autistico della pulsione e quella dell’amore, che invece si nutre del segno di riconoscimento dell’Altro, della sua parola.” (3)

Io condivido la distinzione di cui parlano Freud, Sartre e Lacan, non condivido l’idea che essa equivalga a eterogeneità, anzi inconciliabilità assoluta; non condivido insomma l’idea che la distinzione di cui sopra sia un tratto strutturale e, quindi, insuperabile della “psicologia della vita amorosa”.

Concordo che la divisione tra desiderio amoroso e desiderio sessuale sia presente nella maggioranza, se non nella quasi totalità, dei rapporti amorosi, non concordo però che essa debba essere considerata un dato intrinseco e, quindi, ineliminabile dei rapporti amorosi.

Concordo che, con il trascorrere del tempo e con l’instaurarsi della ripetizione dello stesso e quindi della routine, all’interno dei rapporti amorosi venga il più delle volte ad instaurarsi la scissione di cui parlano sia Freud che Sartre e Lacan.

Concordo che la forte passione, che unisce l’attrazione sessuale alla tenerezza, in un impasto/intreccio in cui l’una tende a rafforzare l’altra e viceversa, caratterizza la maggior parte dei sentimenti amorosi solo nella fase iniziale dei rapporti, quella dell’innamoramento.

Mentre col tempo, nella maggior parte dei rapporti, essa tende a sfumare, a scemare, ad appassire come succede ai fiori, e a divaricare, in due direzioni separate e a volte del tutto opposte, le sue due correnti fondamentali: quella della tenerezza e quella della sensualità.

Ritengo, però, che questo destino di inaridimento e scissione del sentimento passionale iniziale non sia affatto ineluttabile e senza alternative, ma che possa essere affrontato, contrastato e vinto, se le due persone coinvolte nella relazione d’amore ne hanno una cura adeguata e fanno per questo un lavoro costante su se stesse.

A partire dalla consapevolezza necessaria che la divaricazione tra il “desiderio d’amore” e il “desiderio sessuale”, tra la “pulsione sessuale” e la “tenerezza amorosa”, tra la “dimensione del godimento” e la “dimensione dell’amore” ha una radice antica, trova origine nella dinamica edipica della nostra vita infantile.

Quando il “desiderio sessuale” provato dal figlio per la madre e simbolicamente castrato dal padre, che non può permettere al figlio di portargli via la compagna, (e, aggiungo io, dalla figlia nei confronti del padre e simbolicamente castrato dalla madre) si trasforma in “tenerezza amorosa” e viene momentaneamente rimosso, messo sullo sfondo della nostra vita relazionale, diventando latente.

Per riaffiorare poi nuovamente e prepotentemente con la pubertà, ma indirizzato su un nuovo oggetto sessuale, diverso dalla figura genitoriale che lo aveva suscitato per primo, e perciò spesso scisso dal sentimento della tenerezza, collegato indissolubilmente al rapporto con la madre, nel caso del figlio, o del padre, nel caso della figlia.

E’ questo il tempo in cui la vita amorosa dell’individuo può vivere e, in genere, vive, a volte molto intensamente e quindi nevroticamente, questa scissione, incapace di ricomporsi: da un lato la pura attrazione sessuale verso un determinato oggetto erotico, attrazione a suo tempo rimossa, a causa della castrazione simbolica del padre o della madre, dall’altro l’attrazione verso un secondo oggetto erotico, rappresentato da una figura quasi materna o paterna, in cui prevale il sentimento della tenerezza.

Il tempo, l’avanzare dell’età e le ripetute esperienze amorose e sessuali potranno portare però, almeno a mio avviso, (ovviamente e solo se ci sarà stato un lavoro di ricerca, di analisi e di ricomposizione interiore del soggetto coinvolto) al superamento, prima o poi, di questa scissione e alla risoluzione (quasi) definitiva della dinamica generalmente insorta nella fase edipica nel triangolo padre/madre/figlio/a.

La scissione, pertanto, di cui parlano Freud, Sartre e Lacan, per me non è affatto strutturale e insuperabile, ma può essere, prima o poi, risolta, superata.

In altre parole, ad un certo punto della mia vita amorosa, io posso (non è detto che ci riesca, ma c’è questa possibilità) arrivare a provare verso la stessa persona sia un forte sentimento di tenerezza che un intenso desiderio sessuale, senza vivere più il conflitto, di cui parlano i tre autori dalle cui citazioni è partita questa mia riflessione.

E addirittura evitare che col tempo la passione iniziale che, nella fase iniziale del rapporto, intrecciava affetto, tenerezza e intenso desiderio sessuale, si logori, consumi, arrivando ad una nuova divaricazione delle due correnti amorose fondamentali, di cui abbiamo qui estesamente “ragionato”.

© Giovanni Lamagna

  • Massimo Recalcati; “Ritorno a Jean-Paul Sartre”; (2021; Einaudi); p.226
  • ibidem; p. 226-22
  • ibidem; p. 227