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Noi e gli altri.

Gli altri sono per noi come degli specchi, nei quali ci riflettiamo, nei quali ricerchiamo il nostro volto, quello nel quale identificarci.

I rapporti con gli altri, attraverso questo gioco di specchi, ci aiutano a trovare il nostro “vero” volto, a costruire la nostra identità.

Per questo, soprattutto da un certo momento in poi, in genere dalla fine dell’adolescenza, le persone che hanno un significato profondo per noi si assomigliano un po’ tutte: perché ci raccontano più o meno la stessa storia, ci rimandano più o meno lo stesso volto, quello nel quale ci riconosciamo e che ci dà sicurezza, stabilità.

Tendiamo, perciò, a sfuggire le persone che invece ci chiedono cose (valori, ideali, scelte, comportamenti, gesti, posture…) diverse, che alludono ad altre identità.

Tendiamo a sottrarci al loro sguardo, perché questo crea dentro di noi una divisione, un conflitto, che minacciano la nostra stabilità.

Ecco perché, a mio avviso, è molto vero il vecchio adagio “dimmi con chi vai e ti dirò chi sei”!

E questa è la prima “verità” che riguarda il nostro rapporto con gli altri.

La seconda “verità” è questa: non si può piacere a tutti, perché le persone sono diverse, in alcuni casi molto diverse.

Se piaci ad una che ha certi gusti, certe preferenze, un certo stile di vita, una certa visione del mondo, non puoi piacere ad altre che hanno gusti, preferenze, stili di vita, visioni del mondo diversi, a volte opposti.

I simili o gli affini si attraggono, legano tra di loro, così come gli opposti e i diversi si respingono, fanno attrito, scintille.

Succede poi (ed è questa la terza “verità”, forse la più importante delle tre) che a volte incontriamo persone che ci rimandano un’immagine “altra” da quella nella quale siamo soliti riconoscerci.

Un’immagine che non ci piace, che quantomeno ci turba, che non vorremmo (almeno a livello conscio) fosse la nostra.

A volte perché essa ci ripugna decisamente, contrasta con l’idea che ci siamo fatti di noi stessi e con quello che vorremmo essere.

Altre volte, invece, proprio perché – sotto, sotto – noi vorremmo che essa ci appartenesse, ci corrispondesse, almeno come aspirazione, come desiderio inconsci.

In questo caso gli altri ci propongono un’immagine che ci attira (almeno ad un livello inconscio), ma che non riusciamo, malgrado qualche tentativo fatto, a rendere nostra.

Allora, quasi per un riflesso condizionato, sia nell’uno che nell’altro caso, tendiamo ad allontanarci da queste persone, a sfuggire loro.

O a viverle come ostili e quindi con aggressività.

La verità ci fa male, si sa; e non tutti riescono a reggere il dolore che a volte essa ci procura.

© Giovanni Lamagna