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Può durare un amore?

A mio avviso, in linea teorica e di principio, sì. Anche se poi non è per niente facile farlo durare nella pratica, nella realtà effettuale.

Ovviamente qui sto parlando dell’amore vero, vivo, pulsante, non della semplice convivenza fisica, che (come tante volte succede) può benissimo sopravvivere anche alla morte del sentimento dell’amore.

L’amore, l’amore vero, può dunque durare, ma ad una condizione, che non è affatto facile da realizzare.

A mio avviso, l’amore dura, se entrambe (e non basta una sola di esse) le due persone, che dicono di amarsi e vogliono far durare il loro amore, non passano il loro tempo a guardarsi negli occhi e a rimirare (direbbe Fromm: egotisticamente) il loro amore, dicendosi continuamente “Ti amo, ti amo, ti amo…” e chiedendosi in continuazione (come in una famosa pubblicità) “mi ami? e quanto mi ami?”.

Un amore dura, ha la possibilità di durare, se le due persone in amore, prima e più che guardarsi continuamente negli occhi, hanno lo sguardo proiettato in avanti, rivolto ai compiti che la vita assegna loro, se, in altre parole, si danno un progetto e uno stile di vita conseguente, se si propongono di realizzare il più possibile le loro rispettive potenzialità.

Se, insomma, non stanno ferme in contemplazione del loro amore, come eterni fidanzatini di Peynet, seduti su una panchina, a farsi continue coccole e moine.

Ma camminano; certo insieme, fianco a fianco, e però con lo sguardo rivolto verso il futuro.

Solo in questo modo il loro amore non appassirà, non affonderà nelle sabbie mobili della routine, del già visto e, quindi, prima o poi, della noia e dello scontento.

Perché sarà una ricerca ed un’avventura continue, si caricherà di sempre nuova adrenalina.

Insomma anche in amore, anzi soprattutto in amore, vale il detto: “Chi si ferma è perduto!”

© Giovanni Lamagna

L’amore è un’arte e una scienza. Pro memoria nel giorno della festa degli innamorati.

L’amore non è affatto quel sentimento romantico e zuccheroso, come i più lo considerano, quello raccontato dai bigliettini contenuti nei “baci Perugina”.

Non è manco il sentimento mieloso e sdolcinato dei fidanzatini descritti dai disegni di Peynet.

Perché l’amore non è affatto (solo) un moto spontaneo dell’anima.

Questo è tutt’al più l’innamoramento, che è cosa ben diversa dall’amore.

L’amore è, infatti, un’opera d’arte, come giustamente e sapientemente ha scritto Erich Fromm.

Ed, io aggiungo, si parva licet: è un’ opera di scienza.

L’amore, l’atto e il gesto d’amore, esigono infatti saggezza e creatività.

Qualità che non si improvvisano né sono innate, ma si imparano, sono il frutto di un apprendistato, a volte lungo, duro e faticoso.

Non a caso – vista l’idea comune e diffusa che se ne ha – in nome dell’amore, dell’amore come semplice moto spontaneo e naturale, a volte si combinano grandi guai, veri e propri disastri.

Se ne combinano, perché in realtà non si sa bene cosa sia l’amore. In amore il più delle volte ci si lascia guidare dal puro e semplice istinto. Si pensa che basti la natura. Anzi si ritiene che non ci sia nulla di più naturale dell’amore.

In “amore” spesso si combinano guai e disastri allo stesso, identico, modo di come nella storia li si è spesso combinati in nome di Dio e delle religioni. Magari in nome proprio di un Dio che si definisce Amore e di una religione che predica l’amore fraterno.

L’amore, il vero amore, tanto per fare un solo esempio, non è possessivo e non è quindi geloso.

L’amore, l’amore vero, rispetta la libertà dell’altro e non pretende di ingabbiarlo.

Molte volte, invece, anzi il più delle volte, l’amore viene confuso, anzi identificato con il possesso e la gelosia.

Si arriva a dire: è molto geloso/a, perché mi ama da impazzire; è molto possessivo/a, perché io sono il “suo” amore.

E così si creano le premesse perché l’amore o, meglio, il cosiddetto amore, diventi una specie di prigione, di gabbia dorata.

Che, tra l’altro, sia detto per inciso, alla lunga uccide il desiderio, perché il desiderio si alimenta della “mancanza” e non della continua vicinanza.

Quindi anche del rischio di perdere l’altro, non certo della sicurezza di averlo per sempre, “preda” scontata, “oggetto” prigioniero.

Se, poi, l’altro/a prova a staccarsi, a causa della fine di un amore (o, a volte, della sola illusione di un amore), allora si scatenano l’aggressività, l’odio, la violenza, fino all’atto estremo dell’omicidio o del femminicidio (a dire il vero, più spesso il secondo – se guardiamo le statistiche – che il primo).

In nome dell’amore, ovviamente! Anzi del grande amore!

© Giovanni Lamagna