Una cosa è denunciare la quota di ingiustizia e di ipocrisia presente in molte leggi degli uomini, quando si propongono di reprimere tout court la pulsione, anziché limitarsi a controllarne e incanalarne l’energia.
In questi casi non solo “l’obbedienza non è più una virtù”, ma sono lecite, anzi sacrosante, l’obiezione di coscienza e, quindi, la disobbedienza, la ribellione alle leggi ingiuste o anche solo ipocrite.
Altra cosa è negare la funzione stessa della Legge, di qualsiasi legge, anche la più utile a regolare i rapporti tra gli uomini e limitare la libertà dei singoli per garantire la libertà (quella possibile e mai assoluta) di tutti.
In questi casi la disobbedienza non solo non è una virtù, ma è un vizio, che conduce (seppure conduce) al godimento; ma a un godimento mortifero e autodistruttivo, oltre che distruttivo delle relazioni sociali.
© Giovanni Lamagna
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