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Il fenomeno Maradona

Chi sottovaluta il fenomeno Maradona o lo guarda con snobismo o addirittura lo disprezza non tiene conto a mio avviso di una riflessione memorabile e illuminante che fece anni fa Umberto Eco sulle pagine de “la Repubblica”.

In quell’articolo il filosofo alessandrino indicò quelli che a suo avviso erano (e anche per me lo sono, se posso dirlo in tutta modestia) i cinque bisogni fondamentali di ogni uomo: mangiare, bere, dormire, fare sesso e giocare.

Chi non coglie questo bisogno fondamentale dell’uomo che è il “giocare” non può, appunto, comprendere appieno il fenomeno Maradona, che di questo bisogno era l’espressione massima, elevata all’ennesima potenza.

Sia perché per lui il gioco del calcio era tutto; tanto è vero che io penso egli abbia cominciato a morire il giorno stesso in cui ha dovuto – per raggiunti limiti di età – appendere le scarpette da gioco al classico chiodo.

Sia perché chi ha potuto godere delle sue giocate ha soddisfatto al massimo grado il bisogno tipicamente umano di distrarsi, evadere, almeno per qualche momento, dagli affanni quotidiani, bisogno che può essere soddisfatto solo attraverso il gioco.

Da questo punto di vista (che è l’unico – ma basta e avanza! – per cui vale la pena parlare di lui) Maradona ha regalato non solo a se stesso, ma a tutti quelli che hanno saputo e avuto modo di ammirarlo, delle gioie uniche, incomparabili, insuperabili.

Che non può cogliere, capire e, quindi, condividere, chi, appunto, non comprende il valore e l’importanza del gioco (in questo caso il gioco del calcio, che è però forse il gioco più bello del mondo) nella vita degli esseri umani.

Senza essere ovviamente consapevole che in questo modo rimuove e si nega – in nome a volte di un aristocratico snobismo intellettuale, a volte di un moralismo in questo caso del tutto fuori luogo – una dimensione fondamentale dell’esistenza.

© Giovanni Lamagna