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“Natura umana” e/o “condizione umana”.

Sartre (e con lui, in generale, tutto il pensiero filosofico contemporaneo) fa una distinzione tra il concetto di “natura umana” e quello di “condizione umana”.

La prima non esisterebbe; esisterebbe solo la seconda.

Trovo tale affermazione più un gioco di parole che l’affermazione di una verità, la descrizione di una realtà.

Per me, infatti, se esiste una condizione umana universale è perché esiste (in fondo, in fondo) un quid strutturale (fosse anche minimo; anche se, a mio avviso, poi tanto minimo non è) che caratterizza e accomuna, pur nella loro diversità, la condizion0e degli umani.

Sul fatto che questo fondo, questo quid, non sia un che di fisso ed immutabile, ma di plasmabile, continuamente trasformabile nel corso della storia, sono d’accordo.

Ma il fatto che una realtà sia evolutiva, che sia trasformabile nel tempo, non vuol dire che non abbia un suo fondo stabile e, quindi, una sua identità, una sua riconoscibilità nel corso del tempo, una sua “natura” permanente.

L’acqua del fiume che bagna i piedi dell’uomo non è mai la stessa acqua, come giustamente ci ha fatto rilevare Eraclito già 25 secoli fa.

Così come l’uomo che bagna i suoi piedi nell’acqua dello stesso fiume non è mai lo stesso uomo ad ogni passaggio dell’acqua.

E su questo siamo tutti d’accordo.

Nel corso degli anni, dal momento della mia nascita a quello della mia morte, io – come soggetto – cambio innumerevoli volte: posso dire che ad ogni attimo che passa sono/divento una persona diversa da quella che ero nell’attimo precedente.

E, però, allo stesso tempo, resto indubitabilmente sempre la stessa persona, come è attestato dai miei documenti di identità e riconosciuto da coloro che mi sono familiari e amici.

Gli altri mi riconoscono ed io stesso mi riconosco come la stessa persona uguale nel tempo, anche se soggetta a cambiamento.

Questo cosa vuol dire rispetto al discorso che avevo avviato all’inizio sui concetti di “natura umana” e di “condizione umana”?

Vuol dire che la “natura umana”, qualcosa che possa essere definito con l’espressione “natura umana”, esiste, non può essere negato.

E’ ciò che permane come essenza, – riconoscibile, persistente, sostanzialmente identica a se stessa – nei diversi individui e nei diversi gruppi sociali di cui si compone l’Umanità.

Anche se – nelle varie epoche storiche e nei diversi contesti geografici – assume forme diverse, a volte anche molto diverse, persino in certi casi (quasi) irriconoscibili tra di loro.

E che, quindi e per concludere, il concetto di “condizione umana” non annulla, non cancella, quello di “natura umana”.

© Giovanni Lamagna

Esiste la natura umana?

Esiste un’essenza umana rintracciabile in ciascun uomo e tale che possa essere definita “la natura umana”?

A questa domanda Sartre risponde di no. A suo avviso non esiste un’essenza umana comune a tutti. Esiste, invece, una condizione umana universale comune a tutti, che però “non è data” una volta per tutte”, ma è in perpetua, continua “costruzione”, evoluzione.

Io, francamente, penso che dietro questo ragionamento ci sia (non voglio dire “solo”, dico però “soprattutto”) un gioco di parole.

Per me la nozione di “condizione umana universale” equivale in buona sostanza a quella di “essenza” e di “natura umana”.

Se poi Sartre ha inteso distinguere i due concetti, solo perché quello di “essenza” e quello di “natura” lasciano pensare ad un’ipostasi ferma e immutabile, talmente universale, generale ed astratta da annullare le differenze tra i fenomeni concreti che ad essa fanno riferimento, allora capisco il senso della sua negazione.

Ma questo non mi porta a dire che non esiste una “natura umana” o, meglio, che non se ne possa sostenere il concetto.

Per me, dunque, si può parlare di “natura umana”. Nel senso che, al di là delle differenze che sussistono tra i vari e singoli esseri umani, esiste un quid , cioè delle costanti, un denominatore comune (“un essenza”, appunto!) che accomuna tutti gli uomini. Se non fosse così, Sartre non potrebbe neanche parlare dell’esistenza di una “universale” condizione umana.

Ovviamente anche io penso (ed in questo sono assolutamente d’accordo con Sartre) che la cosiddetta “natura umana” non possa e non debba essere considerata come un’ipostasi assolutamente statica e immutabile, nello spazio e nel tempo. Come, invece, (forse o senza forse) è stata considerata in passato, almeno fino agli inizi dell’Età moderna, dalla gran parte dei filosofi premoderni.

Io credo (al contrario di quello che pensa Sartre) che noi possiamo considerare ed ammettere l’esistenza di un nucleo originario o almeno potenziale (l’essenza) della natura umana, cioè di ciò che accomuna tutti gli uomini, sotto tutte le latitudini, e di ciò che li ha accomunati in passato, in tutte le epoche storiche.

Ma dobbiamo riconoscere (e in questo concordo con Sartre) che questo nucleo “essenziale” assume poi vesti e forme diverse a seconda dei contesti antropologico-culturali, a seconda dei luoghi geografici (tribù, popoli, nazioni…) e delle diverse epoche storiche.

E’, insomma, un’essenza in divenire, in continua evoluzione, non statica e immutabile, come forse una certa filosofia del passato e, soprattutto, una certa morale l’avevano intesa, identificando il particolare con l’universale.

Per dirla tutta e fuori dai denti, identificando la cultura occidentale (o, addirittura, la cultura di determinati popoli occidentali egemoni in una certa fase storica) con l’essenza stessa della cosiddetta “natura umana”.

A voler parafrasare un filosofo spagnolo del secolo scorso, Xavier Zubiri, il quale sosteneva che “noi siamo sempre noi stessi, ma non sempre gli stessi”, potrei concludere questa mia riflessione con la seguente affermazione: l’Umanità è sempre se stessa, ma non è sempre la stessa sotto tutte le latitudini, in tutte le epoche storiche e nei diversi individui che la compongono.

© Giovanni Lamagna