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Ogni rapporto di coppia è sempre, come minimo, un rapporto a tre.

Qualsiasi rapporto di coppia non è mai un rapporto a due, ma è sempre – come minimo – un rapporto a tre.

Perché è segnato da un imprinting originario, costituito dal rapporto di ciascun membro della coppia con i suoi rispettivi genitori.

In ogni rapporto di coppia incombe, dunque, sempre – come minimo – una figura terza.

Che in molti casi svolge un ruolo negativo, giudicante, censorio, fonte di sensi di colpa.

In altri casi, invece, un ruolo positivo: impedisce cioè che il rapporto di coppia – col tempo, con la routine – diventi puramente affettuoso; e, quindi, para-incestuoso.

Infatti, la figura terza – con il sentimento di rivalità e competizione che inevitabilmente provoca – contribuisce – se i due membri della coppia riescono ad utilizzarla – a tener viva l’adrenalina del desiderio, l’alimenta di continuo.

© Giovanni Lamagna

Nessun rapporto è mai solo a due.

Un rapporto, un qualsivoglia rapporto, non è mai un rapporto solo a due, ma è sempre almeno un rapporto a tre e, quasi sempre, a quattro.

Lo è in maniera più o meno consapevole (o inconsapevole), ma in ogni rapporto a due è sempre presente almeno un terzo e, spesso, un quarto.

In un rapporto a due, infatti, interagiscono i due quali appaiono all’esterno, con le loro personalità visibili, manifeste, esteriori: le personalità 1.

Ma anche le loro “ombre”, ovverossia le loro personalità invisibili, nascoste, i loro fantasmi interiori: le personalità 2, come le definiva Jung.

© Giovanni Lamagna