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Due tipi di amore.

Gli amori sono fondamentalmente di due tipi.

C’è un amore che sorge spontaneo, perché nasce dall’attrazione verso qualcuno che ci piace. Spesso qualcuno che è (anche molto) diverso da noi. Che possiede quelle caratteristiche o qualità che a noi mancano o che in noi sono carenti.

E’ un amore, quindi, che potremmo anche definire “facile”, di cui non abbiamo nessun merito. Non lo dobbiamo conquistare, né possiamo imporcelo. Esso o c’è o non c’è.

E’, in secondo luogo, un amore che tende al possesso, che si associa spesso al sentimento della gelosia.

E’, in terzo luogo, un amore tutto sommato abbastanza interessato: io ti amo, perché sono attratto da te, sono interessato alle “cose” che tu possiedi e che spero tu mi possa dare, se ricambierai il mio amore.

Potremmo far rientrare in questa categoria l’amore erotico e l’amore di amicizia, quelli che gli antichi Greci denominavano eros e philia.

Il secondo tipo di amore non è affatto spontaneo, perché non nasce dall’attrazione. Anzi talvolta si accompagna alla repulsione, se non al vero e proprio odio.

Mentre il primo tipo di amore è figlio dell’istinto o dell’emozione o del sentimento (tutte cose che si originano in noi a prescindere dalla nostra volontà e a cui è anche difficile spesso comandare, perché tendono a impossessarsi di noi e a travolgerci, imponendoci determinati comportamenti e scelte), il secondo tipo di amore è figlio della consapevolezza.

Quale consapevolezza? La consapevolezza che, al di là delle differenze (a volte anche profondissime) che ci caratterizzano, c’è un’essenza profonda che accomuna tutti quanti noi esseri umani. Al di là delle differenze di sesso, di età, di etnia, di ceto sociale, di livello culturale, di salute, di bellezza…

Questa essenza è espressa dalla parola UMANITA’.

Non è facile, però, cogliere questa essenza. Infatti, non tutti arrivano a coglierla. Molti non la colgono affatto. Essi vedono solo le differenze (accidentali) che distinguono un essere umano da un altro essere umano.

Si può arrivare a cogliere questa essenza solo attraverso un percorso che non saprei definire meglio che come un percorso di consapevolezza o, se non avessi timore di essere equivocato, come un percorso mistico.

Che ci porta a vedere come ciascuno di noi sia parte di un tutto, dal quale non può essere separato, a meno che non lo decida lui stesso.

Pena, però, gravi conseguenze per la sua salute spirituale.

Solo questa consapevolezza può condurci ad amare anche chi in prima battuta non ci è simpatico, perfino chi ci provoca ripugnanza, perfino chi ci odia e si dimostra nostro nemico.

Questo tipo di amore coincide con quello che san Paolo definiva charitas e che gli antichi Greci denominavano agape.

Solo questo amore (a pensarci bene) è veramente meritorio.

Perché è il frutto di una conquista, di un percorso di crescita spirituale. Non può essere l’esito di un sentimento spontaneo.

E perché è completamente disinteressato: non ha niente da conquistare e nulla di cui impossessarsi.

Giovanni Lamagna