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L’Io e l’amore di se stessi.
domenica 7 agosto 2016
L’Io e l’amore di se stessi.
La lettura dell’incipit dell’editoriale di Scalfari su “la Repubblica” di oggi mi induce alcune riflessioni.
“…l’Io ama se stesso, da Adamo ed Eva in poi…” – dice Scalfari.
L’Io ama se stesso? Veramente? Non ne sono tanto convinto. O, almeno, non sono convinto che sia sempre così. Alle volte (anzi parecchie volte) l’Io crede di amare se stesso, ma in realtà non si ama affatto.
Amare, infatti, significa volere il bene della persona che si ama. Ma, se è così, siamo proprio sicuri che noi vogliamo sempre il bene per noi stessi?
Io non ne sono tanto sicuro. Anzi penso che molte volte noi non cerchiamo affatto il nostro bene, ma (più o meno consciamente o inconsciamente) cerchiamo esattamente il contrario: e, cioè, il nostro male.
Penso (per fare solo alcuni esempi eclatanti; ma se ne potrebbero anche fare di meno clamorosi) a quei giovani esaltati che negli ultimi tempi si stanno scagliando contro povere persone inermi (colpevoli ai loro occhi di essere “infedeli” di Allah), ne uccidono un certo numero, e poi vengono immancabilmente braccati, colpiti e, quasi sempre, uccisi dalle forze dell’ordine intervenute a macello oramai compiuto.
Di fronte ad episodi così sconvolgenti viene da chiedersi: cosa cercavano questi giovani?
Certamente non cercavano il bene di quelli contro cui si sono scagliati ammazzandoli. E, quando si fa del male agli altri, addirittura ammazzandoli, si cerca veramente il proprio bene? Si può cercare il proprio bene dando la morte ad altri?
Ma, forse, essi, in realtà, non cercavano neanche il proprio bene. Se, infatti, avessero riflettuto appena un po’ sulle conseguenze del proprio gesto, sarebbero divenuti facilmente consapevoli che esso si sarebbe concluso con la loro stessa morte.
Ma, molto probabilmente, essi ci avevano riflettuto ed erano perfettamente consapevoli di questo esito.
E allora si può pensare che chi sa di stare andando incontro alla morte stia cercando il proprio bene? Solo una mente allucinata (e perciò malata) può pensare che il proprio bene stia nella propria morte.
Ecco allora un caso eclatante in cui l’Io non ama se stesso. Ma anzi odia se stesso. Questo è un caso eclatante. In cui molto probabilmente nessuno di noi si troverà mai coinvolto. Perlomeno dal punto di vista dell’assassino.
Ma in quanti casi (meno clamorosi e appariscenti, magari insignificanti, perché impercettibili anche a noi stessi) mettiamo in atto la stessa “logica” perversa e ci facciamo o procuriamo del male da soli, con le nostre stesse mani?
E’ diversa la gravità degli esiti (e, ovviamente, la cosa ha la sua rilevanza), ma non è diverso il meccanismo autolesionistico che vi sottende.
Giovanni Lamagna