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Due modi diversi, anzi opposti, di rapportarsi agli altri.

Ci sono due modi completamente diversi, anzi direi addirittura opposti, di approcciarsi ai rapporti e nei rapporti.

Il primo è quello (supponente, sostanzialmente presuntuoso e chiuso, direi perfino narcisista) di chi ritiene di non aver nulla da modificare di sé stesso.

È l’atteggiamento di chi – consapevolmente o inconsapevolmente – pensa: se l’altro/a mi trova interessante, ha voluto instaurare un rapporto con me, vuol dire che gli/le vado bene così come sono, che non devo cambiare niente di me.

Il secondo è quello (aperto, umile, disponibile, dialogante) di chi considera ogni nuovo incontro, ogni nuovo rapporto che viene ad instaurarsi come una opportunità, che gli/le viene offerta dalle circostanze della vita, per crescere, per migliorare, per evolvere.

E, quindi, è disposto a farsi in qualche modo plasmare dall’altro/a, a prendere dall’altro/a le “cose” che a lui/lei mancano, ad accettare non solo gli apprezzamenti e le lodi (che non possono mancare: effettivamente se l’altro/a è stato attirato/a da noi, vuol dire che ci sono delle cose di noi che gli/le piacciono), ma anche le critiche e i rimproveri.

In altre parole è disposto a modificarsi nel rapporto, consapevole del fatto che ogni nuovo rapporto rappresenta per noi una conferma e una rassicurazione, ma allo stesso tempo ci interpella, ci mette in discussione, ci chiede un cambiamento, in certi casi addirittura una vera e propria conversione a U.

© Giovanni Lamagna