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Corpo e anima (2)

L’uomo è composto indubbiamente (credo che anche il più radicale dei materialisti possa riconoscerlo) da un corpo/soma (realtà visibile) e da un’anima/psiche (realtà invisibile).

Intendiamoci, non penso certo, come si è inteso, per almeno un paio di millenni, da parte della maggior parte dei filosofi dell’antichità e di quelli medievali, che anima e corpo siano due entità separabili e che la prima sopravvivrà alla seconda.

Penso anche, però, e su questo non ho ombra di dubbio, che anima e corpo siano due entità concettualmente distinguibili, per quanto concretamente inseparabili; che il corpo (soma) abbia certe caratteristiche e l’anima (la psiche) altre.

Il corpo, ad esempio, può essere considerato un oggetto come gli altri (con dei meccanismi bio-chimico-fisici di natura del tutto materiale), con un suo spazio ben definito (se il corpo è qui, non può essere altrove), limitato, potremmo dire anche costretto, nel tempo (il corpo vive solo nel presente: per il corpo il passato non è più ed il futuro non è ancora).

L’anima (o, meglio, la psiche, a voler usare un termine più in voga oggi, per quanto inventato dai filosofi greci) è una realtà molto più complessa del corpo, se non altro perché può superare, andare oltre (trans-ire), quindi trascendere, i confini del tempo e dello spazio.

L’anima/psiche, infatti, ha la possibilità di ricordare/memorizzare il passato ed è in grado di immaginare/progettare, addirittura inventare, il futuro.

L’anima/psiche ha, inoltre, la possibilità di navigare, viaggiare, con l’immaginazione in altri luoghi; di abitare, stare, vivere in spazi diversi da quelli in cui sta, abita e in quel momento vive il suo corpo.

Può immaginare di trovarsi addirittura in spazi extra o ultra terrestri.

Poi, per carità, anche io penso che l’anima, al di fuori del corpo al quale è collegata, non abbia possibilità alcuna di vita; in altre parole che l’anima/psiche nasca col corpo e muoia col corpo.

O, al massimo, si trasformi in altro; come, del resto, succede al corpo.

E tuttavia non ci sono dubbi che, sul piano concettuale e della nostra conoscenza/riflessione sulla natura dell’uomo, corpo e anima siano due realtà che vadano distinte.

Che non possano essere confuse e che vadano studiate in ambiti differenti: l’anatomia, la fisiologia, la biologia, la chimica da un lato; la filosofia, la psichiatria e la psicologia dall’altro.

Per quanto poi le due realtà siano indissolubilmente interrelate e interconnesse.

Infatti, ciò che succede nel corpo influenza ciò che succede nell’anima/psiche; e su questo nessuno ha dei dubbi, ciò sta sotto gli occhi di tutti: se il corpo sta male e soffre, è difficile che l’anima/psiche possa invece stare bene e non soffrire pure lei.

Ma è vero pure il contrario: quello che succede nell’anima/psiche ha nelle ricadute anche nel corpo; e questo non tutti, tra i materialisti, sono disposti a riconoscerlo; e per me sbagliano di grosso; perché ci sono alcune evidenze che stanno a dimostrarlo.

Per cui i due ambiti scientifici, pur distinti, devono poi collaborare, interfacciarsi ed integrarsi; non possono l’uno negare i contributi e le conoscenze dell’altro; ma, bensì, devono servirsene reciprocamente; come ha compreso bene la psicosomatica.

© Giovanni Lamagna

Anima e corpo

Di certo ciò che gli uomini – da quando è nata la filosofia – chiamano “anima” o “psiche” non è una realtà distinta, scissa o anche solo scindibile dal soma, dal corpo.

Ciò che chiamiamo “anima” o “psiche” o (con un termine ancora più vicino alle religioni) “spirito” è solo concettualmente, ma non ontologicamente, separabile, distinguibile dal corpo, dal soma o dalla materia.

Anima, psiche o spirito sono, infatti, realtà, dimensioni dell’essere, che, per definizione, non si vedono, non si toccano, non si ascoltano, non si annusano; hanno a che fare col mondo emotivo, affettivo, sentimentale, intellettuale dell’uomo, che sfugge (almeno per quello che ne sappiamo attualmente) ai nostri sensi corporei.

Ma, senza il corpo, senza il soma e senza la materia, di cui il corpo è fatto, l’anima (non solo come concetto, ma anche – cosa di certo più importante – come realtà effettuale) semplicemente evapora, si ecclissa, diventa pura astrazione.

Basti vedere cosa rimane della vita spirituale dell’uomo, quando la sua materia cerebrale si deteriora: ben poco! E cosa rimane di essa, quando l’organismo corporeo muore: ancora meno, cioè nulla!

Questa è la dimostrazione che l’anima senza il corpo è nulla.

Anche se pure il corpo senza l’anima si riduce a ben povera cosa: materia inerte, in rapida decomposizione.

Anima e corpo, dunque, non possono essere considerate, anzi non sono, due realtà autonome e, addirittura, separabili, come ci hanno voluto far credere i miti e le religioni e perfino le filosofie al loro stato nascente.

Ma costituiscono una unità indissolubile, che sarebbe meglio chiamare con un’unica parola composta, psico-soma o soma-psiche.

Anziché con due parole, come il più delle volte, ancora oggi, continuiamo pigramente a fare, nonostante i progressi che hanno compiuto le “scienze naturali” e le stesse “scienze dello spirito” (ovverossia le scienze umane), secondo la ben nota distinzione che ne fece Wilhelm Dilthey un secolo e mezzo fa.

© Giovanni Lamagna

Soma e psiche

Fa un certo effetto immaginare che anche persone come, per fare solo due esempi, il Papa o il Presidente della Repubblica vadano soggetti agli stessi, normalissimi, bisogni fisiologici di ognuno di noi; che cachino, piscino e scorreggino come tutti noi.

Segno chiarissimo che ancora oggi, in tempi nei quali il corpo sembra aver acquisito grande importanza e dignità, facciamo difficoltà a immaginarci come sintesi, anzi unità, di corpo e anima, di soma e psiche; in altre parole come uno psicosoma.

© Giovanni Lamagna