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Due modi (opposti) di vivere il piacere.

Ci sono due modi – molto diversi, potremmo anche dire opposti – di vivere il piacere.

Il primo è il modo aggressivo, violento, predatorio, veloce di vivere il piacere. Fatto di un mordi e fuggi. Come se fosse incapace di reggere per troppo tempo la tensione, l’adrenalina, che sempre sono connesse alle situazioni di piacere.

E’ l’atteggiamento di chi è attratto, come è ovvio, dal piacere, ma, allo stesso tempo, ne è turbato. Vive quindi nei confronti del piacere un sentimento ambivalente e contraddittorio.

Per costui/costei il piacere, quindi, deve essere breve, veloce. Intenso, ma non troppo prolungato. Il godimento deve accompagnarsi ben presto al momento della sua risoluzione, con relativa latenza del desiderio.

Un piacere troppo esteso o prolungato è quindi vissuto con imbarazzo, se non addirittura con disgusto. In questo caso il desiderio può trasformarsi nel suo opposto: in un sentimento di fuga dal piacere, di rifiuto delle sensazioni ad esso collegate. Che non sono manco più piacevoli, ma diventano (soggettivamente, ma molto realmente) sgradevoli.

In questo caso il piacere si accompagna sempre a un più o meno latente senso di colpa, che si manifesta o attraverso un senso del pudore eccessivo a attraverso una vera e propria vergogna del proprio agire.

Chi vive il piacere in questo modo alterna spesso momenti di euforia e di eccitazione a momenti di stanca malinconia, se non di conclamata depressione.

Chi vive il piacere in questo modo si accompagna anche a persone diverse a seconda del modo di vivere il piacere. Frequenta alternativamente persone che lo aiutano a vivere il piacere e altre che lo immalinconiscono o addirittura lo buttano in depressione.

Le seconde gli servono a bilanciare le prime. Come se frequentare solo le prime fosse troppo. Costasse sensi (innaturali e illogici, eppure ben reali) di colpa. E quindi abbisognasse di pagare pedaggio ai momenti di piacere. Come se frequentare le une e le altre servisse a trovare uno strano e paradossale equilibrio, utile a gestire sia il piacere che i sensi di colpa.

Ovviamente chi vive il piacere in questo modo non potrà mai crescere nei suoi livelli di piacere. Dovrà sempre accontentarsi di una certa soglia di piacere, oltre la quale non potrà mai andare.

C’è poi un altro modo di vivere il piacere, che si distingue dal primo fondamentalmente perché, al contrario del primo, è vissuto senza significativi sensi di colpa. Oppure è in grado di riconoscere i sensi di colpa connessi al piacere che si sta vivendo e li sa gestire, controllare e, infine, superare.

E’ in grado, quindi, di viversi il piacere senza significative contraddizioni. E’ perciò capace di viverlo in maniera prolungata e distesa senza eccessive e avide voracità, ma anche senza inutili e “sprucide” avarizie.

E’ capace di avventurarsi in nuovi territori dello stesso piacere, senza troppe angosce, ma anzi col gusto dell’esplorazione e della sperimentazione, se non della vera e propria trasgressione.

E’ capace di sfidare perfino le convenzioni sociali, i tabù consolidati nel pensiero comune, quando si rende conto, diventa consapevole che il piacere desiderato non fa danni a nessuno, anzi procura maggiore benessere a se stesso e a colui/colei/coloro con cui esso viene condiviso.

Chi vive il piacere in questo modo ha un buon rapporto con il suo inconscio e , quindi, con le sue pulsioni libidiche. Ha ridotto al minimo l’influenza del Super Ego e tiene conto, nel porre limite ai suoi desideri, solo del principio (ovviamente fondamentale) della realtà.

Soffre di rado di sbalzi di umore. Vive una situazione stabilizzata e placida di benessere psicofisico, che ogni tanto viene piacevolmente “turbata” da picchi di godimento, ma non sprofonda mai (o quasi mai) negli abissi del dispiacere e della malinconia. Non sa manco cosa sia la depressione.

Tende a frequentare persone che come lui/lei sono altrettanto gaudenti, nel senso che vivono un rapporto positivo col piacere. E ad evitare, al contrario, le persone che hanno un rapporto complicato col piacere. A maggior ragione si tiene lontano da quelle che propendono verso il masochismo.

Giovanni Lamagna