Sulle somiglianze e sulle differenze tra gli uomini e gli animali.

Ieri mattina ho pubblicato su facebook questo post:

Vita e consapevolezza della vita.

La Vita vive e va avanti di per sé, a prescindere dalla consapevolezza che ne abbiamo.

Tanto è vero che già esisteva prima che nascessimo ed esisterà anche dopo che saremo morti.

Addirittura anche dopo che il mondo (il nostro piccolo mondo, il pianeta Terra) si sarà estinto.

Come siamo piccoli ed infinitesimali di fronte al mistero infinito della Vita!

E, però, la Vita comincia ad acquisire un senso (che è poi l’unica cosa che conta davvero per noi) solo nel momento in cui cominciamo a dare un nome alle cose, ad utilizzare il linguaggio, ad avere quindi consapevolezza del nostro essere vivi.

Sta tutta qui la differenza (e che differenza!) tra noi e una pietra, tra noi e una pianta, tra noi ed un animale.

Gli animali vivono e muoiono senza aver avuto nessuna consapevolezza di aver vissuto.

Non so – a dire il vero – se questo sia un bene o un male; ma così è, senza ombra di dubbio.

Una mia amica (D. M.) lo ha commentato così:

“Sul fatto che gli animali non si rendano conto di essere vivi però non sono d’accordo. Sanno dimostrare gioia, tristezza ed empatia, sanno quando devono morire e hanno paura della morte, direi che sono molto più consapevoli di quanto possa sembrare.”

Da questo commento è scaturito un dialogo che riporto integralmente, perché mi è apparso di un certo interesse:

G. L.: Non ho detto che gli animali non hanno sentimenti… ma la consapevolezza, a mio modesto avviso, è altra cosa dalle emozioni e dai sentimenti…

D. M.: Secondo me invece sono strettamente collegati. Forse la forma mentale in cui questa consapevolezza li abita è diversa da qualcosa che noi immaginiamo, ma io non credo affatto che in loro non ci sia.

G. L.: L’animale non SA di dover morire… SENTE che sta morendo, quando viene il suo momento… ma “sentire” e “sapere” sono due cose diverse, molto diverse…

D. M.:Quando arriva il veterinario a casa e il cane sceglie un posto dove stendersi vicino ai famigliari, decide chi vuole vicino nel momento in cui morirà. Se non è consapevolezza questa.

G. L.: Sapere significa anche prevedere… sapere di dover morire significa in qualche modo “vivere per la morte”, come diceva Heidegger… questo atteggiamento è totalmente precluso all’animale… il quale sicuramente soffre, se vede un suo simile morire… ma non sa che prima o poi toccherà anche a lui la stessa sorte… poi quando starà in fin di vita, in agonia, forse in quel momento sentirà di stare per morire… si renderà conto di qualcosa di cui fino ad allora, però, non aveva avuto consapevolezza…

D. M.: La mia esperienza con gli animali dice cose diverse, rispetto il tuo punto di vista, ma per me la cosa è diversa.

G. L.: Anche io rispetto il tuo, ma con tutta la considerazione che ho per gli animali, faccio fatica a non vedere (e mi meraviglio che tu non la veda) la profonda differenza che passa tra la natura dell’animale e quella dell’uomo… con i vantaggi e gli svantaggi che esse comportano per gli uni e per gli altri…

D. M.: Il fatto che siano diversi non vuol dire inferiori o privi di coscienza. La natura ci accomuna agli animali molto più di altre cose che noi siamo riusciti ad inventarci per credere di essere diversi, “superiori”…

G. L.: Non ho mai detto che siano “inferiori”; in natura ogni essere e persino ogni cosa ha il suo ruolo e la sua funzione… non ha senso, quindi, parlare di “inferiori” e “superiori”… riconosco che anche gli animali hanno una qualche forma di coscienza… e, infatti, noi apparteniamo al loro stesso genere… ma, certo, la “coscienza” degli altri animali non raggiunge i livelli di complessità dell’animale uomo…

© Giovanni Lamagna

Pubblicato il 6 dicembre 2023, in antropologia, cultura, Filosofia, personalità storiche, Psicologia, Spiritualità, storia, testi medio-lunghi con tag , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , . Aggiungi il permalink ai segnalibri. Lascia un commento.

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